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"La responsabilità amministrativa e il requisito dell’interesse o vantaggio"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
25/07/2013 - Con sentenza del 10 gennaio 2013, la Prima Sezione Penale del
Tribunale di Torino ha assolto una società per azioni produttrice di
ruote per autoveicoli dalla responsabilità amministrativa derivante
dal reato di lesioni personali colpose gravi commesso da un preposto
(specificatamente un capoturno) - ad essa appartenente - che aveva
chiesto ad un lavoratore di coadiuvarlo nello svolgimento di una
particolare operazione pur sapendo che lo stesso non aveva ricevuto la
formazione né l’abilitazione e le istruzioni necessarie.
Questa pronuncia è particolarmente interessante perché, ponendosi nel solco delle
sentenze pronunciate dal GUP di Tolmezzo (sent. 23 gennaio 2012,
commentata su Puntosicuro del
19 dicembre 2012 n. 2995
)
e prima ancora dal GUP di Cagliari ( sent. 4 luglio 2011,
commentata su Puntosicuro dell’
8 luglio 2011 n. 2667
),
ribadisce e sviluppa ulteriormente il principio, già affermato da
queste sentenze, secondo cui, in materia di D.Lgs. 231/01 applicato ai
reati di salute e sicurezza sul lavoro,
“
sono imputabili
agli enti solo quei comportamenti delle persone fisiche psicologicamente
diretti a perseguire un interesse dell’ente; in quest’ottica
restano fuori dal campo tutta una serie di violazioni
derivanti dalla semplice imperizia, dalla sottovalutazione dei rischi o
anche dall’imperfetta esecuzione delle misure preventive previste, in
quanto 'non frutto di esplicite
deliberazioni volitive finalisticamente orientate a soddisfare un interesse dell’ente'”.
Per poter comprendere appieno la portata di questo principio e
soprattutto le sue ricadute applicative nei singoli casi concreti,
analizziamo anzitutto la dinamica dell’evento e la condotta tenuta dalla
persona fisica (il preposto) nel caso di specie.
Va premesso che nel reparto in cui operava il capoturno erano
presenti due linee di produzione: la linea cerchi e la linea montaggio. La
linea cerchi stampava i cerchi delle ruote; essi venivano poi trasferiti alla linea montaggio dove erano
assemblati con i dischi creando così la ruota completa.
Il lavoratore infortunatosi (a causa della penetrazione di una
scheggia in un occhio) era un addetto alla linea cerchi. L’infortunio è
avvenuto sulla linea di montaggio, allorché l’’imputato, capoturno di questa
linea, si è avvalso dell’aiuto del lavoratore per procedere ad effettuare
un’operazione denominata cambio “tomino”, cioè la sostituzione di un pezzo
dello stampo, il tomino appunto, che doveva essere effettuata ogniqualvolta si
procedeva ad un cambio lavorazione. La sostituzione del tomino richiedeva la
presenza di due persone di modo da riuscire a sostenere il tomino, che era di un
peso non indifferente.
Come già anticipato, il capoturno (che ha patteggiato e la cui
posizione è stata quindi valutata separatamente) ha chiesto al lavoratore
infortunatosi di coadiuvarlo nello svolgimento dell’operazione di cambio del
tomino
pur essendo a conoscenza che
lo stesso
non aveva ricevuto adeguate
istruzioni per accedere alle zone della pressa di calettamento che durante
il cambio del tomino lo esponeva ad un
rischio
grave e specifico. Inoltre ha affidato alla vittima il compito di svolgere
quella operazione senza tenere conto delle sue capacità in rapporto alla
assenza di formazione e di abilitazione
(secondo la tabella di polivalenza) e non ha richiesto al lavoratore
l’osservanza delle norme e delle disposizioni aziendali che prevedevano in quell’operazione
l’uso di occhiali
di protezione e di un martello in materiale dolce. Va in ultimo sottolineato che
l’operazione della sostituzione del tomino, prevista per il pomeriggio, era
stata anticipata alla mattina a causa di un
guasto
agli impianti che aveva fermato le linee di produzione.
La condotta colposa del capoturno ha portato anche alla
contestazione
nei confronti della società dell’illecito amministrativo di cui all’articolo
25-septies del D.Lgs. n. 231/2001, sull’assunto che il capoturno, in assenza in
quel momento degli addetti linea, avrebbe utilizzato per l’operazione di
sostituzione del tomino il primo lavoratore disponibile al fine di velocizzare
quanto più possibile l’operazione cambio lavorazione e limitare così al minimo
la durata del fermo linea e il conseguente calo di produzione.
Dunque nella prospettiva accusatoria l’interesse o il vantaggio
richiesto dall’articolo 5 del D.Lgs. n.231/2001 sarebbe consistito nella
necessità impellente di riallestire la linea produttiva nel più breve tempo
possibile al fine di evitare cali nella produzione programmata per quella
giornata.
Ma il Tribunale di Torino assolve l’azienda dichiarando che
il
reato non è stato commesso dal preposto “nell’interesse o a vantaggio
dell’ente”.
Vediamo nello specifico le motivazioni del Tribunale a sostegno di
questa decisione.
