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"Valutazione dell’esposizione ad agenti chimici: metodi e modelli"
fonte PuntoSicuro / Sicurezza sul lavoro
22/07/2011 - PuntoSicuro si sofferma ancora su alcuni interventi, relativi ai “
Criteri e metodologie per la valutazione del rischio
chimico”,
presentati al 73° Congresso Nazionale SIMLII, dal titolo “
La Medicina del Lavoro quale elemento migliorativo per la tutela e
sicurezza del Lavoratore e delle attività dell’Impresa”.
Dopo
aver affrontato le metodologie di
analisi dei rischi chimici, ci soffermiamo brevemente su altri tre interventi -
pubblicati nel primo supplemento del numero di ottobre/dicembre 2010 del Giornale
Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia – dedicati alla valutazione del
rischio chimico.
In
“
Valutazione dell’esposizione ad agenti
chimici: algoritmi e misurazioni, vantaggi e criticità” - a cura di D.
Cottica, E. Grignani (Centro Ricerche Ambientali, Fondazione
Salvatore Maugeri,
IRCCS, Pavia-Padova) - si sottolinea che la valutazione dell’ esposizione ad
agenti chimici
può comportare diversi approcci metodologici. Approcci che vanno dalla semplice
“valutazione preliminare” su base documentale per passare, attraverso l’uso di
“algoritmi” e “misure di screening”, alla effettuazione di “misure strumentali
degli agenti chimici aerodispersi”.
E
particolare risalto, in questi ultimi anni, “è stato posto alla misura, o
meglio la stima, dell’esposizione per via cutanea”.
Tuttavia
le problematiche emerse durante l’applicazione delle varie metodiche proposte “hanno evidenziato
come i contenuti, necessariamente comuni, di una legge possano e debbano esser
‘interpretati ed applicati’ ad hoc per
le varie realtà produttive attraverso interventi adeguati alle dimensioni
dell’azienda sia in termini tecnico-gestionali che economici”.
L’intervento propone, attraverso l’analisi dei “punti
critici riscontrati in questi anni”, “spunti di riflessione per la miglior
gestione del processo di
valutazione
dell’esposizione professionale ad agenti chimici: dalla valutazione
preliminare alle misure strumentali”.
Su
metodi e modelli si sofferma anche l’intervento di G. Nano (Dipartimento di Chimica Materiali e
Ingegneria Chimica, Politecnico di Milano), dal titolo “
Modelli per la valutazione delle esposizioni”.
L’intervento
ricorda che la
quantificazione delle
esposizioni “ha una grande importanza al fine di definire la correlazione
con gli effetti osservati. In questi ultimi anni molti studi hanno elaborato
metodologie per avere stime sempre più accurate e precise”.
E
“particolare rilievo hanno avuto le strategie per minimizzare gli errori e per
supportare le decisioni collegate al risultato delle misure”.
Dunque
“tenendo conto dei parametri che possono determinare
errori nella quantificazione delle esposizioni, si può definire
una strategia per la programmazione delle misure e per il loro trattamento che
consenta di ottenere dati affidabili. I risultati così ottenuti, possono essere
utilizzati sia per la determinazione delle esposizioni attuali e future, sia,
accoppiati ad opportuni modelli, per la
stima
delle esposizioni pregresse”.
Veniamo
infine a un intervento a cura di M.C. Aprea (Laboratorio di Sanità Pubblica
Area Vasta Toscana Sud-Est, Azienda USL 7 di
Siena,
Regione Toscana) dal titolo “
Esposizione
e assorbimento cutaneo”.
Il
relatore indica che la
valutazione
dell’esposizione dermica, “che può avvenire in differenti modi in
dipendenza della tipologia di sostanza e dello scenario di esposizione, è
inquadrata dalle norme CEN/TR 15278:2006 e CEN/TS 15279:2006”.
Nell’intervento
si descrivono le
modalità di
contaminazione cutanea per poi “discutere sulle tecniche di misura e sui
fattori che influenzano l’assorbimento con lo scopo finale di valutare e
gestire il rischio derivante da questa via di esposizione per molti anni
trascurata”.
