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"Disturbi muscoloscheletrici e movimentazione manuale dei carichi"

fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro

25/06/2012 - Alcune comunicazioni relative al 74° Congresso Nazionale SIMLII2011 - Dall’Unità d’Italia al Villaggio Globale. La Medicina del Lavoro di fronte alla globalizzazione delle conoscenze, delle regole, del mercato” (Torino, 16-19 novembre 2011) hanno affrontato i temi correlati all’ ergonomia.
 
Ad esempio due comunicazioni, pubblicate sul primo supplemento al numero di luglio/settembre 2011 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, hanno affrontato i disturbi muscoloscheletrici in ambito sanitario e i problemi correlati alla movimentazione manuale dei carichi nelle aziende che si occupano della distribuzione dei generi alimentari.
 
In " Influenza dei fattori ambientali sui disturbi muscoloscheletrici” – a cura di N. Magnavita, M. Elovainio, I. De Nardis, T. Heponiemi, S. Garbarino, G. Magnavita, A. Bergamaschi – si sottolinea che i disturbi muscoloscheletrici (DMS) costituiscono la malattia professionale più comune in Europa e la principale causa di assenza dal lavoro (“tra il 42% ed il 58% di tutte le malattie correlate al lavoro appartengono a tale categoria”).
In particolare i DMS rappresentano “il disturbo più frequente nei lavoratori della sanità”, in particolare tra gli infermieri. E “oltre alla movimentazione manuale dei pazienti, che è indubbiamente il fattore più rilevante, numerosi fattori ambientali ed individuali possono determinare la comparsa e l’esacerbazione di tali disturbi”.
 
Questa comunicazione fa riferimento in particolare ai risultati di una ricerca che ha coinvolto tre ospedali e 1744 lavoratori ospedalieri: la maggior parte dei partecipanti erano infermieri (60%) e medici (18%).
La ricerca aveva l’ obiettivo di:
- “valutare se i fattori ambientali sono associati ai DMS nei lavoratori ospedalieri”;
- “studiare le possibili interazioni tra fattori psicosociali e ambientali nella comparsa dei DMS”.
 
Rimandando i nostri lettori alla lettura della metodologia della ricerca utilizzata, veniamo direttamente alla parte della comunicazione relativa alla discussione sui dati.
I risultati della ricerca “dimostrano che esiste un’ associazione tra fattori fisici ambientali nel luogo di lavoro e DMS” ed è stata inoltre evidenziata una “ forte interazione tra fattori di rischio ambientali e psicosociali nel determinare i DMS”. Risultati che supportano precedenti studi che hanno correlato DMS e fattori lavorativi ambientali e psicosociali, ma che “aggiungono un ulteriore elemento, mai valutato precedentemente, ovvero mostrano l’esistenza di un potenziamento tra fattori ambientali e psico-sociali”. E in particolare i disturbi degli arti superiori “sembrano subire maggiormente l’influenza dei fattori ambientali e psicosociali rispetto ai disturbi lombari”.
 
In realtà non si conosce il meccanismo esatto “con il quale i fattori di stress ambientale e psicosociale sul posto di lavoro si correlano con i DMS”. Un ipotesi, la più accreditata, è che “un alto livello di stress mentale e psicologico possa aumentare la tensione muscolare e ridurre le micropause fisiologiche. Inoltre lo stress lavorativo potrebbero amplificare la percezione del dolore”.
 
Inoltre è dimostrato che sia lo “ stress da calore” che lo “ stress da freddo” posso influire “negativamente sulla salute dei lavoratori (contribuendo a determinare i sintomi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico) e sulla performance lavorativa, causando irritabilità, disattenzione e sensazione di fatica”. In questo senso “lavorare in ambienti caldi, senza essere adeguatamente acclimatati, aumenta lo stress termico dei lavoratori” e i “soggetti non acclimatati” hanno una ridotta performance lavorativa quando la temperatura della stanza supera i 19-22°C, anche quando si compiano lavori d’ufficio”.
 
Dopo aver riportato i limiti di questa indagine, gli autori della comunicazione concludono che “al fine di prevenire l’insorgenza di DMS professionali, è dunque necessario adottare sia misure ambientali che interventi diretti ad eliminare i fattori di rischio psicosociale ed organizzativo”.
In ogni luogo di lavoro si dovrebbero avere “ lavoratori sani in un ambiente lavorativo ben funzionante”.
 
In “ Valutazione del rischio nella movimentazione manuale di carichi e interventi ergonomici correttivi in un’azienda di distribuzione di generi alimentari” – a cura di S. Maso, I. Maccà, A. Simonetti, P. Scopa, P. Paruzzolo, A. Bonacci, I. Murgolo, G.B. Bartolucci  (Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Padova) – viene presentato uno studio che si proponeva di “valutare e ridurre il rischio da movimentazione manuale di carichi in 9 autisti addetti alla distribuzione di alimenti”.
Infatti “tra le varie figure professionali che operano nel settore della logistica, quella dell’ autista risulta tra le più esposte alla possibile insorgenza di patologie muscolo scheletriche, soprattutto a carico del rachide”. Questi lavoratori, oltre all’attività di trasporto effettuata utilizzando piccoli camion, “compiono anche azioni di facchinaggio (carico e scarico dai mezzi della merce e attività complementari)” che li espone ai rischi della movimentazione manuale di carichi (MMC).
 
