News
"Direttore tecnico e capocantiere: dirigente e preposto per la sicurezza "
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
16/07/2012 -
Il direttore
tecnico di cantiere e il capocantiere
sono inquadrabili, ai fini della applicazione delle norme in materia tutela
della salute e della sicurezza sul lavoro, nel modello legale rispettivamente
del dirigente
e del preposto
ed assumono pertanto le rispettive posizioni di garanzia nei riguardi dei
lavoratori operanti in cantiere.
È quanto
emerge da questa sentenza della Sezione IV della Corte di Cassazione penale, a
conferma di quanto la stessa aveva avuto già modo di affermare in precedenza,
chiamata ad esprimersi in merito alla responsabilità o meno di un direttore
tecnico di cantiere già condannato in primo e secondo grado per la caduta di un
lavoratore in un cantiere edile risultato privo delle necessarie protezioni di
sicurezza.
L’evento infortunistico e l’iter giudiziario.
Il Tribunale
ha condannato il legale rappresentante di una impresa appaltatrice, il legale
rappresentante di una impresa subappaltatrice e il direttore tecnico di un
cantiere edile operante per conto della società appaltatrice alla pena,
concesse le attenuanti generiche prevalenti, di anni 2 di reclusione pena sospesa
per il delitto di cui all'articolo 589 c.p. per omicidio colposo aggravato in
danno di un operaio edile.
La Corte di
Appello ha successivamente confermata la sentenza di condanna del Tribunale facendo
presente che dall'istruttoria dibattimentale era emerso che la caduta del
lavoratore infortunato dal fabbricato in costruzione era stata determinata
dalla assenza di ponteggi di protezione ed inoltre che la carenza degli stessi era
già stata segnalata e nonostante ciò i lavori erano continuati in assenza di
sicurezza. Del fatto dovevano quindi rispondere sia il titolare della impresa
appaltatrice dei lavori che il subappaltatore alle cui dipendenze lavorava l’infortunato
nonché il direttore tecnico del cantiere dell’impresa appaltatrice che seguiva
i lavori quotidianamente in prima persona. Tutti erano stati ritenuti titolari
di una autonoma posizione di garanzia che li obbligava ad attuare le misure di
sicurezza omesse e che avevano determinato l'evento.
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni.
Avverso
la sentenza di condanna della Corte di
Appello gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione lamentando:
- il rappresentate legale dell’impresa
appaltatrice la violazione di legge e l'assoluto difetto di motivazione in
relazione alla condotta
abnorme tenuta dal lavoratore infortunato il quale, pur essendo stato
adibito alla mera pulizia dei locali interni del cantiere, si trovava sui
balconi del fabbricato, il cui accesso peraltro era inibito da steccati;
- il rappresentate legale dell’impresa
subappaltatrice, da parte sua, la violazione di legge e l'assoluto difetto di
motivazione in relazione alla condotta abnorme del lavoratore infortunato il
quale, pur essendo stato adibito alla mera pulizia del cantiere, si trovava sui
balconi del fabbricato, probabilmente ubriaco come deposto da un teste e
lamentando altresì il difetto di motivazione in relazione alla causalità
dell'assenza di ponteggi, laddove la Corte di merito non aveva tenuto conto che
i balconi erano stati sbarrati con tavole incrociate, precauzione questa idonea
ad evitare il pericolo di cadute ed ancora il vizio di motivazione ove il
giudice di merito aveva ritenuto sussistente la sua posizione di garanzia pur a
fronte del fatto che la sua società aveva conferita la mera manodopera alla impresa
subappaltatrice e quindi non poteva essere ritenuta datrice di lavoro;
- il direttore tecnico di cantiere invece
il difetto di motivazione nella parte in cui la Corte non aveva tenuto conto
degli esiti dell'istruzione dibattimentale che aveva riconosciuto in lui il mero ruolo di contabile, senza alcuna
posizione di garanzia in tema di prevenzione infortuni e che nell'accettazione
dell'incarico l'accettazione da parte sua del P.O.S. era stato un mero errore
di battitura.
Le
decisioni assunte dalla Corte di Cassazione.
I ricorsi sono stati ritenuti infondati.
