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"Movimenti ripetuti: valutare il rischio da sovraccarico biomeccanico"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
27/09/2012 - PuntoSicuro ha spesso sottolineato come la
ripetitività nelle attività lavorative sia un fattore da valutare
con molta attenzione. Può infatti determinare un sovraccarico
biomeccanico degli arti superiori (SBAS) con la conseguenza di traumi e
infortuni da sforzo e di microtraumi che si ripetono nel tempo con effetto
cumulativo ( patologie muscolo
scheletriche).
Ci
soffermiamo oggi sulla
valutazione del
rischio da sovraccarico biomeccanico da movimenti ripetuti degli arti superiori
riprendendo la presentazione di una tesi di Ilenia Marfisi, presentata al Corso
di Laurea in Tecniche della Prevenzione negli Ambienti e Luoghi di Lavoro e
premiata dall’Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro ( AiFOS) in relazione ad
un accordo con le Università degli Studi de L’Aquila e “G. D’Annunzio” di
Chieti-Pescara.
In
“ Rischio da
sovraccarico biomeccanico degli arti superiori in un’industria di abbigliamento” si indica che per
la valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico da movimenti ripetuti
degli arti superiori, si devono innanzitutto considerare i “seguenti
fattori di rischio, in relazione alla
durata dell‘intero tempo netto di lavoro ripetitivo:
-
frequenza di azione elevata;
-
uso eccessivo di forza;
-
posture e movimenti degli arti superiori incongrui e/o stereotipati;
-
carenza di periodi di recupero adeguati”.
A
questi fattori vanno poi altri
fattori
complementari del rischio, considerati amplificatori del rischio.
Dopo
aver riportato le principali
definizioni
dei termini ricorrenti nella valutazione dell‘esposizione, la tesi ricorda
che lo studio su una determinata attività lavorativa “deve tener conto oltre
che dei fattori di rischio anche delle
variabili
per l‘analisi del lavoro organizzato, il cui risultato deve essere sia
dettagliato ma anche capace di riassumere in una visione unitaria l‘intero
lavoro”.
Un
idoneo percorso di analisi si può articolare nelle seguenti
tappe:
-
“individuazione dei compiti caratterizzanti un lavoro e fra di essi quelli che
si compiono, per tempi significativi, secondo cicli ripetuti uguali a se stessi
per più della metà del tempo: i compiti ripetitivi;
-
individuazione, in uno o più cicli rappresentativi o comunque in periodi
rappresentativi di ciascun compito ripetitivo, della sequenza e del numero
delle azioni tecniche;
-
descrizione e quantificazione, in ciascun ciclo o periodo rappresentativo, dei
fattori di rischio: frequenza, forza, posture incongrue, stereotipia e
complementari;
-
ricomposizione dei dati riguardanti i cicli, in relazione ai compiti e al turno
di lavoro, considerando le durate dei diversi compiti e dei periodi di
recupero;
-
valutazione sintetica e integrata dei fattori di rischio per l‘intero turno di
lavoro”.
Dunque
la
prima fase da analizzare in uno
schema di lavoro organizzato è “l‘
individuazione
dell‘orario di lavoro, dei compiti lavorativi svolti nel turno, della
presenza di pause programmate o di altre interruzioni di attività, della
presenza di significativi tempi di attesa o tempi passivi interni al ciclo”.
Ad
esempio per quanto riguarda l‘individuazione dell‘orario di lavoro “bisogna
tener conto della distribuzione oraria dei turni: se il turno è unico,
generalmente di 8 ore con una pausa mensa centrale non compresa nell‘orario di
lavoro, o ci sono più turni”.
Vi
rimandiamo alla lettura della tesi per i dettagli riguardo a queste fasi della
valutazione, anche con riferimento all’
analisi
organizzativa e il calcolo del tempo netto di ciclo che può essere condotta
“utilizzando le apposite schede previste per l‘utilizzo del
metodo OCRA”. Ricordando che “per
ottenere il tempo netto di ciclo (espresso in secondi) bisogna dividere il
tempo netto di lavoro ripetitivo per il numero di pezzi (cicli) lavorati nel
turno”.
La
norma
ISO 11228-3 (Ergonomics —
Manual handling — Handling of low loads at high frequency) presenta un
approccio generale ai metodi che consiste nell’identificare i “principali
fattori di rischio, che possono essere presenti in un’attività lavorativa, e
stabilire se possono essere determinanti nell‘ instaurarsi di patologie a
carico degli arti superiori”. In particolare il metodo OCRA “analizza ciascun
fattore per poi riunirli in un‘ unica formula che permette di valutare il
risultato ottenuto e quindi provvedere in fase di progettazione o
riprogettazione dei posti di lavoro e dei compiti lavorativi, ad una riduzione o eliminazione di elementi che
possano esporre i lavoratori a rischio da
sovraccarico biomeccanico”.
