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"Il rischio biologico nelle strutture sanitarie"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
23/09/2013 - Per avere una idea del
personale del servizio sanitario esposto ai
rischi biologici nelle strutture sanitarie,
possiamo utilizzare un dato non più recente ma indicativo, almeno nelle
proporzioni, elaborato nel 2004 dal Ministero della Salute. In quella
data il SSN contava 646.050 dipendenti di cui 441.558 con ruolo sanitario (58,4% infermieri, 23,3% medici, 18,3% altro).
Assodato quindi che il rischio biologico riguarda molti operatori
sanitari, un intervento che si è tenuto a un corso di formazione per
Medici Competenti - promosso dal SIRS (Servizio Informativo per i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza) e dall’Ass. Pol. Salute della Regione Emilia-Romagna - si sofferma su diversi aspetti della “
biosicurezza”.
In “
La biosicurezza nelle strutture sanitarie”, a cura di Franco
Pugliese (Direttore del Dipartimento della Sicurezza - Ausl Piacenza), si ricorda
innanzitutto che riguardo al rischio biologico è
necessaria, come richiesto dalla legge, una
valutazione del rischio:
- “per definire per ogni
reparto/profilo professionale un proprio livello di rischio;
- per individuare i provvedimenti
utili a ridurre tale rischio;
- per definire una scala di
priorità degli interventi necessari;
- per individuare le necessità
relativamente a: vaccinazioni; formazione e informazione; accertamenti sanitari
preventivi e periodici; registri degli esposti”.
Il relatore ricorda che la valutazione
del rischio biologico è molto delicata “poiché sul suo esito, più ancora che in
altre situazioni di rischio, si baserà l’implementazione o meno della
sorveglianza sanitaria per i lavoratori esposti ad agenti biologici”.
Riportiamo a questo proposito le
principali criticità:
- “estrema variabilità delle
caratteristiche intrinseche di pericolosità degli agenti biologici (grado di
infettività, patogenicità, trasmissibilità e neutralizzabilità);
- difficoltà della misura
dell’esposizione agli agenti
biologici (le metodiche per la determinazione quantitativa e qualitativa
dei microorganismi dispersi sono complesse e scarsamente standardizzate);
- difficoltà del monitoraggio
ambientale (frequente ubiquitarietà di molti microrganismi);
- assenza di curve dose/risposta;
- dubbio sull’effettiva presenza
di dosi-soglia (per alcuni microrganismi la minima dose infettante efficace è
stimabile intorno all’unità);
- dubbio sulla presenza di valori
limite di esposizione;
- variabilità di risposta di
ciascun potenziale ospite”.
Queste poi le
caratteristiche degli agenti biologici:
- “
infettività: capacità di penetrare nell’organismo umano e di
moltiplicarsi;
-
patogenicità: capacità di determinare la malattia nell’uomo;
-
virulenza: esistenza, nell’ambito di uno stesso microrganismo, di
ceppi a diversa capacità di determinare la malattia;
-
contagiosità: capacità di trasmissione della malattia a livello
interumano”.
Vi sono poi diverse
tipologie di precauzioni:
-
precauzioni Standard (Universali): “devono essere applicate a tutti
i pazienti (indipendentemente dallo stato di infezione); devono essere
utilizzate sempre da tutti gli operatori
sanitari; devono essere applicate in corso di tutte le manovre in cui sia
prevedibile il contatto con sangue o altri liquidi biologici da esso
contaminati oppure assimilati” (ad esempio uso di DPI di barriera, smaltimento
strumenti taglienti/pungenti, lavaggio delle mani, …);
-
precauzioni da Trasmissione (Aggiuntive) “da adottare con i pazienti
di cui si conosce o si sospetta una infezione da parte di patogeni importanti e
trasmissibili”: “
airborne” (aerea),
“
droplets” (goccioline), “
handborne” (mani). Sono da adottare in
caso di manovre assistenziali che espongano al rischio di tali trasmissioni.
Esistono anche le
Precauzioni Protettive (Isolamento
Protettivo) da applicarsi - in aggiunta alle normali Precauzioni Standard e da
Trasmissione – per proteggere i pazienti. Tale isolamento prevede “alcune
piccole attenzioni e differenze rispetto alle Precauzione Standard e da
Trasmissione”.
Rimandandovi alla lettura
integrale del documento agli atti relativo all’intervento – ad esempio con
riferimento alle tabelle relative alle precauzioni da mettere in atto - ci
soffermiamo brevemente sulle varie
precauzioni
da trasmissione.
Ricordando, ad esempio, che l’infezione
per via aerea “può avvenire direttamente attraverso le goccioline di saliva
emesse da pazienti con i colpi di tosse , gli starnuti o con la normale
conversazione oppure mediante aerosol generati da procedimenti di laboratorio”,
queste alcune
precauzioni da trasmissione “airborne”:
- “in assenza di altre manovre di
protezione, applicare la Mascherina Chirurgica al Paziente;
- il Personale di Assistenza,
quando entra nella stanza, deve indossare DPIR (dispositivi individuali di protezione
respiratoria, ndr) adeguati (es. FFP2 e/o con altra specifica dicitura) e
lavarsi le mani prima e dopo l’utilizzo del DPIR;
- collocare, appena possibile, il
paziente in una stanza singola con assenza di ricircolo nelle aree circostanti
dell'aria estratta e, possibilmente, in pressione negativa;
- la porta della stanza deve
rimanere chiusa;
- il paziente deve rimanere nella
stanza;
- limitare il trasporto del
paziente a soli motivi essenziali;
- se il paziente deve uscire
dalla stanza, deve indossare la Mascherina Chirurgica;
- segnalare agli altri Operatori
il rischio di Trasmissione ed il tipo di Precauzione”.
