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"Pubbliredazionale - Tecnostress: a rischio 1,8 milioni di lavoratori"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
22/07/2013 -
Sono 2 milioni i lavoratori a rischio tecnostress in Italia.
Il giornalista Enzo Di Frenna, presidente di Netdipendenza Onlus, lo
rivela nel nuovo libro “Prevenzione tecnostress in azienda e sicurezza
sul lavoro”, in cui ha individuato
nove categorie a rischio: networkers, lavoratori ict, operatori di call center, commercialisti, giornalisti, pubblicitari e analisti finanziari.
Nel
complesso si tratta di 1.849.732 lavoratori che fanno largo uso di
computer, internet, smartphone e tecnologie mobili touchscreen. «In
Italia ci sono 22 milioni di “mobile surfer” e 7,3 milioni di “mobile
workers, secondo i dati del Politecnico di Milano e Assinform. I
lavoratori digitali sono forte in aumento. Tra febbraio e maggio scorso
Netdipendenza Onlus ha realizzato quindi
due ricerche da
cui emerge che il tecnostress è un rischio professionale per almeno due
milioni di lavoratori, che possono contrarre la nuova malattia», spiega
Di Frenna.
Il libro è in uscita in questi giorni e contiene anche
un sondaggio condotto tra i 2 mila operatori dell’Associazione Nazionale Formatori Sicurezza sul Lavoro (AiFOS),
che applicano il Testo Unico 81/2008 e aiutano le aziende a prevenire
incidenti, infortuni e malattie professionali. Il 60% dei formatori
ritiene che il tecnostress sia
un rischio per la salute dei lavoratori, mentre l’80% rivela che i
lavoratori lamentano alcuni dei disturbi tipici del tecnostress: mal di
testa, ipertensione, alterazione della memoria, ansia, insonnia e
disturbi gastriintestinali. Secondo i formatori dell’AiFOS i lavoratori
sono poco informati sul rischio tecnostress e il 90% ritiene necessaria
un’adeguata formazione per prevenire la malattia professionale.
Per questo motivo Netdipendenza Onlus ha progettato
il primo corso sul “Rischio tecnostress lavoro correlato”, autorizzato dall’AiFOS ai sensi del Testo Unico 81/2008,
a cui possono partecipare lavoratori, datori di lavoro, medici,
psicologi e operatori della sicurezza (Rls, Rssp, Aspp), ottenendo un
attestato valido che risponde all’obbligo normativo di valutare lo
stress nelle aziende, entrato in vigore nel 2010, ed effettuare gli
interventi di formazione previsti dalla normativa. Il corso sarà
presentato ufficialmente alla fiera Ambiente Lavoro, che si terrà a
Bologna dal 16 al 18 ottobre, rivolgendosi ai professionti chi si
occupano di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il libro di Di Frenna contiene in
apertura tredici interventi sul tecnostress firmati da esponenti delle
istituzioni, associazioni di categoria e grandi imprese:
Lorenzo Fantini, direttore della
divisione salute e sicurezza del ministero del Lavoro e presidente della
Commissione sullo stress lavoro correlato; Giuseppe Lucibello, direttore
generale
dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro
(Inail); Raffaele
Guariniello,
giudice presso la Procura di Torino, esperto di salute e sicurezza sul
lavoro; Alberto Zunino, direttore generale dell’Associazione Nazionale
dei Contact
Center in Outsourcing (Assocontact); Paolo Angelucci, presidente
dell’Associazione Italiana per l’information Technology (Assinform);
Michele Ficara Manganelli, presidente di
Assodigitale; Mario
Modica,
direttore generale Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti;
Rocco Vitale e Francesco Naviglio, presidente e segretario
generale dell’Associazione Nazionale Formatori Sicurezza sul Lavoro
(AiFOS); Matteo Meroni, direttore del
quotidiano PuntoSicuro e amministratore di MegaitaliaMedia; Mario
Civetta, presidente dell’Ordine
dei Commercialisti di Roma; Giuseppe De Paoli, responsabile Sindacato
Networkers -
UIL Tucs; Davide
Draghi,
country manager Sony Mobile Italia; Agostino Santoni, amministratore
delegato
Cisco Italia. Il tono dei loro interventi converge sulla necessità di
prevenire
il tecnostress nell’epoca dell’economia digitale.
