Logo di PrevenzioneSicurezza.com
Mercoledì, 27 Novembre 2024
News

"L’importanza delle prove di carico sulle attrezzature di sollevamento"

fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza

01/08/2013 - Se ne parla sempre, ma spesso non si considerano adeguatamente le ragioni che sono alla base di determinate necessità tecniche. Vorremmo provare a ricapitolare il motivo tecnico (fisico) per cui determinate prove possono essere utili, ovvero perché è necessaria la  esecuzione di controlli o di manovre con carico applicato.
 
Possiamo distinguere la vita di una  attrezzatura di sollevamento in  momenti fondamentali per garantire la integrità e la sicurezza della stessa:
Progettazione, fabbricazione e collaudo (collaudi del fabbricante e dell’installatore e verifica di primo impianto da parte dell’INAIL);
Esercizio, durante il quale vengono eseguiti controlli periodici (da parte dell’utilizzatore) e  verifiche periodiche (da parte di enti terzi preposti);
Riqualifica “di mezza vita” dove vengono eseguiti controlli eccezionali e verifiche di vita residua (da parte di un terzo incaricato dall’utilizzatore).
Prima di tutto vogliamo chiarire che le finalità sono diverse fra i tre momenti; quindi anche i controlli / verifiche hanno modalità e logiche diverse.
 
Per chiarezza le esamineremo una per una, in sequenza.

  Progettazione, fabbricazione, collaudo e messa in servizio
Un po’ di progettazione di macchine: la progettazione ha la finalità di ideare e disegnare macchine idonee all’impiego previsto e correttamente dimensionate per garantire (anche) la sicurezza delle persone.
 
Evidentemente chi progetta non è perfetto, può commettere errori che possono comportare una insufficiente resistenza meccanica della apparecchiatura di sollevamento. E questo è il primo punto.
 
Naturalmente dalla progettazione devono emergere tutte le informazioni necessarie per la fabbricazione. Ammettendo che la progettazione sia corretta resta sempre una ampia possibilità di errori in fase di esecuzione. Pensiamo solo alla esecuzione delle saldature (e al loro controllo mediante tecniche non distruttive, ove opportuno). In alcuni processi speciali la perfezione è difficile da raggiungere, e anche i controlli NDT possono fallire. Quindi oltre agli errori di progettazione nell’apparecchio di sollevamento progettato potrebbero sussistere errori in fase di fabbricazione.
 
E quindi? Semplice, i collaudi servono proprio per questo. Alcuni collaudi servono solo per verificare la corretta esecuzione di un passaggio (p. es. ultrasuoni sulle saldature, dimensionale sui finiti di lavorazione meccanica), altri servono per una verifica più generale, per così dire complessiva, del manufatto, sia sotto il profilo progettuale che sotto quello di realizzazione.
 
Parliamo delle prove di carico: le prove non sono un controllo su un singolo aspetto ma tendono piuttosto a garantire la bontà dell’insieme. Quindi controllano contemporaneamente che il progetto e la fabbricazione, come somma di fattori, siano idonei rispetto all’uso previsto.
Resta un dettaglio: siamo sicuri che una prova di carico effettuata al carico nominale sia adeguata rispetto all’obiettivo che ci poniamo? Ovvio che una prova sotto il valore di carico nominale sia inadeguata. Ma, ripetiamo, basta il carico nominale? La risposta è negativa, perché una prova statica non è rappresentativa del fenomeno della fatica che è quello caratteristico dei mezzi di sollevamento. Allora cosa possiamo fare? La scelta un po’ grossolana che è stata fatta agli albori della progettazione meccanica strutturale (primi anni del ‘900), è stata quella di collaudare con un carico superiore rispetto a quello nominale, e poi dopo verificare che la struttura sia integra. Intendendo priva di deformazioni permanenti (non basta che, semplicemente, non sia crollata). Il concetto è molto semplice: se con un sovra carico singolo (NON è fatica, quindi), ad un valore molto più elevato di quello nominale, non introduco deformazioni permanenti è molto improbabile che a carico nominale entri nel campo della fatica, quanto meno non in quello della fatica a basso numero di cicli. Quindi posso utilizzare con ragionevole fiducia il mio mezzo di sollevamento.
 
Ovviamente molto dipende da quanto aumento il carico; immaginate per assurdo che io decida di aumentare il carico dell’1%, ovvero un carroponte da 10 ton lo provo applicando 10.100 kg … è ovvio che non serve a nulla. Un aumento del 50% comincia ad essere un discorso ragionevole per distinguere le due condizioni, quella di collaudo da quella di esercizio.
 