Come
già ricordato, i
fattori di rischio
principali sono rappresentati da:
-
frequenza di azione: se la
ripetitività è uno dei rischi maggiori per le sindromi degli arti
superiori,
“per quantificare e valutare la ripetitività dei movimenti bisogna far
riferimento alla frequenza d‘azione, che risulta dal conteggio delle azioni
tecniche in un ciclo, riferite all‘unità di tempo (espressa in minuti). Per
ognuna di queste azioni tecniche si analizzerà la presenza di posture
incongrue, il livello di forza, eventuali fattori complementari”. Per stimare
le effettive azioni tecniche “è indispensabile video-filmare l‘attività
lavorativa e riesaminarla a rallentatore. In caso di compiti complessi si può
procedere alla descrizione delle azioni tecniche attraverso l‘ausilio di
personale esperto di tale compito o consultare documenti di analisi del lavoro,
disponibili nell‘ azienda, che riportano in successione le fasi presenti nel
ciclo”. L’autrice della tesi descrive nel dettaglio i vari criteri per la
definizione e il
conteggio delle azioni
tecniche. Il calcolo della frequenza “consente una valida progettazione del
lavoro e una stima dell’effetto sulla salute”;
-
uso di forza: la forza è “l‘impegno
biomeccanico necessario per compiere una o più azioni tecniche. La forza può
essere interpretata sia come forza esterna (forza applicata) o interna
(tensione sviluppata nei tessuti miotendinei e periarticolari). Lo sviluppo di
forza durante l‘attività lavorativa è allacciato alla movimentazione, al
mantenimento di oggetti o strumenti di lavoro, al mantenimento costante di una
posizione di un determinato segmento corporeo, quindi ad azioni sia dinamiche
che statiche. L‘interazione di forza e frequenza delle azioni, va ad accrescere
il rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico”. La tesi ricorda, ad
esempio, che sono “da
evitare
movimenti veloci e strattoni, inoltre si ricorda che la rugosità delle
superfici degli utensili (presa grip) influenza la forza da applicare per
tenerli saldi e affatica inutilmente i muscoli”. In particolare la
quantificazione della forza utilizzata può avvenire attraverso un‘appropriata
scala “
BORG CR10 SCALE”;
-
posture scorrette: “la postura
assunta durante l‘ esecuzione dei compiti ripetitivi, concorre a determinare il
rischio di patologie a carico
degli arti superiori.
Sono qualificate come deleterie le posture e i movimenti estremi di ogni
articolazione, le posture mantenute in modo prolungato, i movimenti ripetuti
uguali a se stessi in modo frequente (
stereotipia).
Le caratteristiche del posto di lavoro, come lo spazio circostante il
lavoratore, o la sedia sulla quale egli è seduto influenzano la postura che
assume il lavoratore. Sarebbe adeguato permettere al lavoratore di decidere
liberamente di scambiare posizioni sedute con quelle in piedi”. La tesi indica
che la
valutazione delle posture
dell‘arto superiore “viene condotta su un ciclo rappresentativo di ogni
compito ripetitivo osservato, riportando, distintamente per l‘arto destro e
sinistro, la frequenza e la durata delle posizioni e/o movimenti dei quattro
principali segmenti anatomici” (braccio, gomito, polso e mano);
-
insufficienti periodi di riposo: il
periodo di recupero “è definito come un
lasso di tempo in cui si ha una sostanziale inattività di uno o più gruppi
mio-tendinei”. Ad esempio; “le pause di lavoro, ufficiali e non, compresa la
pausa pasto; i periodi di svolgimento di compiti lavorativi che comportano il
sostanziale riposo dei gruppi muscolari, impegnati precedentemente in compiti”;
periodi, che all‘interno del ciclo, comportano il completo riposo dei gruppi
muscolari.
L‘
analisi dei periodi di recupero
“verifica innanzitutto la loro presenza, poi ne valuta la durata e la frequenza
all‘ interno del turno di lavoro”. Si ricorda in particolare che “non sono
ammissibili periodi di lavoro, con movimenti ripetitivi, che si protraggono per
più di 60 minuti, senza periodi di recupero. Il rapporto tra tempo di lavoro e
tempo di recupero deve essere 5:1 (non è accettabile un rapporto 4:1 oppure
10:1), quindi un rapporto ottimale è di 50 minuti di lavoro ripetitivo e 10
minuti di recupero”.
Infine
qualche cenno ai
fattori di rischio
complementari (o addizionali) che devono essere considerati nella
valutazione dell’esposizione.
Ad
esempio eventuali
fattori
fisico-meccanici possono essere: uso di strumenti vibranti che determinano
rischi per gli arti superiori; forma degli utensili, che può influenzare in
modo negativo la movimentazione; estrema precisione richiesta nel
posizionamento di oggetti; compressioni localizzate su strutture anatomiche
della mano e dell’avambraccio da parte di strumenti, oggetti o aree di lavoro;
condizioni ambientali particolari, come ambienti eccessivamente caldi o freddi,
eccessivamente umidi, con poca luce, eccessivamente rumorosi o
insalubri,...; uso di guanti che
interferiscono con l’abilita manuale richiesta dal compito; scivolosità della
superficie degli oggetti manipolati; esecuzione di movimenti bruschi o a
strappo; esecuzione di gesti con contraccolpi o impatti ripetuti.
Altri
fattori complementari sono i
fattori
psico-sociali e i
fattori
organizzativi.
I
primi, che non sono inclusi nella valutazione dell’esposizione ma sono comunque di importanza rilevante, “riguardano la
sfera individuale e sono rappresentati da: carico di lavoro, autonomia
decisionale, rapporto con i colleghi, rapporto con il datore di lavoro,
responsabilità lavorativa, sicurezza lavorativa”, ... Tali fattori generare
“stress, mobbing, che a loro volta vanno a modificare la sfera comportamentale,
cognitiva, emotiva, fisiologica provocando ulteriori fattori di rischio nel
caso di movimentazione
ripetuta”.
I
fattori organizzativi sono invece rappresentati da: “straordinario, lavoro per
incentivi, inadeguata formazione, lavoro su oggetti in rapido movimento, lavoro
a tempi predeterminati dalle macchine”.
Ilenia
Marfisi, “ Rischio da
sovraccarico biomeccanico degli arti superiori in un’industria di abbigliamento”, tesi di laurea
per il Corso di Laurea in Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi
di lavoro, Facoltà di medicina e chirurgia, Università “G. D’Annunzio” di
Chieti-Pescara, anno accademico 2010/2011 (formato PDF, 1.41 MB)
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