News
"La sicurezza di un’equipe di persone che operano su una stessa macchina"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
17/06/2013 - Viene presa in considerazione in questa sentenza della Corte di
Cassazione la sicurezza sul lavoro di un equipe di persone che operano
presso una stessa macchina o presso uno stesso impianto e gli obblighi
di organizzazione e di coordinamento posti in tal caso a carico del
datore di lavoro. Questi, ha infatti sostenuto la suprema Corte, deve
fornire a queste persone una informazione e una formazione finalizzate a
garantire il coordinamento fra le stesse e ad evitare che qualcuna di
esse assuma delle decisioni e prenda delle iniziative che possano
compromettere la sicurezza delle altre. Deve altresì adottare delle
precise misure di sicurezza dirette specificatamente a impedire che gli
eventuali difetti di coordinamento o di informazione, o che gli errori
di comprensione o dovuti alla mancanza di una visione d'insieme del
lavoro da parte dei componenti dell'equipe, possano determinare
l’esecuzione di operazioni pericolose.
Il caso e l’iter giudiziario
Il Tribunale ha riconosciuto il datore di lavoro e
amministratore unico di una società colpevole del reato di cui all'articolo 590
c.p., comma 3, in relazione all'articolo 583 c.p., comma 1 n. 2, per aver
cagionato presso una sua unità produttiva ad un lavoratore dipendente della società stessa con
contratto di lavoro a progetto, lesioni personali gravi consistite nella
"amputazione falange distale primo dito della mano sinistra" in
conseguenza delle quali lo stesso lavoratore ha riportato un'incapacità di
attendere alle proprie ordinarie occupazioni per un tempo superiore a 40
giorni, e ciò per colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia,
violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui al D. Lgs. n.
626/1994, articolo 4, comma 2, e articolo 35 in quanto:
a) non ha valutato i rischi legati alla
realizzazione, costruzione, messa in funzione, montaggio e smontaggio, manutenzione e riparazione, regolazione e registrazione delle
macchine ideate e progettate nello stabilimento, per la messa in produzione di
particolari metallici, per conto terzi su commessa, e non ha analizzato i
pericoli legati all'utilizzo delle attrezzature di lavoro e delle macchine in
relazione alle lavorazioni eseguite e il conseguente programma ritenuto
opportuno per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
b) ha
omesso di attuare misure tecniche atte a ridurre al minimo i rischi
connessi alle fasi di lavorazione relative alla realizzazione, costruzione,
messa a punto e registrazione delle macchine, ideate e progettate nello
stabilimento della società, in quanto veniva rilevata l'assenza di procedure
legate alla realizzazione, messa a punto e registrazione delle macchine per
piegatura di alcuni profili metallici.
L’infortunio al lavoratore era accaduto
mentre lo stesso era intento a regolare un "riferimento" per la
piegatura della lamiera con le mani all'interno degli organi di movimento del
macchinario allorquando un collega ha avviata la macchina che, in automatico,
ha messo in moto tutte le sue parti, ivi compresa la zona in cui stava operando
il lavoratore. Le lamine del "riferimento" in cui lo stesso aveva
inserito le mani gli hanno colpito il pollice, procurandogli le lesioni
sopraindicate con l'aggravante che a seguito del fatto ha riportato
l'indebolimento permanente di un organo interessante la funzione prensile,
un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a
40 giorni e con l'ulteriore aggravante del fatto commesso in violazione delle
norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Il Tribunale ha quindi inflitto all'imputato
la pena di euro 1.000,00 di multa (pena sospesa), oltre alla condanna al
pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni in favore della
parte civile, nei cui confronti ha liquidato la somma di euro 3.000,00 a titolo
di provvisionale. Successivamente la Corte d'appello ha rideterminato la pena,
irrogando all’imputato la sanzione della multa nella minore misura di euro
200,00 confermando nel resto la sentenza impugnata.
Il ricorso in Cassazione e le decisioni della suprema
Corte
Avverso la sentenza d'appello l’imputato ha
proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza
sostenendo l’inesistenza della violazione posta a base del capo di imputazione.