Lorenzo Fantini, dirigente del
ministero del Lavoro, conferma che il tecnostress è un nuovo rischio per la
salute dei lavoratori e si impegna a includere il problema nelle linee guida
dello "Stress lavoro correlato", di cui all’articolo 28 del Testo Unico 81 del
2008. «Lo stress è certamente un rischio che interesserà un numero sempre
maggiore di lavoratori – spiega Fantini – e ciò perché la società moderna è
sempre più digitale e veloce: si fa un largo uso di tecnologie informatiche,
strumenti di videocomunicazione, e soprattutto di Internet, che ormai è come un
grande archivio universale a cui attingere informazioni di continuo. Poi ci
sono i ritmi di lavoro, spesso incalzanti: i manager e i lavoratori
dell’information and communication technology, ad esempio, sono fortemente
esposti al rischio tecnostress». Fantini, in qualità di presidente della
Commissione permanente sullo Stress promossa dal ministero del Lavoro,
incaricherà un gruppo di esperti e tecnici per capire in che modo il
tecnostress incide sulla salute del lavoratore e predisporre eventuali
indicazioni per ridurre e prevenire il rischio nelle aziende moderne.
Un
segnale importante, che coinvolge per la prima volta il Ministero del Lavoro
sul rischio tecnostress.
Anche Giuseppe Lucibello, direttore
generale dell’Inail, si schiera per la prevenzione della nuova malattia
professionale. «Credo che lo stress lavoro correlato e il tecnostress
rappresentino in qualche modo “l’amianto del futuro” – dichiara Lucibello -
cioè una condizione diffusa e ad alto rischio per la salute dei
lavoratori, che può invalidare anche in modo grave».
La conferma che si tratti
di una vera emergenza arriva anche dal giudice Raffaele Guariniello della
Procura di Torino, autore della prima sentenza sul tecnostress nel 2007, in
seguito a una inchiesta nei call center. Il magistrato lancia un monito: «Se
un’azienda deve redarre il Documento valutazione Rischio Stress lavoro
correlato e lavora, ad esempio, nel settore dell’Information Technology o nel
settore editoriale dove si usano molto le nuove tecnologie, deve includere
sicuramente il rischio tecnostress.
Si applica, in sostanza, il Testo Unico
81/2008, articoli 28 e 29 sulla valutazione dei rischi sanzionata con la pena
dell’arresto e dell’ammenda, e 36 e 37 sull’informazione e formazione dei
lavoratori.» Guariniello rivela anche che, presso il suo ufficio, continuano ad
arrivare denunce di lavoratori che lamentano la patologia del tecnostress: «Di
recente si è rivolto in Procura un impiegato di una grande azienda che, per
lavoro, usa parecchio le nuove tecnologie e lamenta disturbi alla salute. Il
datore di lavoro e le strutture aziendali, a quanto pare, non hanno risolto il
problema. Stiamo procedendo con gli accertamenti medici e tecnici, con
l’ausilio di consulenti del Politecnico».
Tra le nove categorie prese in esame
nel libro di Di Frenna ci sono gli operatori di call center, su cui sono state
effettuate le prime inchieste della magistratura. Lo conferma lo stesso
Guariniello: «I call center tornano spesso alla nostra attenzione, poiché
facciamo abitualmente indagini sulle malattie professionali. L’informazione
digitale oggi è presente in modo massiccio e si possono verificare casi nuovi
di tecnostress. Ciò rientra nei nuovi rischi professionali che bisogna
valutare, come prevede la normativa». Gli operatori di “contact center in
outsourcing” sono 80 mila in Italia e sono, ancora oggi, tra le categorie più
esposte. Lo spiega bene nel libro il direttore generale di Assocontact, Alberto
Zunino: «Attualmente stiamo portando avanti con Inail e altri interlocutori un
progetto sul tema del rumore, che notoriamente è tra le problematiche che
causano il tecnostress.»
Un’altra categoria esposta sono i
lavoratori delle imprese di information technology. Il presidente di Assinform,
Paolo Angelucci, rappresenta 1500 aziende del settore e dichiara che «il
tecnostress si previene intervenendo sul carico di lavoro». Altre soluzioni?
