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"La valutazione dei rischi non indicati esplicitamente nel D.Lgs. 81/08"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
11/02/2013 - Perché il
documento di
valutazione dei rischi sia veramente il fulcro di un’efficace tutela della
sicurezza e salute dei lavoratori in azienda
è necessario che la valutazione riguardi tutti i rischi. Non solo
quelli indicati nei titoli e nei capi del Decreto legislativo 81/2008. Deve riguardare ad esempio anche i rischi che
riguardano fattori non strettamente tecnici, ma che sono legati ai modi di
lavoro e alla gestione aziendale. O i rischi che derivanti dal flusso dei
processi aziendali che impattano alla sicurezza, ad esempio in relazione al processo di
manutenzione.
Per
stimolare un nuovo approccio alla valutazione di tutti i rischi, MECQ srl ha organizzato – l’11
ottobre 2012 ad “Ambiente Lavoro Convention” di Modena - un seminario dal
titolo “
Un approccio esaustivo al DVR –
La valutazione di tutti i rischi, da quelli classici a quelli non indicati
esplicitamente nel D.Lgs. 81/08 e s.m.i., fino ai rischi insiti nelle modalità
di lavoro”.
L’intervento
al seminario di Riccardo Mariani
(Mecq
Srl) è partito dalla descrizione di come oggi viene affrontata la valutazione dei
rischi, per poi evidenziarne le carenze e offrire spunti per un possibile
miglioramento.
Partendo
dalla normativa il relatore ha ricordato alcune
caratteristiche consolidate del processo di valutazione:
- “definire una metodologia e dei criteri di VR
unica da applicare a tutti gli aspetti della azienda;
-
coordinare le varie attività che concorrono alla VR garantendo adeguatezza e
completezza;
-
fare predisporre le varie parti del DVR da soggetti tecnicamente competenti;
-
dare al datore di lavoro un chiaro quadro delle condizioni di sicurezza e
salute in azienda in modo che possa programmare correttamente le misure di
miglioramento;
-
identificare tutti i rischi residui che devono essere comunicati ai lavoratori
e individuare eventuali misure di sicurezza;
-
associare i rischi residui alle mansioni, anche per consentire di sviluppare un
adeguato protocollo sanitario”.
Riguardo
al processo di valutazione viene sottolineato tuttavia che:
-
identificare i pericoli non vuol dire
identificare solo i rischi residui;
-
è meglio avere un criterio unico di valutazione (a fronte di più metodi di
stima) per poter rendere confrontabili i vari rischi valutati e definire così
le azioni del piano di miglioramento e la loro priorità;
-
il criterio di accettabilità del rischio deve essere definito dal datore di
lavoro;
-
il criterio di accettabilità del rischio è dinamico”.
Dopo
aver ricordato il significato di
pericolo
(“situazione o atto avente il potenziale di causare un danno in termini di
infortunio o malattia o di una loro combinazione”) e
rischio (“combinazione della probabilità di accadimento di un
evento o esposizione pericolosi, e della gravità dell’infortunio o della
malattia che possono essere causati da tale evento o esposizione”),
l’intervento si sofferma sulla fase di
identificazione
dei pericoli:
-
“la identificazione dei pericoli è la parte del processo più critica perché se
non ‘vedo’ un pericolo non prendo nessuna contromisura;
-
la legge e le norme aiutano sino a un certo punto: ci spingono a identificare i
pericoli per oggetti (considero un locale, una macchina, una sostanza ecc.) e
per tipologie (meccanici, elettrici, chimici ecc.);
-
la legge poi ci chiede di associare pericoli (e relativi rischi) alle mansioni
lavorative, azione indispensabile sia per la informazione che per la
sorveglianza sanitaria”.
Tuttavia
fermandosi qui si perderebbe qualcosa...
Infatti
i
pericoli negli ambienti di lavoro derivano
da
oggetti fisici,
attività lavorative svolte e
processi aziendali.
Con
gli
oggetti fisici presenti negli
ambienti di lavoro si fa “riferimento ai pericoli introdotti da attrezzature
di lavoro, macchine e impianti industriali, sostanze pericolose e comunque
propri dell’ambiente (per es: scivolamento)”. L’identificazione di questi
pericoli porterà all’individuazione della parte maggiore dei pericoli presenti.