Ricordando che per la valutazione degli indici di rischio, è stato utilizzato il metodo NIOSH-VLI (Variable Lifting Index), i dati rilevati e calcolati nella ricerca evidenziano che “l’Indice di Sollevamento (VLI) risulta compreso tra 2,12 e 2,81, confermando la presenza di un rischio medio alto”.
In particolare i “fattori demoltiplicativi della massa di riferimento” che incidono di più sull’indice finale rilevato sono:
- il fattore altezza (altezza delle mani misurata all’origine e alla destinazione del sollevamento). Ad esempio questo “è un elemento critico per oggetti posizionati alla sommità, o alla base del bancale. In particolare è riferito a oggetti compresi nella fascia da 4 kg a 11 kg circa, che si trovano alla sommità del bancale ed a oggetti più pesanti compresi tra 15,7 kg e 25,7 kg circa, posizionati alla base del bancale stesso”;
- il fattore orizzontale (distanza massima del peso dal corpo durante il sollevamento);
- la frequenza dei sollevamenti, frequenza che nella ricerca è risultata tra i 0.87 e 5.68 sollevamenti al minuto.
 
Riguardo alla frequenza di sollevamento, che contribuisce in modo significativo sull’indice di rischio, l’operatore “deve sbancalare manualmente la merce situata all’interno del camion e riporla sul pianale. Successivamente da terra deve afferrare nuovamente tutti i colli per caricarli sul carrello a due ruote;  ogni oggetto viene quindi sollevato due volte”.
 
Per ridurre il rischio si potrebbe far sollevare un oggetto una volta sola: la “soluzione è applicabile mantenendo il carrello all’interno del camion e caricandolo direttamente con la merce prelevata dal bancale. Una volta effettuata questa operazione, con l’utilizzo della pedana mobile, di cui tutti i camion sono provvisti, l’operatore può raggiungere il piano della strada”.
A volte la frequenza è “difficilmente modificabile in quanto la fase di scarico deve essere contenuta in tempi brevi per esigenze legate molte volte alla viabilità”.
Per contenere invece il rischio legato al sollevamento di oggetti più pesanti “si è proposto di far sollevare ogni oggetto più pesante di 15 kg da due operatori, ottenendo una sensibile riduzione degli Indici di Sollevamento”. Tuttavia tale soluzione è impraticabile “in quanto vedrebbe raddoppiare il numero degli operatori necessari comportando un notevole aumento dei costi. L’unica alternativa si potrebbe concretizzare con la partecipazione degli acquirenti durante le fasi di scarico della merce più pesante”.
Un’altra proposta è quella di sostituire gli eventuali sacchi di farina da 25 Kg con sacchi da 10 Kg presenti in commercio. Tuttavia “frazionando i pesi, il numero di oggetti da movimentare diventa maggiore e ciò va ad incidere negativamente sulla frequenza”.
Rimandandovi alla lettura delle altre soluzioni proposte e aggregate per poter influire più sensibilmente sulla riduzione del rischio, gli autori concludono ribadendo che “gli autisti addetti ad operazioni di consegna delle merci che effettuano movimentazione manuale di carichi, risultano esposti a un rischio significativo sempre superiore a 2”.
Le misure di contenimento proposte “porterebbero ad una notevole diminuzione del rischio che si attesterebbe comunque sopra al livello di accettabilità” e sarebbero necessari altri studi “per individuare ulteriori modalità organizzative e/o strutturali da attuare per lo scarico merci, considerando la sostenibilità dei costi per le Aziende”.
 
 
   
 
" Influenza dei fattori ambientali sui disturbi muscoloscheletrici” – a cura di N. Magnavita (Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma), M. Elovainio (National Institute for Health and Welfare, Helsinki, Finland - University College London, London, UK), I. De Nardis (Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma), T. Heponiemi (National Institute for Health and Welfare, Helsinki, Finland), S. Garbarino (Police Health Service Department, Ministry of the Interior, Italy - Department of Occupational and Legal Medicine, University of Genoa, Italy), G. Magnavita e A. Bergamaschi (Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma) , comunicazione pubblicata in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXIII n°3, - supplemento al n.3 - luglio/settembre 2011 (formato PDF, 175 kB).
 
 
Valutazione del rischio nella movimentazione manuale di carichi e interventi ergonomici correttivi in un’azienda di distribuzione di generi alimentari” – a cura di S. Maso, I. Maccà, A. Simonetti, P. Scopa, P. Paruzzolo, A. Bonacci, I. Murgolo, G.B. Bartolucci  (Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Padova) , comunicazione pubblicata in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXIII n°3, - supplemento al n.3 - luglio/settembre 2011 (formato PDF, 174 kB).
 

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