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"Depositata la sentenza Eternit: "dolo di elevatissima intensità""
fonte www.puntosicuro.it / Responsabilità sociale
15/05/2012 - Oltre 700 pagine per motivare la condanna a 16 anni di carcere (in
primo grado) per i due ex manager della multinazionale dell'amianto Eternit,
Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier. Il documento - depositato oggi al
tribunale di Torino - illustra le fasi del più grande dibattimento legato alla
fibra killer e concluso, il 13 febbraio scorso, con una
sentenza di portata storica. "Emerge tutta l'intensità del dolo degli
imputati - si legge nel dispositivo - perché, nonostante tutto, hanno
continuato e non si sono fermati né hanno ritenuto di dover modificare
radicalmente e strutturalmente la situazione al fine di migliorare l'ambiente
di lavoro e di limitare per quanto possibile l'inquinamento ambientale".
Assenza
di ogni attenuante. Schmidheiny
e De Cartier sono stati chiamati in causa per i danni provocati dall'asbesto
lavorato nei quattro stabilimenti italiani del gruppo a Casale Monferrato,
Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli. I dirigenti - secondo l'impostazione del procuratore
Raffaele Gueriniello - sono stati accusati di disastro ambientale doloso e omissione
dolosa di cautele antinfortunistiche. Un comportamento, a parere dei
giudici, aggravato anche dalla mancanza di ogni attenuante. "L'elemento
soggettivo appare ancora di maggiore pericolosità perché gli imputati hanno
pure cercato di nascondere e di minimizzare gli effetti nocivi per l'ambiente e
per le persone derivanti dalla lavorazione dell'amianto, pur di proseguire
nella condotta criminosa intrapresa", scrive la corte presieduta da
Giuseppe Casalbore. Il dolo, dunque, è stato "di elevatissima
intensità".
Morire
d'asbesto: la dirigenza minimizzò i rischi. Una sentenza il cui significato è
riassunto nella domanda che, per anni, ha lacerato Romana Blasotti, 82 anni,
presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime, e che a causa
dell'amianto ha perso il marito Mario, la sorella Libera, il nipote Giorgio e
la cugina Anna insieme alla figlia Maria Rosa. "Non riuscivo a capire come
poteva succedere che una persona potesse morire di lavoro", sono le parole
della donna citate nella sentenza. Romana Blasotti "aveva ben compreso che
di amianto
si moriva", scrivono i giudici, e si è chiesta perché continuare: un
interrogativo semplice ed elementare che non lascerebbe dubbi sulla portata
della colpa. E' parso gravissimo, infatti, che Schmidheiny e De Cartier - pur
al corrente della nocività dell'asbesto (viene citato, in particolare, uno
studio medico scientifico di Irving Selikoff risalente già al 1968) - non solo non
intervennero ma, anzi, minimizzarono i rischi.
La
cessione "scriteriata" del polverino. Esistono, poi,
specifici comportamenti che confermerebbero indirettamente come l'apparato
dirigenziale di Eternit
Spa fosse consapevole dei danni provocati dall'amianto. "L'istruttoria
dibattimentale ha comprovato, con certezza, come l'attività di indiscriminata e
scriteriata cessione del polverino ai dipendenti degli stabilimenti abbia
costituito un fenomeno tipico ed esclusivo di Casale Monferrato", scrive,
infatti, Casalbore nella sentenza. Il polverino - è spiegato nel sito del
comune piemontese - è un prodotto di scarto del ciclo produttivo delle tubature
in cemento-amianto derivato dalla tornitura: una polvere finissima, costituita
da una miscela di polvere di cemento e fibre di asbesto considerato, in
passato, un ottimo materiale isolante e di riempimento.
Nessun
provvedimento per evitarne la diffusione. Fino alla fine degli anni Ottanta il
polverino, "perdurante sorgente di inquinamento", poteva essere
reperito a costo zero dai cittadini di Casale e, di conseguenza, è stato
impiegato nei più svariati modi: dai sottotetti alle intercapedini murarie dei
fabbricati, alle pavimentazioni di aree esterne (in particolare, ma non solo,
per uso privato): una pratica - ha ritenuto il presidente della Corte - che ha
finito per rendere ulteriormente "evidente sia la conoscenza circa la
pericolosità" di questa sostanza, "sia la mancata adozione di seri e
concreti provvedimenti per evitarne la diffusione all'esterno della fabbrica".
Fonte:
Inail.
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