 
 
Invitiamo a rivedere il diagramma tensioni / deformazioni di un acciaio da costruzione per capire da dove viene questa giustificazione. Ricordiamo inoltre che i principali elementi strutturali (travi, vie di corsa ecc.) che supportano il carico in mezzo di sollevamento sono sollecitate principalmente a flessione, la componente di taglio può essere considerata trascurabile. Questo significa che le tensioni si allineano lungo l’asse delle travi e sono (internamente) di trazione o di compressione, con i valori massimi alle estremità inferiore (trazione) e superiore (compressione) delle travi stesse, dove ovviamente dal punto del danno la trazione ha un (eventuale) impatto molto maggiore. Questa è una conferma ulteriore della bontà della prova di carico a un valore sensibilmente superiore a quello nominale che, se provoca snervamento, è destinata a lasciare una deformazione permanente a livello globale (freccia) facilmente misurabile.
 
Evidentemente i coefficienti di maggiorazione del carico non saranno necessariamente gli stessi per i vari tipi di apparecchi di sollevamento e di accessori; questo semplicemente perché in alcuni casi l’impiego, per la natura dell’oggetto, è necessariamente conforme alla progettazione, mentre in altri l’impiego (vietato ma possibile) può comportare distribuzioni del carico sensibilmente diverse da quelle previste; per la verità questo ha ancora più valenza se si ragiona sui coefficienti di sicurezza applicati in progettazione ai vari componenti degli apparecchi di sollevamento.
 
Controlli e verifiche periodiche durante l’esercizio
Controlli e verifiche, due termini utilizzati all’articolo 71 del D.Lgs. 81/2008 per indicare lo stesso tipo di intervento tecnico, solo eseguito da due soggetti diversi:
-  il datore di lavoro, o qualcuno che opera per conto dello stesso;
- un soggetto terzo autorizzato dallo stato a svolgere tali verifiche.
Come dicevo dal punto di vista tecnico la finalità è la stessa: verificare lo stato di usura / deterioramento del mezzo di sollevamento al fine di stabilire se siano necessari interventi di riparazione o sostituzione di componenti usurati, o se invece si possa procedere con l’esercizio sino al controllo / verifica successiva.
 
In questa fase il punto chiave da controllare sono le arti di usura ( funi, catene, ganci, freni), quelle parti che possono subire danneggiamenti a crescita progressiva (saldature), gli elementi che possono essere stati danneggiati da grossi incidenti, gli elementi che svolgono funzioni di sicurezza (limitatore di carico, sistema di emergenza) insomma tutto quello che può ragionevolmente essere cambiato da una ispezione a quella successiva.
 
Sotto questo profilo eseguire con estrema frequenza (ogni tre mesi per esempio) una prova di carico avrebbe poco senso. Ma vale il contrario, ovvero possiamo dire che nella fase di controlli e verifiche durante l’esercizio le prove di carico non servono?
 
Da ingegneri non ce la sentiamo di affermarlo perché le prove di carico possono fare emergere problemi non visibili tramite controlli non distruttivi o indagini visive. Le prove di carico evidenziano la risposta della struttura come insieme complesso di parti delle quali solo alcune sono ispezionabili senza smontare nulla e utilizzando tecniche reversibili (NDT o visive).
 
OK, OK, forse se dicessi di fare la prova di carico al carico nominale ogni tre mesi mi prendereste giustamente per pazzo, ma ogni anno? Attenzione, la prova di carico NON serve a tarare il limitatore di carico (volendo esistono altri modi per fare tarature rigorose dal punto di vista scientifico); la prova di carico serve per vedere come reagisce la struttura, in condizioni quasi statiche e dinamiche, quando viene utilizzata in condizioni di massimo carico, quindi nella situazione più sfavorevole fra quelle possibili.
 
Ora si apre una questione delicata: la prova di carico è parte dei controlli del datore di lavoro, o piuttosto delle verifiche del soggetto terzo? Sarebbero del soggetto terzo, situazione che può illudere il datore di lavoro di essere mallevato da tutta la faccenda. Nulla di più sbagliato! Scusate se il tecnico si deve trasformare in leguleio. Il comma 8 dell’articolo 71 già citato dice che i controlli devono essere fatti dal datore di lavoro per prevenire i deterioramenti pericolosi. Peraltro al comma 4 dice anche che il datore di lavoro attua la manutenzione necessaria a mantenere le attrezzature di lavoro (incluse quelle di sollevamento) in condizioni di sicurezza.
 
