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"La Cassazione sull’obbligo di formazione sui rischi specifici"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
30/07/2012 -
Benché non sia recente
questa sentenza della Corte di Cassazione si ritiene importante ed opportuno
segnalarla in quanto, ancor prima delle disposizioni dettate dal D. Lgs.
9/4/2008 n. 81 contenente il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza
sul lavoro, ha messo bene in evidenza la stretta connessione che ci deve essere
fra l’esito della valutazione
dei rischi esistenti in una azienda e la formazione e l’informazione che dal
datore di lavoro deve essere impartita ai lavoratori in essa occupati e ciò indipendentemente
da quella che può essere la esperienza pratica dei lavoratori stessi
nell’eseguire le loro mansioni. E’ lo stretto legame questo che è stato successivamente
sancito dal D. Lgs. n. 81/2008 e che più recentemente è stato ribadito ed
articolato nelle indicazioni fornite dalla Conferenza permanente per i rapporti
fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome nell’ambito dell’ Accordo
sulla formazione dei lavoratori che la stessa ha emanato su richiesta del legislatore.
Il caso
La Corte di Appello ha confermata la sentenza emessa dal Tribunale
a carico del presidente del consiglio di amministrazione di una società nonché
amministratore delegato che era stato dichiarato colpevole del delitto di
omicidio colposo (articolo 589 c.p.) nei confronti di un lavoratore dipendente
e condannato alla pena di mesi 4 di reclusione, sostituita con pena pecuniaria.
L’infortunio sul lavoro era successo nel mentre il lavoratore stava
movimentando con un carrello elevatore delle balle di cellulosa poste sul
piazzale di stoccaggio dello stabilimento della società allorquando, sceso dal
carrello stesso, era stato investito da un pacco di fogli di cellulosa imbevuti
di acqua del peso di 200 - 300 kg., i
quali gli avevano procurato gravissime lesioni che avevano portato quindi al
suo decesso.
La Corte territoriale ha ricordato che il giudice di
primo grado, pur avendo premesso che la condotta del lavoratore aveva avuta non
poca parte nella causa dell'evento, ha comunque ritenuto la responsabilità
del datore di lavoro per non avere fornito ai dipendenti adeguata
istruzione onde consentire una migliore valutazione del pericolo e per
l'assoluta genericità del documento di valutazione dei rischi ed inoltre per
avere lasciato le balle di cellulosa all'aperto, o al più coperte da un telo di
plastica, per cui le stesse si sono gonfiate e si sono deformate, per
l'assorbimento di umidità, al punto di lacerare il filo zincato con il quale
erano legate rendendo così assai precario l’equilibrio e causando la caduta dei
fogli di cellulosa imbevuti di acqua. Determinante era stata ritenuta nella
dinamica dell’evento infortunistico la "
notevole incuria" da parte di coloro che avrebbero dovuto
adottare le misure di sicurezza per cui, pur dandosi atto che l’operaio infortunato
era esperto e a conoscenza dei rischi derivanti da tale situazione, non era
venuto meno secondo i giudici di merito il nesso causale tra la situazione di
pericolo addebitabile al datore di lavoro e l'evento letale né la condotta
della vittima, che era scesa dal carrello, era stata ritenuta abnorme, o
eccezionale o estranea all'attività lavorativa tanto più che capitava spesso
che altri operai circolavano nei pressi delle cataste di cellulosa.
La Corte di Appello aveva rilevato, altresì, che nessuna formazione specifica era stata
effettuata in relazione all'accatastamento e al prelievo delle balle e che
inoltre non vi era segnaletica finalizzata a tenere desta l'attenzione degli
operai.
Il
ricorso alla Corte di Cassazione e le motivazioni
L’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha
proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello,
chiedendone l'annullamento per mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione in ordine alla affermazione della sua responsabilità.
