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"Rischio chimico: esperienze di valutazione nelle piccole imprese"
fonte PuntoSicuro / Sicurezza sul lavoro
30/09/2011 - Concludiamo con questo articolo la presentazione degli interventi,
relativi ai “
Criteri
e metodologie per la valutazione del rischio chimico”, presentati al 73°
Congresso Nazionale SIMLII,
dal titolo “
La Medicina del Lavoro quale
elemento migliorativo per la tutela e sicurezza del Lavoratore e delle attività
dell’Impresa” (Roma, 1-4 dicembre 2010). Gli interventi sono stati pubblicati
nel primo supplemento del numero di ottobre/dicembre 2010 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed
Ergonomia.
Dopo
aver affrontato il tema delle metodologie
di analisi dei rischi chimici e della valutazione
delle esposizioni, ci soffermiamo oggi sui risultati di alcune ricerche relative
alle
valutazione del rischio chimico
nelle aziende di piccole dimensioni.
In
“
Il documento di valutazione del rischio
chimico: esperienze nelle piccole imprese” – a cura di G. Sciarra, M.C.
Aprea (Laboratorio di Sanità Pubblica Area Vasta Toscana Sud Est, Azienda USL 7 di Siena), D.
Cardelli, S. Giglioli, S. Luni, C. Nanni, M. Ridoni (U.F. PISLL Zona Val di
Chiana, Azienda USL 7 di Siena), L. Lucietto (U.F. PISLL Zona 1, Azienda USL 9 di
Grosseto), A. Giomarelli (U.F. PISLL Zona 2, Azienda USL 9 di Grosseto), M.
Fantacci, E. Marianelli (U.F. PISLL Zona 4, Azienda USL 9 di Grosseto) – sono
state infatti esaminate 60 valutazioni di rischio chimico provenienti da
aziende di 19 comuni delle province di Siena e Grosseto.
Nell’introduzione
dell’intervento si ricorda che il D.Lgs 25/2002, recepito integralmente dal Decreto
legislativo 81/2008, ha introdotto in Italia per la prima volta “l’obbligo per il datore
di lavoro di redigere un documento di valutazione
del rischio chimico da allegare al documento di valutazione del rischio di
cui agli articoli 17 comma 1 lettera a) e 28 del D.Lgs 81/2008” . E
generalmente il datore di lavoro per la redazione si avvale di un consulente
esterno, spesso un igienista industriale.
Dopo
sette anni dall’entrata in vigore di questo obbligo normativo e in occasione
del 27° Congresso AIDII, gli autori
hanno deciso di effettuare una “indagine conoscitiva su
come vengono redatti i documenti di valutazione dei rischi chimici”
e sono state raccolte ed esaminate - durante la normale attività di
sorveglianza nell’anno 2008 e prima dell’entrata in vigore del D.Lgs 81/2008 - valutazioni
del rischio chimico provenienti dalle piccole aziende di alcune zone delle
province di Siena e Grosseto.
Nel
documento pubblicato dal Giornale Italiano
di Medicina del Lavoro ed Ergonomia sono presenti diverse tabelle
esplicative che riassumono i dati e i risultati di questa indagine:
-
tabella I: tipologie produttive
delle aziende indagate (il 33,3% sono aziende che lavorano il legno);
-
tabella II: numero di addetti
rilevato dalle valutazioni
di rischio (7,32 è il numero medio di addetti rilevato dalle valutazioni
che riportano questo dato);
-
tabella
III: tipologia di valutatore che ha redatto la valutazione. La “maggioranza
delle valutazioni è stata condotta da un valutatore esterno anche se alcune
sono state redatte dal datore di lavoro”;
-
tabella IV: metodologie utilizzate
per la valutazione
di rischio. “La valutazione del
rischio chimico non è stata quasi mai condotta tramite misure, nella
grandissima maggioranza dei casi sono stati utilizzati algoritmi o modelli di
cui spesso non si dichiarava la provenienza né se ne spiegava il significato o
la tipologia di calcolo sottesa al modello”. Osservando la tabella IV “se ne
può dedurre che
solo 5 (8,3%) aziende
hanno effettuato misure di monitoraggio ambientale (solo campionamenti
personali in 4 aziende e campionamenti personali e di area in una sola
azienda). Indipendentemente dalla metodologia utilizzata in 34 valutazioni
(56,7%) la
descrizione del ciclo
produttivo in rapporto al rischio
chimico presente o era assente o del tutto insufficiente”;
-
tabella V: aziende con presenza di cancerogeni.
Gli autori si sono resi conto che “in alcune aziende dove non veniva dichiarata
la presenza di
agenti cancerogeni
era invece altamente probabile che questi fossero presenti”. In questa tabella
sono state riportate “le aziende dove la presenza di cancerogeni era
dichiarata, quelle dove era certa ma non dichiarata, quelle dove era altamente
probabile e le aziende dove erano state effettuate misurazioni conformemente al
D.Lgs 81/2008”;
-
tabella VI: tipologia delle aziende
dove erano presenti agenti cancerogeni.