Un’adeguata formazione per la prevenzione del rischio. Il consiglio vale anche
per le altre categorie. Per la prima volta, infatti, entrano nella “lista nera”
i commercialisti. Sono tecnostressati dall’uso eccessivo delle nuove
tecnologie: dai software contabili che si aggiornano di continuo, dalle
scadenze fiscali impellenti che spesso gestiscono con tablet e smartphone. Lo
conferma Mario Civetta, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Roma – 10
mila iscritti – con un intervento nel libro che chiarisce subito la situazione:
«I commercialisti sono
tra le categorie maggiormente esposte ai rischio da tecnostress. L’aumento
progressivo della pressione fiscale si è accompagnato, nell’arco di un
decennio, a una iper produzione di norme – su diversi livelli – ma soprattutto
in materia fiscale. Il commercialista è chiamato a districarsi in questo
labirinto normativo, assumendo decisioni delicate per conto del
cliente-contribuente, scelte che impegnano risorse economiche, in tempi
rapidissimi e con scarse possibilità di rimediare ad errori. Negli ultimi anni
l’intero campo di azione dei commercialisti è andato sempre più ad intersecarsi
con sofisticati strumenti informatici. Lontani dall’epoca in cui le
dichiarazioni dei redditi venivano compilate a mano, il lavoro è sempre più
dipendente da software complessi, e in questo ambito l’interazione tra il
fattore umano, sempre più decisivo, e i sistemi informatici è decisamente fonte
di tecnostress.»
Un forte allarme lo lancia anche Mario
Modica, direttore generale dell’Associazione italiana Pubblicitari
professionisti (32 mila operatori): «I pubblicitari vivono sempre connessi
e la patologia del tecnostress è in agguato. A me capita spesso di dormire
con il tablet e lo smartphone a portata di mano. Se
arriva un messaggio, sono pronto a rispondere. E ciò, purtroppo, anche in orari
extralavoro. La tecnologia degli schermi ci segue ovunque. Indubbiamente in
molti casi la tecnologia favorisce la produttività, ma in altri c’è il rischio
di assuefazione. Uno dei rischi principali
è l’insonnia. Si dorme poco e con l’ansia di accontentare il cliente, che può
telefonarci o messaggiare in qualunque momento. Un altro rischio correlato è la
perdita di lucidità durante la giornata lavorativa. Oppure, si posso
manifestare altri sintomi tipici del tecnostress: calo della concentrazione,
mal di testa, ipertensione, stanchezza cronica».
Per ridurre l’impatto del tecnostress
nei luoghi di lavoro c’è chi propone di
rendere obbligatoria la “pausa
digitale”. L’idea arriva da Orazio Carabini, vicedirettore del settimanale
“L’Espresso”: «La connessione perenne ha creato un problema di sovrautilizzo
del proprio potenziale. E' in atto una richiesta da parte dei lavoratori digitali
di vivere periodi di isolamento dalla connessione, anche contrattualizzata,
come sta accadendo ad esempio in America. Credo che la “pausa digitale”
andrebbe inserita nel Contratto Nazionale dei Giornalisti: alcuni periodi in un
anno, oppure brevi periodi durante la giornata lavorativa. Ne beneficerebbe
anche la qualità produttiva.» Ma c’è anche chi consiglia di realizzare corsi di
formazione per mettere a conoscenza i lavoratori digitali dei rischi alla
salute a cui vanno incontro. Come ad esempio Giuseppe De Paoli, responsabile
Sindacato Networkers - UIL Tucs: «In Italia lavorano circa un milione di
networker e il rischio tecnostress li riguarda molto da vicino. La
“techno-invasione” non distingue più tra lavoro e vita privata. Si usano le
nuove tecnologie in qualunque momento della giornata. Uno studio britannico
pubblicato lo scorso anno sostiene che la ripetuta esposizione a tablet,
smartphone, iphone, possa condizionare le connessioni tra neuroni e creare un
danno al cervello. E’ molto importante quindi fare informazione e formazione
per tutelare la salute dei lavoratori.»
Nel libro del presidente di
Netdipendenza Onlus interviene anche
l’onorevole Antonio Boccuzzi,
parlamentare del Pd impegnato nella tutela della salute e sicurezza dei
lavoratori, unico superstite dell’incendio che si propagò nel 2007 negli
stabilimenti della ThyssenKrupp, uccidendo sei operai. «E’ necessario
che il Parlamento adotti nuove misure per prevenire il tecnostress nei
luoghi di
lavoro, aggiornando la normativa esistente», dice. Tra le aziende
impegnate a
prevenire lo stress legato all’uso delle nuove tecnologie vi sono Cisco e
Sony
Italia, che illustrano nel libro la loro esperienza. «L’onnipresenza
della
connettività, la mobilità, il proliferare di piattaforme e servizi
rischiano di
sovraccaricare le persone nella loro giornata lavorativa – spiega
Agostino
Santoni, amministratore delegato Cisco Italia – e per questo motivo,
ogni due
anni conduciamo una survey sullo stress correlato al lavoro e chiediamo
ai
medici del lavoro che visitano periodicamente i dipendenti di fornirci
un’indicazione sul livello di stress riscontrato, analizzandone sintomi e
cause. A livello individuale, diamo a chiunque senta di aver bisogno di
aiuto
un supporto specializzato, tramite il nostro Employee & Family
Assistant
Program. Inoltre organizziamo corsi per imparare a gestire situazioni di
stress
personale e professionale e può essere utile favorire momenti di pausa,
situazioni di relax anche nel contesto della giornata lavorativa. Ad
esempio
con open space progettati con criterio e disponibilità di luoghi di
relazione
diversi dalla “sala riunioni”. Oppure vi sono ulteriori
misure che applichiamo, come ad esempio la possibilità di prenotare
massaggi e
cure fisioterapiche». Davide Draghi, country manager di Sony Mobile
Italia,
invece dà la sua ricetta per prevenire il tecnostress: «Il segreto sta
nella
capacità dei singoli individui di guidare la tecnologia secondo le
proprie
esigenze, invece che subirne l’invasiva presenza.»
