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"Sulla responsabilità del DdL e del RSPP per la mancata formazione"

fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione

18/11/2013 -
Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 21284 del 17 maggio 2013 (u. p. 12 febbraio 2013) -  Pres. Brusco – Est. Vitelli Casella – P.M. Delehaye - Ric. C.A. e R.A.. 
 
Commento a cura di Gerardo Porreca.
 
Una sentenza questa della Corte di Cassazione che pone in evidenza l’importanza, ai fini della prevenzione degli infortuni, della formazione dei lavoratori per lo svolgimento della mansione alla quale sono adibiti nonché dell’addestramento degli stessi all’uso di attrezzature di lavoro ad essi affidati. La suprema Corte ha infatti confermata la sentenza di condanna inflitta nei gradi inferiori di giudizio sia al Presidente di una cooperativa, in qualità di datore di lavoro, che al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’azienda ritenuti responsabili di un infortunio mortale occorso ad un dipendente della cooperativa stessa durante alcuni lavori boschivi ed in particolare durante l’abbattimento di un grosso pino mediante l’uso di una motosega. Al Presidente della cooperativa era stata addebitata la colpa di non avere organizzato dei corsi di formazione e addestramento dei neoassunti che avrebbero richiesto l’impiego di risorse finanziarie e la riduzione delle ore di lavoro attivo mentre al RSPP è stato imputato l’inadempimento a siffatto obbligo pacificamente rientrante nelle proprie mansioni.

L’evento e le condanne nei primi gradi di giudizio
Il Presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante di una società cooperativa a r.l. ed il responsabile del servizio di prevenzione dei rischi e responsabile aziendale per la sicurezza della cooperativa stessa sono stati tratti a giudizio dinanzi al Tribunale per rispondere del delitto p. e p. dall'art. 113 c.p., art. 589 c.p., comma 2 perché, in cooperazione colposa tra loro, per colpa generica ovvero per negligenza, imprudenza, hanno cagionata la morte di un operaio comune avventizio, dipendente sella cooperativa, che, mentre era intento ad abbattere con il solo uso della motosega un pino del diametro di 25-30 cm. circa, la cui chioma era rimasta impigliata nella vicina vegetazione, omettendo di adottare le corrette procedure e di usare le anzidette attrezzature complementari che gli avrebbero consentito di operare in condizioni di maggior sicurezza, veniva schiacciato mortalmente dal peso del pino che improvvisamente si spostava dalla posizione di stallo, rotolandogli addosso. L’imperizia contestata era consistita nell'aver omesso di informare e formare adeguatamente l'operaio comune avventizio, nell'avergli affidato un lavoro di taglio boschivo con uso di motosega, nell'aver omesso di prevedere il caso del cosiddetto "albero impigliato" nel piano operativo/sostitutivo di cantiere, trattandosi di evenienza frequente nei lavori di diradamento boschivo, e nell'aver omesso infine di fornire all'operaio le attrezzature complementari per affrontare la procedura di abbattimento di un albero impigliato quali la leva d'abbattimento, lo zappino ed il "triforte".
 
Con riferimento alla dinamica dell’infortunio il Tribunale, sulla base di quanto emerso dall'istruttoria, ha ritenuto che l'operaio avesse erroneamente proceduto all'abbattimento dell'"albero impigliato", avendo effettuato il secondo taglio dell'albero senza lasciare la cosiddetta cerniera o lasciandone una insufficiente a sostenere il peso dello stesso di guisa che questo, una volta libero, ha effettuata una rotazione incontrollata attingendo la vittima all'addome ed ha ravvisato peraltro il nesso di causa tra i comportamenti commissivi ed omissivi ascritti agli imputati nel capo di imputazione e l'evento accaduto.
 
La Corte di Appello ha successivamente confermata la pronunzia di primo grado, rimarcando, in particolare la sussistenza, al di là di ogni ragionevole dubbio, del nesso di causa fra l'infortunio, cagionato dalla mancata formazione e dall'omesso addestramento dell'operaio, incaricato ciononostante di usare la motosega pur in difetto della necessaria qualifica di operaio specializzato, così come contestato agli imputati, e l'evento.
 