Dopo aver ricordato che
“nel
caso di commissione di un reato colposo, quale quello in esame, la
giurisprudenza consolidata (seppure solo a livello di giudici di primo grado)
ritiene che
il requisito dell’interesse o vantaggio deve essere riferito non
all’intera fattispecie di reato, comprensiva dell’evento lesivo, ma alla sola
condotta violativa delle norme antinfortunistiche”, il Tribunale precisa
che nella fattispecie occorrerà verificare
“se
la condotta violativa delle disposizioni poste a tutela della sicurezza del
lavoro contestata all’imputato” (capoturno) sia stata
“compiuta nell’interesse dell’ente oppure avesse arrecato un vantaggio
all’ente datore di lavoro, da valutare in termini di
risparmio di costi o di
incremento nella velocità di esecuzione delle prestazioni o di aumento della
produttività”
.
Tale accertamento - ricorda inoltre il Tribunale – in ordine alla
sussistenza dell’interesse o vantaggio dell’ente
“precede e prescinde dalla verifica circa l’avvenuta adozione del
modello organizzativo
” dal momento che
“il controllo sull’avvenuta adozione e sulla
idoneità del modello organizzativo è infatti richiesto nelle sole ipotesi in
cui l’ente sia chiamato a rispondere dell’illecito amministrativo, ovvero dopo
aver acclarato che il reato presupposto é stato commesso nel suo interesse o a
suo vantaggio”
.
I ragionamenti che sviluppa a questo punto il Tribunale partono
dalla premessa secondo cui guardando al
sistema delineato dal D.Lgs.
231/01
“si è di fronte ad una responsabilità di
natura penale, che [fa sì che] in base ai principi costituzionali deve
connotarsi necessariamente di un profilo di colpevolezza,
non potendosi quindi
dare accesso a forme più o meno implicite di responsabilità oggettiva o da
posizione”.
Pertanto, secondo il Giudice di Torino,
“ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’ente si può
riscontrare la sussistenza del
requisito dell’interesse, nei casi in cui si
dimostra una tensione finalistica della
condotta illecita dell’autore volta a
beneficiare l’ente stesso, in forza di un giudizio ex ante, ossia da riportare
al momento della v
iolazione della norma
cautelare”.
Con riguardo invece al requisito alternativo del
“
vantaggio”
, esso, secondo il Giudice di Torino,
“appare strutturato in termini oggettivi, tant’è che si afferma esso
vada verificato ex post, anche a prescindere dalla sussistenza di un profilo di
colpevolezza soggettiva in capo all’autore del reato penale.
Tuttavia anche in questo caso al fine di
evitare surrettizie forme di responsabilità oggettiva, si ritiene che il
vantaggio dell’ente possa configurare la responsabilità ai sensi dell’art. 5
citato,
solo ove sia al contempo riscontrabile un profilo di c.d. “colpa
nell’organizzazione”, come descritta dai successivi artt. 6 e 7, giacché appare
necessario escludere dal novero delle ipotesi di responsabilità dell’ente tutti
quei casi in cui un qualsivoglia vantaggio, si sia realizzato in maniera del
tutto fortu
ita
”.
E conclude, con riferimento al caso di specie:
“
la vicenda oggetto di questo processo si presenta inidonea a fondare
la responsabilità dell’ente citato in giudizio. Infatti da un lato appare
evidente che
la condotta colposa dell’imputato fu del tutto occasionale ed
estemporanea, avendo egli chiesto al lavoratore di dargli “una mano” a cambiare
il tomino perché in quel momento non erano disponibili gli addetti alla linea,
probabilmente senza neppure rappresentarsi i rischi che si sarebbero potuti
realizzare a causa dell’imperizia dell’imputato.
Fu perciò senza dubbio una
condotta imprudente, in quanto la persona offesa non era un lavoratore
adeguatamente formato per svolgere quell’attività, ma essa appare sprovvista di
quella tensione finalistica rivolta al perseguimento dell’interesse della
società datore di lavoro”
.
Dunque,
“in altri termini si
ritiene che
l’errore occasionale da parte del soggetto qualificato, non possa
essere sufficiente a fondare la responsabilità dell’ente, se non affermando
l’automatismo tra esercizio delle funzioni all’interno dell’ente e
perseguimento dell’ interesse dello stesso, affermazione che ad avviso di
questo Giudice violerebbe il principio di colpevolezza richiesto anche
dall’art. 5 più volte citato, norma che come detto svolge una funzione
selettiva nell’ambito della responsabilit
à
delineata dal D.lgs. 231/2001
”
.
E infine, per quanto riguarda l’altro requisito del
“vantaggio”, secondo il Tribunale di
Torino
“esso non si è configurato in fatto. Infatti quel
giorno le linee di lavorazione erano ferme a causa di un guasto, e
l’anticipazione al mattino dell’operazione del cambio del tomino fu decisa solo
per “non sprecare” quelle ore in cui la lavorazione sarebbe rimasta comunque
ferma in attesa della riparazione del guasto sulle linee. Quell’operazione non
comportò alcun vantaggio alla società in giudizio, né in termini di risparmio
di costi o di incremento nella velocità di esecuzione delle prestazioni né
di
aumento della produttività
”
.
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