Ha rammentato la suprema Corte che l’ispettore della ASL, giunto sul posto un
ora e mezza dopo l'incidente, aveva riferito che il fabbricato in questione era
privo in modo assoluto di ponteggi
e che alcuni balconi erano interdetti da assi di legno non robuste e fatte di
tavole di fortuna, non fissate rigidamente e che non davano alcuna garanzia di
sicurezza contro le cadute. Inoltre, ha precisato la Sez. IV, la circostanza
che all'atto del sopralluogo alcuni operai fossero intenti a montare dette
tavole ha lasciato intendere che esse erano "posticce" e cioè
miravano a rimediare alle carenze presenti al momento dell'infortunio. Anche
dalle stesse foto depositate in atti si evinceva, altresì, l’assoluta assenza
di ponteggi intorno al fabbricato e l'assenza di assi su alcuni balconi.
La suprema Corte ha, altresì, messo in
evidenza che nel corso dell'istruttoria, l'autore del Piano
Operativo di Sicurezza aveva riferito che lo stesso non prevedeva
sbarramenti alle finestre e balconi, ma solo la presenza di ponteggi e che
aveva inoltre riscontrate sul punto delle carenze in cantiere disponendo la
sospensione dei lavori ed intimando all’impresa appaltatrice la corretta
realizzazione dei ponteggi stessi per cui la negligente condotta omissiva di
vigilanza da parte dell’impresa appaltatrice ha costituito un comportamento
colposo certamente eziologicamente legato all'evento mortale.
Quanto alla lamentata abnormità della
condotta del lavoratore, la Corte di Cassazione ha ribadito che “
in materia di infortuni sul lavoro, la
condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da
sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area
di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è
esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le
sue conseguenze, presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità,
dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di
Organizzazione ricevute.
Nel caso di specie, come correttamente
segnalato nella sentenza di merito, il (lavoratore)
ha patito l'infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di
lavoro per le pulizie in cantiere; pertanto, la circostanza che si trovasse sui
piani del fabbricato in costruzione, non costituisce comportamento abnorme,
idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta dell'appaltatore e
l'evento; condotta quest'ultima connotata da colpa, tenuto conto che la cautela
omessa era proprio preordinata ad evitare il rischio specifico (caduta) che poi
concretamente si è materializzato nell'infortunio in suo danno”.
La Sez. IV ha ritenuto infondati anche
i motivi di censura avanzati dal rappresentante legale della ditta
subappaltatrice con riferimento all’affermata circostanza di essere la sua
società non subappaltatrice ma mera fornitrice di manodopera all’impresa
appaltatrice. Ha ricordato in merito la Sez. IV che “
le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito che, in forza della
disposizione generale di cui all'articolo 2087 c.c. e di quelle specifiche
previste dalla normativa antinfortunistica, il datore di lavoro è costituito
garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale
dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi
agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in
forza del meccanismo reattivo previsto dall'articolo 40 c.p., comma 2.”. “Ne
segue”, ha quindi proseguito la Sez. IV,
“che il datore di lavoro, seppure in una situazione di illegittimità (nella
specie derivante dalla sua posizione di subappaltante di pura mano d'opera), ha
il dovere di accertarsi che l'ambiente di lavoro (nella specie il cantiere
edile apprestato dall'imprenditore appaltante) abbia i requisiti di
affidabilità e di legalità quanto a presidi antinfortunistici, idonei a
realizzare la tutela del lavoratore, e di vigilare costantemente a che le
condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata
l'Opera" per cui ne è conseguita la sussistenza di una posizione di
garanzia a carico dell’imputato sia in qualità di subappaltatore datore di lavoro
dell’infortunato sia, eventualmente, quale fornitrice di mere prestazioni di
lavoro.
Quanto al supposto stato di ubriachezza
della vittima al momento del fatto la Sez. IV ha tenuto a precisare che dagli atti
processuali non è emersa questa circostanza in quanto dal giudice di merito era
stato acclarato che prima di cadere il lavoratore infortunato aveva semplicemente
barcollato per cui l'origine di tale condotta non era certa, potendo anche
essere riconducibile a stanchezza, stato confusionale od altro ed inoltre che
in ogni caso la presenza dei presidi antinfortunistici avrebbe evitato
l'evento.
In merito, infine, al ricorso del
direttore tecnico di cantiere la suprema Corte ha confermata l’esistenza in
capo allo stesso della titolarità di una posizione di garanzia per cui è stata
individuata una sua negligente condotta omissiva per non essersi attivato a
rimuovere le gravi ed evidenti carenze di sicurezza del cantiere. “
Va ricordato sul punto”, ha quindi
concluso la Corte di Cassazione, “
che in
materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tra i destinatari degli
obblighi dettati dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, devono
annoverarsi anche il direttore tecnico ed il ‘capo cantiere’, figure
inquadrabili nei modelli legali, rispettivamente, del dirigente e del preposto”.
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1365 volte.
Pubblicità