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"Indicazioni e criticità del decreto sui lavoratori stagionali"

fonte www.puntosicuro.it / Normativa

19/04/2013 - Con soli cinque anni (meno tre mesi) di ritardo, è stato emanato il previsto decreto di semplificazione degli adempimenti relativi all' informazione, formazione e sorveglianza sanitaria per i lavoratori stagionali occupati in agricoltura per non più di cinquanta giornate lavorative annue.
Avevamo già deplorato l'inciviltà sostanziale di tale omissione. In essa individuando una violazione del principio costituzionale e comunitario della uniformità delle tutele.
Tuttavia, ora il decreto c'è; e con esso vale confrontarsi [1].
 
Come risaputo, l'art. 3, comma 13, del D.Lgs. 81/08, disponeva che il Ministero del lavoro, di concerto con quello delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, provvedesse - entro novanta giorni dall'entrata in vigore del D.Lgs. 81/08- ad emanare disposizioni per semplificare gli adempimenti relativi all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria per i lavoratori stagionali del settore agricolo. Semplificazioni da applicarsi “limitatamente alle imprese che impiegano lavoratori stagionali ciascuno dei quali non superi le cinquanta giornate lavorative [annue] ”.

Il decreto interministeriale appena richiamato, è intervenuto in data 27 marzo 2013.
 
Nel suo art. 1 (Campo di applicazione), il legislatore delegato, al comma 1, stabilisce che le disposizioni del decreto si applicano “limitatamente a lavorazioni generiche e semplici non richiedenti specifici requisiti professionali”; dichiarazione anch'essa, in vero, buon esempio di genericità.
Il comma 2, pur senza alcuna delega da parte dell'art. 3, comma 13, D.Lgs. 81/08, estende l'applicazione del decreto “anche nei confronti dei lavoratori occasionali che svolgono prestazioni di lavoro accessorio di cui all'art. 70 e seguenti [fino al 74 compreso] del D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276 e s.m.” [2].
Sono, questi, i lavoratori - ex art. 70, comma 1, D.Lgs. 276/03 -  che rendono una prestazione lavorativa, anche per più committenti, la quale non superi complessivamente il compenso di 5.000 euro nel corso di un anno solare.
Sbaglierò, ma un legislatore attento, avrebbe specificato il riferimento al comma 2 dell'art. 70; essendo quello il comma che decide l'applicazione delle disposizioni (generali) del comma 1 al settore agricolo.
Sulla sconcertante predisposizione del legislatore a scrivere norme raffazzonate, basti ricordare che il testo originario dell'art. 70, comma 2, del D.Lgs. 276/03, recitava al proposito: 
2. Le attività lavorative di cui al comma 1, anche se svolte a favore di più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, intendendosi per tali le attività che coinvolgono il lavoratore per una durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare e che, in ogni caso, non danno complessivamente luogo a compensi superiori a 3 mila euro sempre nel corso di un anno solare.”
 
Successivi interventi legislativi, avevano così modificato il comma 2:
 
“2. Le attività lavorative di cui al comma 1, etc....attività che non danno complessivamente luogo, con riferimento al medesimo (!) committente, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare.”
 
con l'ovvia e inevitabile conseguenza di ampliare ad libitum la possibilità di prestazione presso diversi committenti, alla sola condizione di non superare, per ciascuna prestazione, il limite di 5.000 euro su base annua.
 
Questa meravigliosa capacità di formulazione delle leggi, verrà successivamente messa in discussione. Talché, oggi, troviamo il comma 2 ragionevolmente corretto (nel comma 1, secondo l'ultima formulazione):
“1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare,  ...Fermo restando il limite complessivo di 5.000 euro nel corso di un anno solare, nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti, le attività lavorative di cui al presente comma possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro,..”
 
 
L' art. 2 del decreto del 27 marzo 2013 tratta invece delle “Semplificazioni in materia di sorveglianza sanitaria”; ed io, mi si scusi, a questo punto mi perdo.
 
Fatto salvo - dice il comma 1 - l'obbligo della sorveglianza sanitaria per le lavorazioni che comportano esposizione a rischi specifici, per le altre (dunque, è da supporre, non soggette all'obbligo) “gli adempimenti in materia di controllo sanitario [?] si considerano assolti, su scelta del datore di lavoro, ...,mediante visita preventiva [si dimentica di scrivere: “in fase preassuntiva”] , da effettuarsi dal [magari: “da parte”] del medico competente ovvero dal dipartimento di prevenzione della ASL.
 
Dunque, un datore di lavoro che utilizzi un lavoratore stagionale/occasionale per fargli svolgere  “lavorazioni generiche e semplici non richiedenti specifici requisiti professionali” e che non comportino rischi specifici tali da giustificare la sorveglianza sanitaria, dovrà comunque contrattualizzare un medico competente per lo svolgimento delle visite; o (per fortuna?) rivolgersi all'ASL.
 