Il ricorso in Cassazione e le decisioni della suprema Corte
Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione tramite lo stesso difensore adducendo una serie di motivazioni. Gli imputati hanno sostenuto, in particolare,  che l'evento mortale non era stato cagionato dalla mancata formazione del lavoratore infortunato il quale, grazie all'esperienza maturata nel taglio boschivo, aveva operato correttamente nell'abbattimento dell'albero e nella risoluzione delle difficoltà che presentava il caso del cosiddetto albero appoggiato, ma da fatti sopravvenuti, imprevedibili ed eccezionali avendo provocato la contro-spinta esercitata sul tronco dall'albero di appoggio, la rottura della cerniera lasciata secondo la consueta prassi, una frazione di secondo prima del previsto, allorché il lavoratore stava riponendo a terra la motosega e che inoltre, dopo l'incidente, durante il ricovero in ospedale, un'ulteriore serie di sfortunate circostanze ed in particolare la patologia cardiaca avevano provocata la morte dell'operaio. Il Presidente della cooperativa, in particolare, ha sostento di non essere consapevole degli interventi in materia di sicurezza del personale e di limitarsi solo ad un controllo sotto il profilo formale e che aveva delegato alle mansioni in materia di attività formativa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, titolare di apposita delega di mansioni con possibilità di spesa e di investimento.
 
La Corte di Cassazione ha ritenuto i ricorsi infondati e li ha pertanto respinti. Secondo la stessa, la Corte distrettuale aveva congruamente e logicamente ritenuto che la causa dell'infortunio fosse da individuare "esclusivamente nella mancata formazione e nel mancato addestramento dell'operaio" e nell'averlo adibito nell'impiego della motosega (con la quale aveva svolto solo poche ore di lavoro) affidandogli in tal modo mansioni proprie di un dipendente specializzato nonostante la qualifica di operaio comune avventizio. ” La vittima pertanto”, ha ribadito la Sez. IV, ” in difetto di adeguato addestramento nel taglio degli alberi di alto fusto e di esperienza consolidata nel tempo nell'uso di detto strumento di lavoro, non fu in grado di supplire a tale deficit formativo ed addestrativo, nel raffrontare in sicurezza il "pur minimo imprevisto" presentatosi nella concreta situazione di ‘albero impigliato’ (non caduto a terra, dopo il primo taglio del tronco, perché sostenuto dalle chiome degli alberi esistenti a valle) nella quale, trovandosi ad abbattere un pino di cm. 30 circa di diametro, cresciuto su di un terreno in pendenza, ebbe ad effettuare un secondo taglio a circa un metro dal primo senza lasciare la cerniera ovvero lasciando una cerniera insufficiente a sostenere il peso dell'albero che, libero del peso del troncone di un metro, ha effettuato una rotazione colpendo l'operaio all'addome".
 
“Ciò posto”, ha proseguito la suprema Corte, “ nessun dubbio poteva quindi sussistere in ordine alla responsabilità per colpa, ascritta ad entrambi gli imputati in ordine alle acclarate condotte commissive ed omissive per il mancato svolgimento di apposti corsi di formazione sul taglio degli alberi con l'ausilio della motosega, previsti solamente ‘sulla carta’ ed, invece, ‘significativamente tenuti ed organizzati solo dopo questo infortunio’ come altresì sottolineato dalla sentenza di primo grado”.
 
Al responsabile del servizio di prevenzione e protezione e responsabile aziendale della sicurezza, ha così proseguito la Sez. IV, “ si deve imputare il grave inadempimento a siffatto obbligo pacificamente rientrante nelle proprie mansioni, a tanto non potendo supplire il mero affiancamento ‘del neo assunto ad un operaio esperto’ quale procedura di addestramento impiegata fino alla data dell'infortunio”. Neppure il rappresentante legale della cooperativa, ha quindi concluso la suprema Corte, “ può andare esente da responsabilità, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, per aver tollerato (e di fatto avallato) la mancata effettuazione dei corsi di addestramento per i neo - assunti che avrebbero reso necessario l'impiego di risorse finanziarie e la riduzione delle ore di lavoro attivo degli operai, trattandosi di scelte in materia di organizzazione gestionale della cooperativa, facente capo esclusivamente al suddetto imputato in posizione apicale”.
 
 
 
 

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