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"Variazione di volumetrie e superfici occupate: differenze tra ricostruzioni e nuove costruzioni"

fonte www.lavoripubblici.it / Edilizia

03/07/2013 - Ristrutturazioni edilizie: all'interno di tale concetto, come previsto dall'art. 31, lett. d), della legge 457/1978, rientrano esclusivamente gli interventi attinenti alla modifica o alla sostituzione di tutti o alcuni degli elementi costitutivi dell'edificio che lascino inalterati la forma, il volume e l'altezza del manufatto. Questa la motivazione con la quale il Consiglio di Stato ha respinto l'appello che alcuni privati avevano proposto contro il Comune di Senigallia per la riforma della sentenza del T.a.r. Marche n. 1193/2001, concernente la demolizione di opere edilizie e il ripristino dello stato dei luoghi, a cui era seguita anche un ricorso in primo grado per il provvedimento di diniego di concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell'art. 13, l. n. 47/85.

In primo luogo, nella sua decisione, il Collegio ha rilevato che, nell'ambito delle opere edilizie, la semplice ristrutturazione si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, i nteressino un edificio del quale sussistano (e rimangano inalterate) le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre si parla di ricostruzione quando queste componenti siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria, né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro

Quando si verificano invece tali aumenti, si verte invece in ipotesi di nuova costruzione, da considerare tale - per il computo delle distanze rispetto agli edifici contigui come previste dagli strumenti urbanistici locali, nel suo complesso - quando il sistema urbanistico contenga espressamente una norma con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni vengano estese anche alle ricostruzioni, oppure, qualora una norma del genere non esista, solo per quanto riguarda parti eccedenti le dimensioni dell'edificio originario.

Ciò significa che "la semplice constatazione dell'aumento di superficie e di volumetria è sufficiente a rendere l'intervento edilizio non riconducibile al paradigma normativo della ristrutturazione e all'esonero dall'osservanza delle distanze legali previsto per detto tipo di interventi" (Cassazione civile, sez. un., 19 ottobre 2011, n. 21578). Nel caso in esame, i lavori abusivi eseguiti sono quindi da classificare come opere ex novo, e non come ristrutturazione, in quanto parte del fabbricato preesistente è stato conglobato in un nuovo manufatto, configurandosi quindi come un organismo edilizio diverso, con dimensioni maggiori sia in pianta che in altezza e con conseguente incremento della volumetria.

Palazzo Spada ha anche chiarito come la nozione di pertinenza in ambito edilizio abbia un significato più circoscritto e si fondi sulla mancanza di autonoma destinazione e autonomo valore del manufatto pertinenziale, sul suo non incidere sul carico urbanistico, sulle ridotte dimensioni, tali da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio: caratteristiche queste non presenti nel manufatto oggetto del provvedimento di demolizione e dunque non classificabile né giudicabile, sotto un profilo amministrativo, secondo tale criterio.

Di rilievo anche la decisione in merito alla conferma sul diniego di sanatoria: seguendo l'orientamento giurisprudenziale in materia (cfr., anche Consiglio di Stato, sez. V, 11 gennaio 2011, n. 79 e Consiglio di Stato, sez. VI, 24 settembre 2010, n. 7129), l'ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è stata sufficientemente motivata dall'oggettivo riscontro dell'abusività delle opere e dalla sicura assoggettabilità di queste al regime concessorio, non rendendo necessario alcun ulteriore obbligo motivazionale, come ad esempio il riferimento ad eventuali ragioni di interesse pubblico. Un diniego di sanatoria ulteriormente giustificato dalla violazione dell'art. 19 delle N.T.A., norma relativa proprio all'aumento di volumetria e del carico urbanistico sull'area.


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