Questo pasticcio, per chi lo ricorda, è un portato del D.Lgs. 106/09, nella parte in cui interveniva a modifica dell'art. 41 del D.Lgs. 8 aprile 2008 n. 81, introducendo col comma 2-bis la possibilità, su scelta del datore di lavoro, delle visite mediche preassuntive “svolte... dal medico competente o dai dipartimenti di prevenzione delle ASL.”.
Ma se comunque il legislatore delegato voleva davvero procedere ad una efficace semplificazione (travalicando le peraltro striminzite indicazioni dell'avviso comune del 16 settembre 2011), avrebbe dovuto, a mio modesto parere, affidare davvero il compito delle visite alle sole ASL, prevedendo il corrispondente  sostegno alle stesse.
 
Il comma 2 decide che :
“La visita medica preventiva.. ha validità biennale e consente al lavoratore idoneo di prestare, senza la necessità di ulteriori accertamenti medici, la propria attività di carattere stagionale, nel limite di 50 giornate l'anno, effettuate anche presso altre imprese agricole, senza la necessità di ulteriori accertamenti medici”.
 
Si noterà come si proceda, qui, ad una straordinaria valorizzazione dell'implicito. Spiriti più semplici, quale il mio, avrebbero magari aggiunto un “sempre che in ciascuna di esse non sia prevista l'adibizione a lavorazioni che comportino esposizione a rischi specifici in relazione ai quali debba essere garantita la sorveglianza sanitaria; oppure, assai più semplicemente: “sempre che in ciascuna di esse non sia prevista l'esposizione ai rischi di cui al comma 1”.
 
Nel comma 5, il richiamo alla possibilità per gli enti bilaterali (?) e gli organismi paritetici  di operare “convenzioni con le ASL per effettuare la visita medica preventiva preassuntiva [..compare, finalmente, il secondo qualificativo] ” , apre uno spazio che il legislatore delegato non si è sentito evidentemente in grado di aprire da solo.
Anche per ciò, a mio avviso, è da ritenersi che le visite contemplate in tali convenzioni siano da porsi a carico dell'organismo paritetico (seppur nell'ambito pratico della canalizzazione bilaterale).
 
Meno chiara - e forse contraddittoria; e probabilmente con profili di illegittimità [3] - è la previsione successiva di “convenzione con medici competenti in caso di esposizione a rischi specifici” da parte degli OOPP.  Tali visite convenzionate sarebbero da collocarsi all'interno dell'obbligo di “effettuare la sorveglianza sanitaria”.
Assolutamente criptica infine, rispetto alle mie povere capacità cognitive, la conclusione:
“.. In tal caso, il giudizio di idoneità del medico competente opera i suoi effetti nei confronti di tutti i datori di lavoro convenzionati.”
 
L' art. 3 (Semplificazioni in materia di informazione e formazione) stabilisce che “Gli adempimenti relativi.. si considerano assolti mediante consegna al lavoratore di appositi documenti, certificati dalla ASL ovvero dagli enti bilaterali [?] e dagli organismi paritetici  del settore agricolo e della cooperazione.”
 
Per i lavoratori stranieri con difficoltà di comprensione della lingua, tali documenti dovranno essere garantiti nella lingua madre.
In tale ipotesi, è mia convinzione che la documentazione informativa e formativa debba esser resa disponibile, anche con modalità informatiche, dall'ASL e/o dall'organismo paritetico. O, meglio, dall'impegno congiunto di ASL e organismo paritetico,
 
Da non trascurare, nella prospettiva di costituzione e di legittimità degli organismi paritetici di settore, è il riconoscimento da parte del decreto interministeriale delle organizzazioni sindacali e datoriali  maggiormente rappresentative.
 
Il D.I. stabilisce infatti nel considerato:
“CONSIDERATO   l'avviso comune stipulato in data 16 settembre 2011 dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative del settore sul piano nazionale”
Per parte sindacale, esse sono rappresentate da FLAI-CGIL, FAI-CISL, UILA-UIL, firmatarie dell'avviso comune “recante indicazioni per l'attuazione dell'art. 3, comma 13, del D.Lgs 9 aprile 2008, n. 81”.
 
 
 
Pietro Ferrari
Dipartimento Salute Sicurezza Ambiente Camera del Lavoro di Brescia



[1] Decreto interministeriale del 27 marzo 2012 (in G.U. n. 86 del 12 aprile 2012) concernente le disposizioni per semplificare gli adempimenti relativi all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori stagionali e occasionali del settore agricolo.
[2] Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276   "Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30".
[3] mentre infatti l'art. 10 del D.Lgs. 81/08 chiama -tra altri- le ASL e gli organismi paritetici, “anche mediante convenzioni” a compiti di assistenza in materia di SSL, l'art. 18 obbliga il datore di lavoro a “nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo”. Sorveglianza sanitaria i cui oneri sono “a cura e spese del datore di lavoro” (art. 41, comma 4).

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