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"Stress, solo il 20% delle aziende lo inserisce nel DVR"
fonte Redazione Ambiente & Sicurezza sul Lavoro / Sicurezza sul lavoro
07/09/2011 - Una ricerca condotta dal Dipartimento di Prevenzione dell'
Asl
Roma H rivela che solo il 20% delle piccole e medie
imprese italiane ha adempiuto all’obbligo previsto dal Testo unico di
Sicurezza sul lavoro, in materia di valutazione del rischio stress lavoro
correlato. Anche i controlli raggiungerebbero risultati parziali: solo nel 50%
delle ispezioni viene chiesto al datore di lavoro l'attestazione della
valutazione dello stress .
Più in generale il documento di valutazione dei rischi da stress (DVR) viene predisposto per lo più da aziende medio grandi e gruppi multinazionali, mentre le piccole aziende soffrono ancora di notevoli ritardi. Il rischio stress però è un problema reale per i lavoratori italiani: secondo il rapporto Istat “Salute sui luoghi di lavoro” del 2008, sarebbero circa 4 milioni e 58mila i dipendenti italiani che ritengono di essere esposti ai rischi che potrebbero pregiudicare il proprio equilibrio psicologico". I lavoratori che hanno sofferto di problemi di stress, depressione e ansia, dovuti all'attività lavorativa, sono stati il 21% del campione intervistato (19,4% degli uomini e 21,6% delle donne): il 39,2% dei dirigenti, il 29,1% degli impiegati e il 10,3% degli operai. I fattori di rischio di tipo psicologico sono percepiti soprattutto fra le persone che lavorano nella sanità (26%), nei trasporti (24,6%) e nella pubblica amministrazione (23%), in particolare tra le donne, che ne risentono in modo maggiore rispetto agli uomini.
Se questi sono dunque i presupposti, cosa c’è alla base del mancato adempimento dell’obbligo di valutazione del rischio stress?
Sicuramente l’incertezza normativa derivata dalla circolare del ministero del Lavoro del 17 novembre 2010 che aveva fissato la decorrenza del 31 dicembre 2010 (prevista dal decreto 81/08) come data di avvio dell'attività di revisione del DVR, e non invece come il giorno entro cui dovevano essere concluse le pratiche, una conclusione dissimile da quella a cui erano pervenuta alcuni giuristi e le Regioni, che con le Asl erano tenute a vigilare sui rischi da stress. L’obbligo di valutare lo stress invece è in vigore da gennaio 2011 e dal 30 giugno 2012 le aziende con meno di 10 lavoratori non potranno più autocertificare la valutazione del rischio, come previsto finora, ma dovranno basarsi sulle procedure standardizzate.
Quanto invece ai controlli, la ricerca della Asl Roma ha sottolineato un’importante criticità: “Ogni territorio regionale ha le sue specificità settoriali di lavoro e i controlli delle Asl si concentrano e specializzano su questi. Nel Lazio, in Piemonte o in Veneto ci sono settori artigianali e industriali che non troviamo in Sicilia o in Campania. Ecco che il sistema di controllo della Asl è ancora troppo variegato. Quando gli ispettori delle aziende sanitarie verificano i documenti durante i controlli, nel dubbio non sanzionano penalmente l'azienda se non c'è l'assoluta certezza che non abbia neanche iniziato la procedura di valutazione del rischio".
Più in generale il documento di valutazione dei rischi da stress (DVR) viene predisposto per lo più da aziende medio grandi e gruppi multinazionali, mentre le piccole aziende soffrono ancora di notevoli ritardi. Il rischio stress però è un problema reale per i lavoratori italiani: secondo il rapporto Istat “Salute sui luoghi di lavoro” del 2008, sarebbero circa 4 milioni e 58mila i dipendenti italiani che ritengono di essere esposti ai rischi che potrebbero pregiudicare il proprio equilibrio psicologico". I lavoratori che hanno sofferto di problemi di stress, depressione e ansia, dovuti all'attività lavorativa, sono stati il 21% del campione intervistato (19,4% degli uomini e 21,6% delle donne): il 39,2% dei dirigenti, il 29,1% degli impiegati e il 10,3% degli operai. I fattori di rischio di tipo psicologico sono percepiti soprattutto fra le persone che lavorano nella sanità (26%), nei trasporti (24,6%) e nella pubblica amministrazione (23%), in particolare tra le donne, che ne risentono in modo maggiore rispetto agli uomini.
Se questi sono dunque i presupposti, cosa c’è alla base del mancato adempimento dell’obbligo di valutazione del rischio stress?
Sicuramente l’incertezza normativa derivata dalla circolare del ministero del Lavoro del 17 novembre 2010 che aveva fissato la decorrenza del 31 dicembre 2010 (prevista dal decreto 81/08) come data di avvio dell'attività di revisione del DVR, e non invece come il giorno entro cui dovevano essere concluse le pratiche, una conclusione dissimile da quella a cui erano pervenuta alcuni giuristi e le Regioni, che con le Asl erano tenute a vigilare sui rischi da stress. L’obbligo di valutare lo stress invece è in vigore da gennaio 2011 e dal 30 giugno 2012 le aziende con meno di 10 lavoratori non potranno più autocertificare la valutazione del rischio, come previsto finora, ma dovranno basarsi sulle procedure standardizzate.
Quanto invece ai controlli, la ricerca della Asl Roma ha sottolineato un’importante criticità: “Ogni territorio regionale ha le sue specificità settoriali di lavoro e i controlli delle Asl si concentrano e specializzano su questi. Nel Lazio, in Piemonte o in Veneto ci sono settori artigianali e industriali che non troviamo in Sicilia o in Campania. Ecco che il sistema di controllo della Asl è ancora troppo variegato. Quando gli ispettori delle aziende sanitarie verificano i documenti durante i controlli, nel dubbio non sanzionano penalmente l'azienda se non c'è l'assoluta certezza che non abbia neanche iniziato la procedura di valutazione del rischio".
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