Secondo quanto sostenuto dall’imputato nel suo ricorso l’operaio
era esperto e a conoscenza dei rischi e non poteva essere così maldestro da
causare le cadute delle balle di cellulosa se perfettamente stabili e che inoltre
tutti in azienda erano a conoscenza del pericolo di caduta delle balle di
cellulosa. Secondo il ricorrente, infatti, la formazione pratica, della quale
sicuramente la vittima era fornita era ben più importante di quella teorica ed
inoltre la consapevolezza del rischio rendeva superflua la presenza dei
cartelli indicanti il pericolo, tanto più che il lavoratore infortunato
svolgeva stabilmente l'attività lavorativa specifica dalla quale è poi derivato
il suo decesso.
Le
decisioni della suprema Corte
Il ricorso è stato ritenuto infondato e quindi rigettato
dalla suprema Corte. Con riferimento, infatti, a quanto assunto dal ricorrente
in merito alla imprudente condotta dell’infortunato assolutamente imprevedibile trattandosi di
dipendente esperto, la suprema Corte ha ribadito gli orientamenti ormai
consolidati che la stessa ha assunto in merito.
“
La giurisprudenza,
ormai costante di questa Corte”, ha infatti sostenuto la Sez. IV, “
è orientata nel senso che in tema di
prevenzione antinfortunistica, poiché le relative norme mirano a tutelare il
lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza,
imprudenza ed imperizia, un comportamento anomalo del lavoratore può acquisire
valore di causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l'evento, tanto da
escludere la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del
destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, solo quando
esso sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni
attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed
imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da
ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore”.
La circostanza poi che si trattasse di operaio esperto e
ben a conoscenza della prassi di operare su balle di cellulosa che rischiavano
di cadere in quanto inzuppatesi di acqua non ha fatto altro, secondo la Sez.
IV, che aggravare il livello di negligenza dell'imprenditore e mettere in
evidenza che la causa dell'evento fosse stata indubbiamente l'inosservanza
delle specifiche norme antinfortunistiche indicate nel capo di imputazione, e
cioè il non avere adottato alcuna forma di prevenzione per evitare la caduta
delle balle in zone dove operavano i dipendenti, oltre a non avere informato
gli stessi sul rischio specifico, il non avere provveduto ad una adeguata formazione in materia di sicurezza e
salute, nonché l’inosservanza del generico principio di cui all'articolo
2087 c.c., secondo il quale l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio
dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e
la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità
morale dei prestatori di lavoro.
Quindi il datore di lavoro, ha proseguito la Sez. IV, era
ben a conoscenza del pericolo derivante dall'impacchettamento delle balle di
cellulosa, e, anche se non lo fosse stato, si sarebbe riscontrata da parte sua una
grave negligenza, dato che tale prassi imprudente si protraeva già da alcuni
anni.
In merito poi all’osservazione dell’imputato relativa
alla esperienza pratica del lavoratore infortunato, la Corte di Cassazione ha
precisato che “
illogica è la tesi del
ricorrente, secondo la quale la formazione pratica era più importante di quella
teorica, consistendo peraltro tale formazione nella ‘consapevolezza del rischio’,
e nulla avendo fatto l'imprenditore per eliminare la situazione di pericolo,
condotta che già da sola configura il nesso di causalità tra la colpa del
datore di lavoro e l'evento”. L’esperienza pratica del lavoratore o la
conoscenza del pericolo da parte dell’infortunato non avrebbe potuto esonerare peraltro
il datore di lavoro dalla effettuazione di una valutazione dei rischi,
dall’apporre la opportuna segnaletica e dal procedere ad applicare le norme antinfortunistiche,
la cui osservanza è il presupposto di una condotta idonea ad evitare incidenti.
“
Ne consegue”,
ha quindi concluso la suprema Corte, “
che
la condotta, pur imprudente del (lavoratore infortunato
) non è da ritenere affatto
talmente imprevedibile ed eccezionale da interrompere il nesso di causalità,
essendo anzi evidente che nella fattispecie il suo datore di lavoro, era ben a
conoscenza del protrarsi di prassi di lavoro altamente imprudenti ed
inosservanti della disciplina antinfortunistica, e ciononostante non abbia
fatto nulla per rimuovere tale situazione di rischio, né eliminando i fattori
di pericolo, e nemmeno provvedendo ad adeguata formazione ed informazione dei
dipendenti”.
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