News
"Edilizia: classificazione e requisiti essenziali degli ancoraggi"
fonte puntosicuro.it / Edilizia
13/02/2012 - Una pubblicazione realizzata da
INAIL, Dipartimento
Tecnologie di Sicurezza - ex ISPESL, dal titolo “ Guida
tecnica per la scelta, l’uso e la manutenzione degli ancoraggi”, affronta
diversi aspetti di un tema che nel comparto edile è da sempre molto dibattuto: gli
ancoraggi.
Dopo
aver presentato gli aspetti relativi alla valutazione del rischio e ai rischi
prevalenti relativi alla mancata
efficacia dei sistemi di ancoraggio, PuntoSicuro si sofferma oggi su alcune
indicazioni della guida tecnica in merito alla
classificazione e ai
requisiti
essenziali che devono essere soddisfatti dagli ancoraggi.
Dopo
aver ricordato che la guida intende per ancoraggio l’
insieme di materiale base, ancorante e elemento da fissare, si
sottolinea che “l’approccio della legislazione vigente in materia di salute e
sicurezza sul lavoro non è sempre congruente con questa definizione”. Infatti
il Decreto legislativo 81/2008 non propone
un “quadro definito ed univoco, al pari delle norme tecniche”.
Anche
nell’uso comune il termine ancoraggio “è abbastanza generico e non ha lo stesso
significato nei documenti, tecnici o normativi, ove viene menzionato”.
Si
indica, ad esempio, che nelle
ETAG 001
(Linea guida per il rilascio del benestare tecnico europeo di ancoranti
metallici da utilizzare nel calcestruzzo) e nel
TR 029 (Linea guida per il rilascio del benestare tecnico europeo
di ancoranti chimici da utilizzare nel calcestruzzo) l’ ancoraggio
è infatti inteso come l’insieme di elementi comprendente il materiale base, l’ancorante
o gruppi di ancoranti e l’elemento da fissare.
In
particolare l’
ancorante è un
prodotto da costruzione soggetto alle disposizioni contenute nella direttiva
89/106/CEE, recepita con il Decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile
1993 “Regolamento di attuazione della direttiva 89/106/CEE relativa ai prodotti
da costruzione”.
Secondo
la ETAG 001 gli ancoranti possono essere classificati in
cinque categorie:
-
“ancoranti ad espansione a controllo di coppia (ETAG 001 parte 2);
-
ancoranti sottosquadro (ETAG 001 parte 3);
-
ancoranti ad espansione a controllo di spostamento (ETAG 001 parte 4);
-
ancoranti chimici (ETAG 001 parte 5 e TR 029);
-
ancoranti leggeri per impiego non strutturale (ETAG 001 parte 6)”.
Inoltre
gli ancoranti possono essere classificati anche in base al
principio di funzionamento: per forma, per attrito e per adesione.
Dopo
aver ricordato che l’approccio della UNI EN 795 “è
differente rispetto alle ETAG 001” (può considerarsi complementare a
quest’ultima, si concentra sull’elemento da fissare al materiale base),
riportiamo alcuni elementi della guida in merito ai
requisiti essenziali che devono essere soddisfatti dagli ancoraggi
(ETAG 001/TR 029): la resistenza meccanica, la stabilità e la sicurezza
nell’uso.
In
particolare gli ancoranti “devono essere progettati e costruiti in modo tale
che i carichi ai quali vengono assoggettati durante l’uso non producano alcuno
dei seguenti
inconvenienti:
-
crollo di una parte o dell’intera opera;
-
deformazioni considerevoli fino ad un grado inammissibile;
-
danni ad altre parti dell’opera o ad allestimenti o ad apparecchiature causati
dalla deformazione della struttura portante;
-
danni per un evento di dimensioni sproporzionate rispetto alla causa originaria”.
Inoltre
gli ancoranti installati devono resistere ai “
carichi di progetto di trazione, di taglio e di taglio-trazione, ai
quali essi sono soggetti per una presunta vita utile, fornendo:
-
una adeguata resistenza al cedimento (stato limite ultimo);
-
adeguata resistenza agli spostamenti (stato limite di servizio)”.
La
vita utile di un ancorante deve
essere almeno comparabile con quella dell’elemento da fissare. Le ETAG 001/ TR
029 “sono state redatte sul presupposto che la vita lavorativa presunta di un
ancorante per un uso previsto, sia almeno di 50 anni”.
È
evidente che l’indicazione sulla vita utile di un ancorante “non può essere
interpretata come una garanzia del produttore, ma deve essere considerata solo
un elemento di scelta dell’ancorante in relazione alla vita utile economicamente
ragionevole dell’opera”.