Si
ricorda, ad esempio, che l’
assorbimento
cutaneo “dipende dalle caratteristiche fisiologiche della pelle (sito di
esposizione, sesso, età, condizioni cutanee, idratazione, vasodilatazione,
temperatura, occlusione), dalla natura
chimico-fisica del composto (coefficiente di ripartizione, polarità, struttura
chimica, volatilità, concentrazione) e da fattori legati all’esposizione
(mansione, durata dell’esposizione, uso di indumenti e DPI, condizioni di
igiene personale)”.
Ad
esempio alcuni autori hanno dimostrato che “l’assorbimento di pesticidi sulla cute umana è
dipendente dal sito di applicazione anche in relazione con lo spessore dello
strato corneo e con il numero di follicoli presenti”. E “differenze di
permeabilità possono essere collegate al sesso” e all’età.
Inoltre
per la maggior parte dei composti, “la penetrazione
cutanea
è limitata dalla diffusione attraverso lo strato corneo, tuttavia se
l’epidermide non è intatta a causa di malattia (psoriasi, eczema, dermatiti,
eruzioni) o danneggiamento fisico-meccanico (tagli, ferite, abrasioni,
bruciature solari) si può riscontrare un rischio particolare di assorbimento”.
In particolare “
la permeabilità cutanea
è inversamente proporzionale allo spessore dello strato corneo a sua volta
influenzato dall’idratazione: esiste un incrementato rischio di
assorbimento in scenari quali il bagno, la doccia e le attività natatorie nei
quali la pelle è ben idratata rispetto a situazioni nelle quali la pelle è
secca”.
Si
indica poi che “le sostanze che meglio penetrano la barriera cutanea sono
quelle solubili sia nei lipidi che in acqua”. Inoltre “gli acidi e le basi
deboli nella loro forma non dissociata sono maggiormente assorbiti”.
Riguardo
ai
metodi di misura, le
misure biologiche, che fanno parte dei
metodi indiretti, “sono in grado di fornire una misura integrata della dose
assorbita per via dermica, inalatoria e digestiva se si
conoscono metabolismo e tossicocinetica della sostanza, preferibilmente
sull’uomo. Tra gli svantaggi possiamo
individuare interferenze o reattività incrociate, azioni invasive per il
prelievo del sangue, necessità di metodi analitici specifici e sensibili e di
modalità adeguate per interpretare i risultati (valori limite biologici, valori
di riferimento, dati di pre-esposizione)”.
In
ogni caso “in casi di elevata velocità di rimozione, risospensione o
evaporazione, il monitoraggio biologico, eventualmente dopo protezione della
via respiratoria, è la tecnica elettiva di misura”.
Inoltre
altri metodi indiretti “quali le
tecniche di rimozione dalle superfici, misurano la massa totale di sostanza
presente oppure la quota disponibile per il trasferimento alla cute. L’OSHA ha
pubblicato linee guida per la valutazione dei metodi di
campionamento superficiale”.
I
metodi diretti hanno invece il
vantaggio, rispetto al monitoraggio biologico, “di differenziare la cutanea
dalle altre vie di assorbimento, di identificare la zona a più alta
esposizione, di misurare il livello di protezione dei DPI e di utilizzare
campionamenti non invasivi. Tra gli svantaggi la stabilità dell’ agente chimico sul substrato di
raccolta e l’interferenza dei campionamenti con l’attività lavorativa. I
principi su cui si basa la misura possono essere l’intercettazione (uso di
surrogati cutanei), la rimozione o la lettura diretta (metodi in loco)”.
L’autore
conclude la relazione ricordando che la cute è un “organo
complesso attraverso il quale alcuni composti sono assorbiti in
misura maggiore di altri”.
In
particolare il “monitoraggio biologico è una tecnica importante ma i metodi non
sono sempre disponibili, pertanto l’implementazione di tecniche dirette e la
conoscenza dei fattori che possono influenzare la velocità di assorbimento è
importante per definire il contributo che questa via fornisce all’esposizione
totale”.
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