Infine nella
tabella VII è riportata la
classificazione
complessiva delle valutazioni di rischio raggruppando le valutazioni in
quattro categorie:
–
valutazioni completamente insufficienti
o sbagliate (“valutazioni che per omissioni di rischi palesemente presenti
in azienda, per gravi mancanze rispetto alla normativa ecc. risultavano
inaccettabili”): 41 (68.3 %);
–
valutazioni
moderatamente insufficienti (“valutazioni che pur coerenti nella forma
presentavano lacune o considerazioni sbagliate”): 11 (18.3 %);
–
valutazioni
sufficienti (valutazioni che seppure in presenza di qualche imperfezione o
errore nel complesso sono risultate sufficienti al primo esame in cieco ed al
secondo esame di verifica): 6 (10.0 %);
–
valutazioni
pienamente sufficienti (“valutazioni corrette sotto ogni punto di vista”):
2 (3.3 %).
Con
l’obiettivo di “stigmatizzare la gravità di alcune asserzioni contenute nelle
valutazioni di rischio
chimico, nonché la poca professionalità di alcuni consulenti che le hanno
redatte”, gli autori riportano
alcune
delle affermazioni più gravi:
-
“
falegnameria: il valutatore
dichiara la lavorazione
di legno duro ma non effettua misurazioni poiché le ritiene superflue
perché le polveri
sono ‘poche’;
-
metalmeccanica: nell’elenco di
sostanze utilizzate il valutatore riporta 21 prodotti con frase di rischio R45,
non effettua misure e dichiara che il rischio è moderato. Da un successivo
sopralluogo è però emerso che i 21 prodotti R45 non venivano utilizzati e mai
erano stati utilizzati in azienda, la loro presenza nella dichiarazione era
dovuta ad un ‘copia e incolla’ effettuato dal valutatore. La cosa più grave era
però che il datore di lavoro non se ne era accorto;
-
parrucchiera: le schede tecniche dei
prodotti utilizzati erano del 1997;
-
trattamento acque: il valutatore non
riporta un elenco completo delle sostanze
chimiche presenti né valuta il rischio chimico del laboratorio di analisi
poiché i reattivi utilizzati sono troppi e quindi risulta impossibile valutare
il rischio che ne deriva;
-
trattamento rifiuti tossici: il
valutatore ammette la presenza di numerosi cancerogeni ma dice che essendo il
contatto solo potenziale non si possono effettuare misure e quindi consiglia al medico
competente di effettuare il monitoraggio biologico per i cancerogeni dotati
di BEI” (valori limite biologici);
-
trasformazione traversine ferroviarie dismesse:
“il valutatore ammette l’ esposizione
ad IPA ed effettua misure di esposizione personale”, confronta però la “somma delle concentrazioni di IPA
riscontrate in analisi con il Valore Limite di 0,2 mg/m3 relativo al ‘ catrame
e pece di carbone - prodotti volatili’, che è relativo agli estraibili in
benzene di cui gli IPA sono solo una frazione”.
Per
concludere, dall’esame di queste 60 valutazioni di rischio chimico, “di cui
solo 8 appaiono condotte in maniera sufficiente, emerge come principale
considerazione
una situazione desolante
ed una preparazione professionale dei valutatori scarsa o inesistente,
evidenziata da affermazioni che spesso risultano ridicole anche per un neofita
dell’Igiene Industriale”.
Inoltre
“l’uso smodato di modelli
e algoritmi, quasi sempre utilizzati male, denuncia una mancanza di serietà
da chi si fa pagare per condurre una valutazione e la cosa è tanto più grave se
si considera il fatto che i datori di lavoro di piccole aziende sono spesso
incapaci di valutare quanto scritto dal consulente”.
Se
si potesse generalizzare partendo da questi dati si potrebbe sostenere che
nella grande maggioranza dei casi il D.Lgs
25/2002 “non ha lasciato traccia
alcuna nell’ambito della prevenzione se non a livello di inutile consumo di
carta”.
“ Criteri
e metodologie per la valutazione del rischio chimico”, raccolta di
relazioni di G. Gino, D. Cottica, E. Grignani, M.C. Aprea, G. Nano, G. Sciarra,
D. Cardelli, S. Giglioli, S. Luni, C. Nanni, M. Ridoni, L. Lucietto, A.
Giomarelli, M. Fantacci, E. Marianelli che si sono tenute al 73° Congresso
Nazionale SIMLII “La Medicina del Lavoro quale elemento migliorativo per la
tutela e sicurezza del Lavoratore e delle attività dell’Impresa”, pubblicate in
Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII n°4/suppl.1,
ottobre/dicembre 2010 (formato PDF, 310 kB).
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