Secondo il ricorrente, infatti, nel caso in esame di specie gli specifici
rischi connessi all'esecuzione della lavorazione in corso erano stati
adeguatamente presi in conto e ricondotti entro la soglia del rischio
consentito mediante la scelta corretta del personale esecutivo, la perfetta
visibilità dal pulpito della zona di lavorazione, l'assoluta linearità del
compito spettante al manovratore della macchina e le istruzioni verbali più
volte fornite dal datore di lavoro e dal responsabile della produzione al fine
di raccomandare a ciascun lavoratore il dovere di agire con la massima
avvertenza e prudenza. L'evento lesivo, secondo il ricorrente, doveva viceversa
ritenersi conseguenza della condotta assolutamente anormale seguita dal collega
del lavoratore infortunato il quale si era sottratto all'adempimento della
regola precauzionale allo stesso imposta di azionare la macchina dallo stesso
governata soltanto dopo che il collega si fosse allontanato dalla macchina.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso
infondato e lo ha pertanto rigettato. La suprema Corte ha fatto presente che il
giudice d'appello aveva espressamente rilevato come nel documento relativo alla
valutazione dei rischi connessi all'azionamento e all’arresto incontrollato e/o
accidentale della piegatrice non fosse tenuto nel debito conto della
circostanza che la fase della messa a punto della macchina doveva essere
effettuata da una squadra di almeno due operai, con la conseguente creazione di
un doppio fattore di aumento del rischio, costituito, da un lato, dalla
circostanza che il prototipo non poteva essere ancora munito di tutti i
dispositivi di sicurezza propri del macchinario finito e, dall'altro, che gli
addetti al dispositivo sarebbero dovuti intervenire sul macchinario in coppia,
ma con compiti distinti.
La Corte territoriale aveva quindi
giustamente “
sottolineato come si
profilasse, nell'occasione, l'insorgenza di un complesso di pericoli
caratteristici, segnatamente legati ai sempre possibili difetti di
coordinamento o di informazione, da errori di comprensione o dovuti alla
mancanza di una visione d'insieme del lavoro da parte dei membri della squadra,
necessariamente destinata a lavorare in equipe” e aveva messo in evidenza
che era “
propriamente mancata l'adozione
di precise misure di sicurezza, specificamente dirette a impedire che i
menzionati difetti di coordinamento o di informazione, o che gli errori di
comprensione o dovuti alla mancanza di una visione d'insieme del lavoro da
parte dei componenti dell'equipe, determinassero l'avvio del macchinario
proprio durante le operazioni di messa a punto, che richiedevano
necessariamente l'inserimento delle mani della zona pericolosa”. La Sez. IV
ha quindi precisato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la
corte territoriale aveva specificamente indicato, in termini positivi, come
l'infortunio in esame avrebbe potuto essere evitato, qualora il datore di
lavoro, conscio dei rischi prevedibili ex ante connessi alla fase di messa a
punto del prototipo, avesse dato precise disposizioni agli operai in ordine
alle procedure di
sicurezza da adottare, sì da impedire l'avvio del
macchinario da parte dell'addetto al pulpito di comando, in assenza di un
chiaro segnale di consenso da parte del collega, il quale era obbligato a
operare con le mani all'interno della zona pericolosa, cui doveva
necessariamente accedere per regolare il riferimento e/o a rimanere nei pressi
della stessa durante le prove di curvatura per reggere il pezzo operazione, quest'ultima, eseguita nella
prassi con le mani anziché con le pinze, che avrebbero garantito una maggiore
distanza dalla zona pericolosa.
La Corte suprema ha quindi concluso che il
giudice d’appello aveva correttamente individuata una carenza “
delle misure di sicurezza dirette a impedire
che i difetti di coordinamento o d'informazione, gli errori di comprensione o
quelli dovuti alla mancanza di una visione d'insieme del lavoro da parte dei
componenti dell'equipe, determinassero l'avvio del macchinario proprio durante
le operazioni di messa a punto, sottolineando altresì come lo stesso imputato
fosse perfettamente consapevole dei rischi connessi alla fase della messa a
punto, senza che ciò lo spingesse all'adozione di misure cautelari ulteriori e
diverse dalle generiche raccomandazioni alla prudenza inammissibilmente impartite
per via orale; raccomandazioni per loro natura inidonee a consentire di
ritenere assolti gli obblighi connessi alla posizione di garanzia rivestita
dall'imputato e funzionali alla tutela dell'incolumità dei lavoratori
nell'ottica della prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1129 volte.
Pubblicità