Quindi, poniamo che nessuno mai faccia prove di carico, che il datore di lavoro si senta comunque tranquillo per le ragioni sopra accennate. Ma se il mezzo di sollevamento collassa, cade il carico danneggiando gravemente alcuni lavoratori, e si scopre che il difetto che ha provocato il collasso sarebbe stato notato se si fossero fatte le prove di carico almeno una volta negli ultimi tre anni, in questa situazione il datore di lavoro è davvero libero da ogni responsabilità? ASSOLUTAMENTE NO, ha omesso una azione possibile, tecnicamente perfettamente definita, che avrebbe potuto evitare un incidente con gravi conseguenze per le persone: articolo 590 del codice di procedura penale: lesioni colpose gravi o gravissime.
 
Quindi su questo caso particolare vogliamo dare un forte messaggio di attenzione; fatevi sempre la domanda: ma se dovesse succedere qualcosa di chi è la responsabilità?
Poi chi ha, e sa di avere, la responsabilità ha tutto il diritto di decidere secondo la sua “scienza e coscienza”.
 
Riqualifica tramite controlli eccezionali
Tutte le volte che parliamo di questo argomento ci troviamo costretti a ricordare che gli apparecchi di sollevamento non sono definiti solo in base alla portata ma anche per lo spettro di carico che caratterizza l’impiego ciclico che ne viene fatto. Il concetto è elementare: il dimensionamento statico deve rispettare come minimo quanto discende dal carico massimo previsto, con tutti gli opportuni coefficienti di sicurezza (vi risparmiamo la diatriba fra chi parla di coefficienti di sicurezza e coefficienti di ignoranza, tanto più che si tratta di valori stabiliti chiaramente dalla normativa tecnica o dalla letteratura), ma esistono sia aspetti dinamici che a fatica che dipendono invece da una sorta di percentuale di utilizzo del mezzo nel corso dei successivi sollevamenti rispetto a quello che sarebbe l’utilizzo se si lavorasse sempre a carico massimo. Questo rapporto (espresso come numero di cicli alle diverse percentuali di carico) definisce il dimensionamento del mezzo tanto quanto il carico massimo, e viene espresso con la “classe” del mezzo di sollevamento. Quindi a parità di carico massimo il dimensionamento varia in funzione della classe di utilizzo prevista.
 
Sino a qui sotto il profilo ingegneristico nulla di particolare; è evidente che io nell’esercizio non potrò poi utilizzare un mezzo con una certa portata con profili di carico più gravosi di quelli previsti in progettazione. È ovvio a chi progetta, è scritto sui manuali, ma è sempre davvero così? Io oggi ho un capannone dotato di due carroponti bitrave che affitto ad una altra azienda; gli passo tutta la documentazione (forse), ma cosa farà davvero questa azienda, come utilizzerà i carroponte che le cedo in comodato d’uso? Capirà cosa significa il concetto di classe del mezzo di sollevamento?
 
Se consideriamo che questi controlli eccezionali sono una sorta di reverse engineering dove si considera la originale progettazione unitamente alla vita pregressa del mezzo, per capire se il mezzo può essere ancora esercito e per quanto … bene allora i concetti appena espressi sono fondamentali come elemento di guida del soggetto (ingegnere esperto) che coordina il controllo eccezionale e che rilascia il giudizio finale.
 
Ma può l’ingegnere esperto o chi per lui essere certo che tutto quanto sia in uno stato noto (buono o deteriorato) solo tramite controlli visivi, non distruttivi e, anche, dove necessario, effettuando smontaggi di particolari critici? La risposta è negativa in quanto non si può comunque arrivare a riesaminare tutto con lo stesso livello di informazioni che a suo tempo hanno avuto il progettista e il fabbricante.
 
Da questa la necessità di una conferma tramite prove strutturali e funzionali sotto carico di quello che è stato ricostruito per via visiva, teorica e “testimoniale”. Ora, per evitare brutte sorprese forse la prova di carico con lo stesso coefficiente di sicurezza della prova di collaudo originale non è opportuna. Le indicazioni sono nella direzione di prove eseguite a carico nominale. Possiamo serenamente (tecnicamente) affermare che senza tali prove nessun ingegnere esperto può dare un giudizio completo sulla possibilità di continuare ad utilizzare un mezzo di sollevamento.
 
 
 
Conclusione
Le prove di carico non sono “la soluzione” assoluta del tema delle verifiche degli apparecchi di sollevamento, dalla progettazione ai controlli straordinari, ma sono un ausilio indispensabile a completamento di tutte le altre verifiche / controlli periodici. Di questo i committenti e gli specialisti devono tenere conto quando si pongono di fronte alla tematica.
 
 
 
Alessandro Mazzeranghi e Luca Belgero

Segnala questa news ad un amico

Questa news è stata letta 1419 volte.

Pubblicità

© 2005-2024 PrevenzioneSicurezza.com. Tutti i diritti sono riservati.

Realizzato da Michele Filannino