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"Esempi di modelli organizzativi: gli obiettivi e l’organo di controllo"

fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza

15/04/2013 - Col D.Lgs. 231/2001, integrato da altre disposizioni normative, è stata introdotta nel nostro ordinamento la “ responsabilità amministrativa da reato delle società” e, più in generale, degli enti. E più volte è stato rilevato come l’adozione e corretta applicazione nelle aziende di un  modello organizzativo rappresenti se non un obbligo giuridico, quanto meno una necessità per tutte quelle società che vogliano operare con la ragionevole certezza di non essere coinvolte nel meccanismo sanzionatorio previsto dal decreto.
 
Per far conoscere l’applicazione pratica dei modelli organizzativi, riportiamo alcuni modelli attuati da imprese e società italiane.
 
Ad esempio sul sito della  Compagnia Trasporti Pubblici (CTP) di Napoli è presente uno stralcio della settima revisione del “ Modello di organizzazione e di gestione ex Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231 e s.m.i.”.
 
Nel documento si ricorda che il  D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 è un decreto col quale, “al fine di meglio garantire il rispetto della legalità nell’esercizio dell’attività economica, viene imposto agli enti forniti o meno di personalità giuridica (e dunque anche alle società commerciali) un meccanismo di auto-controllo la cui mancata attuazione può comportare l’inflizione, nei confronti dell’ente stesso, di un’ampia gamma di sanzioni che si aggiungono alla pena prevista per gli autori materiali del reato e che vengono irrogate dallo stesso giudice competente a conoscere ed a punire quegli autori”.

In sostanza se una persona che rivesta (anche di fatto) “la qualifica di amministratore, dirigente, rappresentante, preposto o dipendente della società commetta, anche di propria iniziativa, ma comunque nell’interesse o a vantaggio della società stessa”, commette uno dei reati contemplati dal D.Lgs. 231/2001, la responsabilità si estende anche alla società, nei confronti della quale potranno applicarsi, “a seconda della gravità del fatto:
-  una sanzione pecuniaria (per cifre che possono arrivare ad un milione e cinquecentomila euro);
- una sanzione c.d. ‘interdittiva’, che può consistere a sua volta nell’interdizione dell’attività, nella sospensione o revoca di atti autorizzatori rilasciati dalla P.A., nel divieto di stipulare contratti con la P.A., nell’esclusione da (o nella revoca di) agevolazioni, finanziamenti, sussidi o contributi, o infine nel divieto di pubblicizzare beni o servizi;
- la confisca del prezzo o del prodotto del reato (e dunque dell’utile ricavato dalla società a seguito della commissione dell’illecito);
- la pubblicazione della sentenza di condanna;
- il commissariamento della società;
- sanzioni queste, è bene sottolinearlo, la cui severità è accresciuta dalla possibilità (è il caso in particolare delle sanzioni interdittive e del commissariamento) di anticiparne l’applicazione, se pur solo provvisoriamente, quali misure cautelari, già nella fase delle indagini preliminari”.
Nel documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, è riportata una lunga lista dei reati contemplati dal decreto 231/2001.
 
Tuttavia il decreto può “liberare” l’ente da qualsiasi responsabilità, “purché si possa dimostrare che, lungi dall’aver negligentemente agevolato la commissione del reato, esso ha fatto il possibile per evitarne la commissione da parte dei propri operatori. In particolare, l’ente dovrà poter dimostrare:
- che già prima della commissione del fatto, esso aveva adottato ed efficacemente applicato un regolamento interno (il c.d. ‘ modello organizzativo’) finalizzato ad evitare comportamenti fraudolenti da parte di chi agisce in suo nome e per suo conto;
- che il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento era stato affidato ad un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
- che gli autori materiali del reato hanno agito eludendo fraudolentemente il modello organizzativo;
- che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui sopra”.
Si ricorda inoltre che se il fatto è stato commesso da amministratori, dirigenti, rappresentanti o preposti la “ colpa d’organizzazione” si presume e “spetta dunque all’ente o società che dir si voglia provarne l’insussistenza; se invece il fatto è stato commesso da dipendenti, la colpa d’organizzazione va provata da parte di chi invece (nel processo penale, il pubblico ministero) ne sostiene il ricorrere”.
 
Veniamo dunque brevemente al modello organizzativo che - si indica nel documento - va “scrupolosamente adottato ed efficacemente attuato da chiunque, in posizione apicale, di rappresentanza o di subordinazione, si trovi ad agire in nome e per conto del CTP”.
 
