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"L’individuazione del committente datore di lavoro nei lavori in appalto"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
10/02/2014 -
Il commento
È importantissima questa sentenza della Corte di Cassazione in quanto si riferisce sia alla
interpretazione da dare alla definizione di datore di lavoro di cui all’art. 2 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 che alla
individuazione della figura del committente datore di lavoro ai fini dell’applicazione dell’art. 26 dello stesso D. Lgs., riguardante la sicurezza negli appalti e
subappalti e nei contratti d’opera. La Corte suprema ha annullata una
sentenza di condanna emessa da un Tribunale nei confronti di un
amministratore unico di una società che aveva subappaltato dei lavori
alla stessa affidati da un condominio avendo il Tribunale stesso data
una interpretazione della figura del datore di lavoro non corretta alla
luce della definizione che di essa ha fornito il Testo unico in materia
di salute e di sicurezza sul lavoro ed avendo di conseguenza errato ad
applicare nei suoi confronti le disposizioni che il legislatore ha posto
a carico del committente datore di lavoro allorquando affida in appalto dei lavori da eseguire nell’ambito della propria organizzazione.
Il committente, ha infatti precisato la suprema Corte, assume una
posizione di datore di lavoro nei confronti dei dipendenti
dell’appaltatore solo se esercita una concreta ingerenza
nell’effettuazione di un’opera non interamente appaltata. Lo stesso è
invece sollevato da responsabilità nel caso in cui i lavori fossero
subappaltati per intero in modo che non possa esservi alcuna ingerenza
da parte sua nei confronti dell’appaltatore.
La condanna ed il ricorso in Cassazione
Il Tribunale ha condannato l’amministratore
unico di una società alla pena di euro 4000 di ammenda per il reato di cui al
combinato disposto degli articoli 26, comma 1, lettere a) e b) perché, nel
subappaltare l'abbattimento di un albero nel giardino di un condominio, non
aveva verificato, anche mediante l'acquisizione dell'apposita
autocertificazione, l' idoneità
tecnico-professionale della ditta incaricata dei lavori e non aveva altresì
fornito ai soggetti incaricati alla loro esecuzione dettagliate informazioni
sui rischi e sulle misure di prevenzione e di emergenza da adottare.
L’amministratore ha presentato alla
Corte di Cassazione ricorso contro la sentenza di condanna adducendo come
motivazione principale la violazione di legge con riferimento al combinato
disposto degli articoli 2, comma 1 lettera b) e 26, comma 1 lettere a) e b),
del D. Lgs. n. 81/2008, avendo la propria società subappaltato i lavori che gli
erano stati affidati ad un’altra società che aveva subappaltato gli stessi ad
un'impresa individuale la quale li aveva a sua volta in parte subappaltati ad
un'impresa individuale e sostenendo che nessuno dei suoi dipendenti aveva mai
preso parte all'esecuzione delle opere e che non si era mai ingerito nella loro
organizzazione e nella loro direzione. L’imputato, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di merito, ha
affermato altresì di non avere mai rivestito il ruolo di datore di lavoro ex
articolo 2 del D. Lgs. n. 81/2008, al quale in effetti erano da addebitare i
reati a lui ascritti, non avendo lo stesso tra l’altro né il potere di spesa né
quello decisionale in quanto le ditte che avevano svolto i lavori erano
completamente autonome,
Le decisioni
della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto fondato
dalla Corte di Cassazione che in premessa ha ritenuto opportuno richiamare la
definizione del datore
di lavoro ai fini dell’applicazione del D. Lgs. n. 81/2008. L’articolo
2 comma 1 lettera b) del D. Lgs. n.
81/2008, ha sostenuto infatti la suprema Corte, ha definito il
datore di lavoro come "
il soggetto titolare del rapporto di lavoro
con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto
dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha
la responsabilità dell'organizzazione stessa...in quanto esercita i poteri
decisionali e di spesa". Erroneamente quindi il Tribunale, ha
osservato la Sez. III, respingendo la posizione difensiva dell’imputato fondata
sul difetto del ruolo di datore di lavoro in capo allo stesso, aveva affermato
che questi "
era soggetto certamente
dotato di poteri di spesa, posto che la provvista necessaria all'esecuzione
dell'opera, corrispostagli direttamente dal condominio, avrebbe poi
necessariamente dovuto essere in parte versata nelle casse delle imprese
subappaltatrici, come dimostrano gli importi decrescenti indicati nei
rispettivi preventivi in atti" ed aveva sostenuto altresì, con
riferimento al potere decisionale, che lo stesso lo aveva esercitato nella
"
scelta...di non avvalersi dei
propri dipendenti per lo svolgimento dell'incarico, ma di subappaltare l'opera
a terzi", giacché subappaltare rientra
"nell'alveo dei poteri decisionali spettanti all'imprenditore
datore di lavoro, che in quanto tale si assume la responsabilità dell'intera
organizzazione".
Con tale affermazione, ha ancora
sostenuto la suprema Corte, il giudice di merito aveva minimizzato in senso
formale il potere di spesa e quello decisionale posti alla base della
definizione del datore di lavoro
identificandoli meramente nell'avere subappaltato i lavori a lui già affidati
in appalto. “
L'appaltatore”, ha
quindi proseguito la Sez. III, “
subappaltando
non perde automaticamente la sua qualifica di datore di lavoro con i correlati
obblighi antinfortunistici ma a condizione, proprio, che continui a esercitare
una concreta ingerenza nell'effettuazione dell'opera, così non integralmente
subappaltata: dalla responsabilità prevenzionale che da tali obblighi discende,
invero, il subcommittente è sollevato soltanto ove i lavori siano subappaltati
per intero, cosicché non possa più esservi alcuna ingerenza da parte dello
stesso nei confronti del subappaltatore”.
La Corte di Cassazione, in virtù di
quanto sopra indicato, ha quindi
annullata
la sentenza di condanna rinviandola al Tribunale di provenienza concludendo
che “
nel caso di specie è indiscusso che
l' oggetto
del subappalto è stato formalmente totale, e il giudice riconosce che
l'imputato non si è avvalso dei propri dipendenti per lo svolgimento
dell'incarico. Proprio da questo, tuttavia, il giudice trae l'esercizio dei poteri
decisionali di ingerenza che costituiscono la qualità di datore di lavoro, con
una interpretazione quindi non corretta, che identifica la qualità di datore di
lavoro nel potere subappaltare integralmente. Occorre invece che sia accertata
la concreta sussistenza di una permanente ingerenza dell'imputato
nell'esecuzione dei lavori, così che gli siano correttamente attribuibili i
poteri decisionali del datore di lavoro, e la conseguente responsabilità per i
reati a lui ascritti”.
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