Nel
documento agli atti relativo all’intervento ci si sofferma su altri pericoli
non espressamente evidenziati e sono riportati diverse tipologie di pericolo. Ad
esempio in relazione all’interazione tra agenti chimici e reazioni secondarie
durante l’utilizzo nei laboratori di analisi e ricerca.
Non
basta soffermarsi sui pericoli relativi agli oggetti fisici.
Il
relatore indica che “per svolgere una attività mi muovo in azienda e quindi
sono già soggetto a dei rischi legati agli oggetti fisici con cui entro in
relazione (identificati nella precedente fase)”. Tuttavia “in aggiunta posso
essere soggetto ad ulteriori pericoli e rischi legati a come svolgo le
attività; anche questi devono essere valutati (es: attività
di movimentazione, manutenzione, pulizia etc…)”.
Stiamo
parlando in questo caso dei
pericoli delle
attività lavorative.
Alcune
considerazioni riportate nel documento:
-
“capita che in azienda una stessa attività lavorativa sia svolta diversamente a
seconda dei lavoratori che la eseguono;
-
questo (ovviamente) è un modo tutt’altro che efficiente;
-
le attività devono essere descritte (il modo migliore di svolgerle) e
all’interno della descrizione devono essere evidenziati i principali rischi”.
Per
valutare i pericoli correlati alle
attività:
-
“si elencano le azioni dell’attività (task singoli) a cui potrebbero corrispondere
più pericoli/rischi;
-
per ogni task, si identificano e si valutano tutti i pericoli/rischi. La
valutazione può essere condotta secondo UNI EN 12100-1;
-
si definiscono le misure di prevenzione e protezione da adottare per quel task
in caso di rischio iniziale tollerabile o inaccettabile;
-
si valuta il rischio residuo: se il rischio
residuo è alto (non soddisfacente) nel successivo campo note si può
spiegare perché non si può davvero fare di meglio…”.
I
pericoli di ciascuna mansione,
“verranno poi definiti al termine del processo di valutazione e saranno una
somma dei: pericoli degli oggetti fisici (ambienti di lavoro in cui verrà
espletata la mansione); pericoli delle attività svolte dalla mansione
considerata”.
Nel
documento, che vi invitiamo a visionare, sono presenti esempi di valutazione (e
di passaggio dalla valutazione all’istruzione operativa).
Concludiamo
questa breve presentazione affrontando i
pericoli
dei processi:
-
“i processi sono un insieme di attività ordinate secondo una logica per concorrere
ad un certo obiettivo; i processi quindi conterranno i rischi degli oggetti e
quelli delle attività che li compongono;
-
se in alcuni processi le attività non vengono concatenate correttamente e non
vengono definite le relative
responsabilità
si possono generare pericoli (p. es. avviamento intempestivo di un impianto
durante la manutenzione); questi si rilevano solo ragionando sui processi;
-
quindi possibili fonti di pericolo relative invece ai processi sono: mancata
definizione dei ruoli e delle responsabilità, mancata/errata definizione della
sequenza delle attività, mancata
formazione/informazione/addestramento adeguati, mancata comunicazione, etc…”.
Di quali processi
occuparsi?
Di “tutti quelli che impattano su aspetti di sicurezza”. Ad esempio gestione
emergenze, gestione appalti. Ma anche investimenti, manutenzione, acquisti di
beni di consumo, ... In pratica “se un errore nel flusso di un processo può
provocare una situazione di rischio, questo fatto deve essere noto (es. acquisto
di una sostanza chimica di un nuovo produttore, priva di scheda
di sicurezza)”.
Infine
alcune indicazioni su come condurre la
analisi
dei pericoli dei processi:
-
“partendo da un elenco dei processi aziendali (di tutti i processi);
-
alcuni saranno esclusi subito, altri potrebbero impattare sulla sicurezza,
altri impatteranno certamente;
-
si ragiona sui processi così come sono e si cerca di identificare i
pericoli/rischi;
-
si valutano i pericoli identificati: il metodo dovrà tener conto per esempio:
numero di persone che potrebbero generare il pericolo, volontarietà o meno
della fase del processo, etc…;
-
a questo punto si identificano le misure organizzative atte a mitigare il
rischio;
-
l’applicazione di tali misure deve abbassare il rischio residuo a livelli di
accettabilità”.
a
cura di Riccardo Mariani (Mecq Srl), intervento all’omonimo seminario
informativo dell’11 ottobre 2012 (formato PDF, 1.2 MB).
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