Queste invece le
precauzioni da trasmissione “droplets”:
- “in assenza di altre manovre di
protezione, applicare la Mascherina Chirurgica al Paziente;
- se possibile collocare il
paziente in una stanza singola (o assieme ad altri pazienti affetti dalla stessa
patologia se non controindicazioni);
- mantenere una separazione
spaziale di almeno un metro tra il paziente infetto e altri pazienti od
Operatori Sanitari non protetti;
- il Personale di Assistenza, se
svolge assistenza a meno di un metro di distanza dal paziente infetto, deve
indossare Mascherina Chirurgica oppure DPIR adeguati (Es. FFP2 e/o con altra
specifica dicitura) e deve lavarsi le mani prima e dopo l’utilizzo dei
Dispositivi;
- limitare il trasporto del
paziente ai soli motivi essenziali;
- se il paziente deve uscire
dalla stanza deve indossare la Mascherina Chirurgica;
- segnalare agli altri Operatori
il rischio di Trasmissione ed il tipo di Precauzione”.
Il relatore riporta poi diverse
informazioni sui
dispositivi di
protezione individuale, anche con riferimento alla normativa vigente.
Queste alcune tipologie di DPI in
ambito sanitario: “guanti, dispositivi
di protezione oculare, dispositivi di protezione respiratoria, camici
protettivi e sovracamici, calzari e cuffie”. Ricordando che la mascherina
chirurgica “non è un DPI, ma un presidio medico”.
Una parte consistente del
documento agli atti è poi dedicato alle
vaccinazioni
nel personale sanitario.
Si ricorda, ad esempio, che il
termine “vaccino”, in origine, “stava ad indicare il materiale tratto da
pustole bovine e usato da Jenner (1789) per proteggere le persone contro il
vaiolo. Il metodo fu definito ‘vaccinazione’. Attualmente il termine è
utilizzato per indicare prodotti immunobiologici in grado di ottenere
l’immunizzazione attiva nell’uomo”.
Per le vaccinazioni vi può essere
una:
-
protezione di comunità (vaccinazione “altruista”): “la protezione
vaccinale è basata sulla capacità di ridurre o eliminare la circolazione
dell’agente infettivo nella comunità”;
-
protezione personale (vaccinazione “egoista”): “è basata sulla
capacità di produrre adeguata risposta immunologica”.
Queste alcune vaccinazioni
indicate negli Operatori Sanitari: epatite B; influenza; morbillo; varicella;
rosolia; parotite; meningococco; tetano; difterite.
Per ogni tipologia di
vaccinazione il relatore riporta diverse informazioni.
Concludiamo presentando alcune
indicazioni relative alla
vaccinazione
antinfluenzale:
- “è indicata per i medici ed il
personale di assistenza sanitaria (Circolare Ministeriale annuale);
- i ceppi antigenici del virus influenzale
presentano variazioni antigeniche;
- pertanto i vaccini devono
essere periodicamente riformulati ed , annualmente, riproposti;
- da anni le aziende sanitarie
attivano la vaccinazione, offerta gratuitamente presso i vari Presidi a tutti i
dipendenti.
- nelle Aziende l’adesione alla
pratica vaccinale è modesta tra gli OO.SS. (circa 25-35%), con ulteriore
riduzione proprio nelle UU.OO. in cui l’effetto protezionistico verso i
pazienti ‘fragili’ (effetto ‘cocoon’) dovrebbe essere ampio (Oncoematologia,
Pediatria, Ostetricia)”.
Queste alcune
conclusioni e proposte operative
relative sempre a questa tipologia di vaccinazione:
- “pur mantenendo l’offerta
vaccinale all’interno dei vari Presidi ospedalieri, tale attività va
accompagnata da un approccio più intensivo dal punto di vista informativo,
soprattutto nei confronti dei Medici ed Infermieri, spesso portati a
manifestare resistenze a sottoporsi alla vaccinazione;
- in particolare è necessario un
maggior e specifico intervento formativo - informativo in alcune UU.OO.
(Oncoematologia, Pediatria, Ostetricia) ove la fragilità dei pazienti e la
facilità di circolazione di virus influenzale impongono la conoscenza e
l’applicazione del concetto di vaccinazione ‘altruista’ (effetto ‘cocoon’)”.
“ La biosicurezza nelle strutture sanitarie”, a cura di
Franco Pugliese (Direttore del Dipartimento della Sicurezza - Ausl Piacenza), intervento
al “Corso di formazione per Medici Competenti” (formato PDF, 1.59 MB).
RTM
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