La
guida riporta poi indicazioni relative a:
-
temperatura: “il funzionamento
dell’ancorante, compresa la sua capacità di sostenere il proprio carico di
progetto con un appropriato coefficiente di sicurezza e di limitare gli spostamenti,
non dovrà essere influenzato negativamente dall’esposizione temporanea a
temperature comprese tra -40 °C e + 80°C”;
-
prevedibilità: “il comportamento
degli ancoranti, sia in condizioni di servizio normali che nel caso di
condizioni sfavorevoli attese dovrà essere prevedibile in tutti gli aspetti più
importanti”.
Questi
alcuni elementi di riferimento in merito al tema dell’
idoneità:
-
corretta installazione degli
ancoranti: “deve essere facilmente realizzata in normali condizioni di cantiere
con l’attrezzatura specificata dal produttore, senza provocare danni che
possano influenzare negativamente il loro comportamento in servizio”;
-
resistenza del calcestruzzo o di altro
materiale base: “gli ancoranti devono essere in grado di funzionare correttamente
nei calcestruzzi delle classi di resistenza previste;
-
variazioni di larghezza della
fessurazione: gli ancoranti da usare in calcestruzzo
fessurato devono continuare a funzionare efficacemente nel lungo termine,
anche se la larghezza della fessurazione è soggetta a variazioni
nell’intervallo considerato;
-
carico ripetuto/variabile: gli
ancoranti, nel lungo periodo, devono continuare a funzionare efficacemente
anche se il loro carico di servizio è soggetto a variazioni nel tempo;
-
carichi permanenti: gli ancoranti
devono sostenere il loro carico di progetto per la vita utile ipotizzata per
l’elemento da fissare senza aumento significativo dello spostamento che
potrebbe rendere inefficace il fissaggio;
-
tipi di installazione: gli ancoranti
devono funzionare correttamente per i tipi di installazione per i quali sono
previsti dai produttori. Al termine dell’installazione, compresa anche
l’applicazione della coppia di serraggio, l’elemento da fissare deve risultare
bloccato contro la superficie del materiale di base”;
-
minimi carichi d’urto: “un
ancoraggio deve essere in grado di sopportare i minimi urti che potrebbero
verificarsi in normali condizioni di servizio, agenti sia sull’ancorante stesso
che sull’elemento da fissare, senza danni all’ancorante né effetti negativi
sulla sua capacità portante. Particolare attenzione va posta in caso di urti
significativi come quelli a cui è sottoposto l’ancorante quando fa parte di un sistema
di arresto delle cadute” (le ETAG 001/TR 029 non prevedono questo tipo di
impiego).
Un
altro aspetto trattato è relativo alle
condizioni
di servizio ammissibili:
-
livello di carico: “gli ancoranti
devono sostenere un livello di carico che assicuri un utilizzo nelle
applicazioni comuni, in rapporto al loro diametro ed alla profondità di
ancoraggio. A tutti gli ancoranti è richiesto di sostenere anche carichi di
trazione anche se il tipo di carico predominante è il taglio;
-
spostamento: lo spostamento degli
ancoranti, sia a breve che a lungo termine, deve rimanere nei limiti indicati
dal progettista per l’uso previsto;
-
distanza dal bordo ed interasse tra gli
ancoranti: nelle condizioni di servizio, gli ancoranti devono poter essere
utilizzati a distanze (interasse tra gli ancoranti e distanze tra gli ancoranti
ed il bordo del materiale base) compatibili con i normali impieghi strutturali;
-
intensità dell’ancoraggio: durante
la fase di installazione, gli ancoranti non devono cedere per rottura del corpo
o della sezione filettata, e non devono causare il cedimento del materiale base”.
Infine
nella guida si parla di
durabilità.
Infatti
le caratteristiche
degli ancoranti “non devono cambiare durante la vita utile, perciò le
proprietà meccaniche dalle quali dipende l’idoneità ed il comportamento sotto
carico dell’ancorante (ad es. il materiale, il rivestimento superficiale) non
devono essere influenzate da effetti fisicochimici quali corrosione e degrado
causati da condizioni ambientali (ad es. alcalinità, umidità, inquinamento)”.
Inoltre
“le parti degli ancoranti che devono scivolare le une sulle altre durante
l’installazione (ad es. il dado sulla filettatura o il cono nel manicotto) o
durante l’uso (ad es. il cono nel manicotto) non devono bloccarsi (grippare)
per evitare di pregiudicare il comportamento dell’ancorante caricato a rottura”.
Rimandiamo
i nostri lettori ad una lettura esaustiva della guida, ricordando che il
manuale affronta anche i requisiti dei dispositivi di ancoraggio e dei punti di
ancoraggio in relazione alle norme UNI EN 795, UNI EN 516 e UNI EN 517.
Inail
- Dipartimento Tecnologie di Sicurezza - ex Ispesl, “ Guida tecnica
per la scelta, l’uso e la manutenzione degli ancoraggi”, pubblicazione
curata da Luigi Cortis e Luca Rossi (Dipartimento Tecnologie di Sicurezza - ex
ISPESL) con la collaborazione di Michele Di Sario e Francesco Giancane (formato
PDF, 5.13 MB).
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1506 volte.
Pubblicità