All’articolo 1 del presente documento/modello si indica che lo scopo del modello è quello di dar vita ad un “sistema interno di vigilanza preventiva sulle attività della società, che consenta a sua volta, alla società stessa, di prevenire la commissione dei reati indicati dal DLgs. 231/2001 e succ. mod. da parte:
a) dei propri amministratori, rappresentanti, dirigenti, sindaci, dipendenti, subordinati o collaboratori,
b) o di chi, comunque legato alla società da un rapporto contrattuale, agisca in suo nome e per suo conto, ovvero nello interesse della stessa”.
In particolare l’obiettivo del modello è quello di:
- “consentire una costante e completa opera di ‘monitoraggio’ sulle c.d. ‘attività a rischio’, utile a sua volta a prevenire e/o contrastare con tempestività qualsiasi tentativo di commissione di reati;
- informare tutti gli operatori della società degli obblighi cui essi sono tenuti al fine di garantire il rispetto della legalità nelle attività che cadono nelle c.d. ‘aree di rischio’;
- rendere quegli stessi operatori consapevoli delle sanzioni (penali, amministrative e disciplinari) che potrebbero scaturire, nei confronti loro e della società, dall’inosservanza degli obblighi imposti dal modello;
- far sì in tal modo che l’attività della società si ispiri sempre e comunque al più scrupoloso rispetto della legge e dei princìpi fondamentali dell’etica d’impresa”.
 
Il modello consta di una parte generale e di una parte speciale.
La  prima parte “contiene i princìpi generali relativi a validità ed ambito di applicazione del modello nonché ai poteri ed alle prerogative dell’Organo di Controllo; la seconda individua le aree di rischio, nel cui ambito l’attività d’impresa è soggetta a particolari obblighi procedurali con finalità preventiva, e le figure di reato la cui probabilità di commissione, secondo paradigmi criminologici consolidati e regole d’esperienza comunemente acquisite, può dirsi, in quelle aree, particolarmente elevata”.
 
Diamo qualche informazione sui compiti e funzioni dell’ Organismo di controllo.
 
È istituito, presso il CTP, l’ Organismo di controllo sull’attuazione degli obblighi del modello organizzativo (Organismo di controllo).
Il suo compito è quello di dare effettività al modello organizzativo “attraverso il costante monitoraggio dell’attività della società nelle diverse aree di rischio e attraverso la vigilanza sul rispetto, da parte dei soggetti destinatari, degli obblighi stabiliti dal modello stesso”. E dunque a tal fine:
- “l’Organismo di controllo, nell’esercizio delle proprie funzioni, ha libero accesso ai dati ed alle informazioni aziendali utili allo svolgimento dei propri compiti istituzionali;
- gli organi sociali ed i loro componenti, nonché i soggetti indicati dall’art.1 comma I del presente modello sono, tenuti a prestare la massima collaborazione nel favorire lo svolgimento delle funzioni dell’ Organismo di controllo”.
Inoltre spetta all’Organo di controllo “il compito di monitorare l’evoluzione normativa in materia di responsabilità amministrativa dipendente da reato, segnalando all’assemblea dei soci tutte quelle innovazioni legislative che rendano necessario l’aggiornamento del presente modello”.
L’organo di controllo deve possedere le seguenti competenze:
- “conoscenza dell’organizzazione e dei principali processi aziendali tipici del settore in cui opera la società;
- conoscenze legali specifiche in materia di responsabilità da reato degli enti collettivi;
- conoscenza delle tecniche specialistiche proprie di chi svolge attività ispettiva (ad es.: campionamento statistico, tecniche di analisi e valutazione dei rischi, misure per il loro contenimento, tecniche di intervista)”.
Inoltre tale organo deve:
- “possedere un profilo etico di indiscutibile valore;
- essere destinatario di un forte commitment da parte del vertice aziendale;
- possedere oggettive credenziali di competenza (scolarità, qualifiche professionali, curriculum adeguato)”.
Questi i poteri e prerogative dell’Organismo di controllo:
- “ha libero accesso alla documentazione relativa alle operazioni nelle aree di rischio, sia essa informatica o su supporto cartaceo;
- può, ove necessario, richiedere ai soggetti indicati dall’art. 1 comma I che abbiano operato o si trovano ad operare nelle aree a rischio elencate nella parte speciale del presente modello, notizie e chiarimenti relativi agli ambiti di sua competenza;
- può monitorare l’attività aziendale ai fini di un aggiornamento della mappa delle aree di rischio;
- può promuovere iniziative per la diffusione della conoscenza del presente modello, nonché diramare istruzioni, chiarimenti o aggiornamenti relativi all’interpretazione dello stesso;
- può coordinarsi, anche convocando apposite riunioni, con i responsabili delle altre funzioni aziendali per i diversi aspetti attinenti l’attuazione del modello;
- provvede, nei limiti e nelle forme indicate nella sezione del presente modello dedicata al sistema sanzionatorio, alla irrogazione delle sanzioni disciplinari ivi previste per inosservanza degli obblighi scaturenti dal modello medesimo”.
 
Concludiamo ricordando che nel documento del CTP si riportano i dettagli del Sistema Sanzionatorio elaborato, in funzione di quanto disposto dal D.Lgs 231/2001, “al fine dare maggior forza ed effettività alle regole che compongono il presente modello”.
 
    
 
Compagnia Trasporti Pubblici (CTP) di Napoli, “ Modello di organizzazione e di gestione ex Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231 e s.m.i.”, Rev. 7 del 05.03.2010 - Revisione a seguito dell’integrazione di nuovi reati e di modifiche organizzative (formato PDF, 203 kB).
 

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