Nelle 320 pagine del
libro di Di Frenna il tecnostress viene affrontato sotto il profilo
scientifico, medico, psicologico e formativo.
I sintomi che la malattia
professionale può generare possono essere anche gravi: ipertensione,
emicrania, stanchezza cronica, disturbi cardiocircolatori e
gastrointestinali, alterazione ritmo mestruale, depressione, attacchi di
panico, disturbi della memoria, calo del desiderio. Inoltre favorisce l’ assenteismo, che rappresenta un
rischio d’impresa. «Solo puntando sulla formazione e sull’organizzazione
aziendale, la valutazione dei rischi stress e tecnostress si trasformerà da
“obbligo” in “opportunità” per le aziende», spiega Rocco Vitale, sociologo del
lavoro e presidente di AiFOS. Sull’argomento interviene anche Matteo Meroni,
direttore del quotidiano PuntoSicuro, testata giornalistica leader nel settore
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: «La velocità operativa imposta (o
consentita) dall'utilizzo degli attuali sistemi di telecomunicazione è
certamente molto differente rispetto a quella di solo una decina di anni fa e
rende l'attività umana più efficace ma anche mentalmente più faticosa.
PuntoSicuro, la testata quotidiana che dirigo e che si occupa di sicurezza sul
lavoro fino dal 1999, data anche la sua natura online e quindi una maggiore
affinità rispetto alle testate cartacee, ha trattato diverse volte del tema
tecnostress . Operare in un contesto multitasking dove allo stesso momento ci
troviamo ad avere a che fare con differenti strumenti di lavoro (smartphone,
computer, telefono d'ufficio) che al loro interno hanno a loro volta differenti
strumenti di lavoro (servizi e-mail, sms, agenda, social network) da un lato ha
creato molte opportunità ma dall'altro potrebbe avere ricadute sulla salute del
lavoratore che si trova in momenti di crisi, sovraccaricato di comunicazioni da
processare e nella sensazione di non essere in grado di gestire i compiti che
gli sono assegnati. Oggi diventa quindi sempre più necessario operare un
monitoraggio del tema stress lavoro-correlato che è stato recentemente
normato ma per il quale nei fatti si è prodotta solo molta carta in più e poca
salute e sostanza. Lo psicologo del lavoro è ancora una figura semi-fantastica
che poco è chiamata a concorrere alla diffusione del benessere come dovrebbe
essere oggi necessario in gran parte delle organizzazioni».
Un intero capitolo del libro è
dedicato alle soluzioni e ai
consigli utili. Tra le tecniche di
prevenzione ci sono la meditazione, lo yoga, l’uso di erbe officinali, la
danzaterapia e lo sport. La proposta formativa di “tecnostress management” progettata
da Netdipendenza Onlus prevede la conoscenza delle interazioni uomo-macchine e
i benefici offerti dai metodi olistici, tra cui la bioarchitettura per imparare
a organizzare gli “uffici rilassanti”. «Non a caso presentiamo le nuove
ricerche a luglio – aggiunge Di Frenna – cioè nel periodo in cui si dovrebbe
pensare alle ferie e al meritato riposo. Invece molti si portano il lavoro in
vacanza, sempre connessi col tablet e cellulare a portata di mano. In questo
modo il cervello non si riposa mai». Un primo assaggio delle tecniche e metodi
per difendersi dalla nuova malattia professionale si terrà a settembre, durante
la sesta edizione di “No Tecnostress Day” organizzata da Netdipendenza Onlus,
durante la quale sarà presenterà una Guida pratica per i lavoratori.
Il nuovo libro sul tecnostress è
possibile acquistarlo sul sito della
onlus o sulla piattaforma di print on demand www.lulu.com.
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