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"RSPP: compiti e responsabilità alla luce delle novità normative"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
11/02/2014 - Spesso i
Working Papers - brevi saggi
sul diritto della salute e sicurezza sul lavoro prodotti da
Olympus -
affrontano i ruoli e gli obblighi assegnati ai vari attori della
sicurezza aziendale con riferimento all’evoluzione e alle novità nella
normativa.
Alcune utili riflessioni sul ruolo e sugli obblighi del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, li possiamo ad esempio trovare nel Working Paper 30/2014 – inserito nel sito di Olympus l’8 gennaio 2014 - dal titolo “ L’organizzazione del sistema aziendale di prevenzione: soggetti ed obblighi tecnici”, a cura di Chiara Lazzari, ricercatrice di Diritto del lavoro nell’ Università di Urbino “Carlo Bo”.
Alcune utili riflessioni sul ruolo e sugli obblighi del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, li possiamo ad esempio trovare nel Working Paper 30/2014 – inserito nel sito di Olympus l’8 gennaio 2014 - dal titolo “ L’organizzazione del sistema aziendale di prevenzione: soggetti ed obblighi tecnici”, a cura di Chiara Lazzari, ricercatrice di Diritto del lavoro nell’ Università di Urbino “Carlo Bo”.
Il saggio analizza le
disposizioni del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (e successive
modifiche) riguardanti l’organizzazione del sistema aziendale di prevenzione
(RSPP, medico competente, gestione delle emergenze, ...) evidenziando elementi
di continuità e discontinuità rispetto alla normativa pregressa, criticità
presenti e possibili soluzioni interpretative.
Riguardo al
servizio di prevenzione e protezione dai rischi (SPP) l’autrice
sottolinea che nella “prospettiva della prevenzione di tipo organizzativo”
fatta propria dal D.Lgs. 81/2008, in cui si enfatizza “la dimensione
dell’organizzazione nella programmazione e nella gestione della sicurezza nei
luoghi di lavoro”, non poteva che risultare “confermata la centralità del servizio
di prevenzione e protezione dai rischi”.
In merito all’opzione, già
operata dal d.lgs. 626/94 e confermata nel testo originario dell’art. 31 del
D.Lgs. 81/2008, fra l’organizzazione del SPP all’interno dell’azienda o
dell’unità produttiva e l’incarico affidato a persone o servizi esterni,
vengono sottolineate le
novità
introdotte dal Decreto
del Fare-Legge n. 98/2013.
Nel testo risultante a seguito
delle modifiche l’art. 31, comma 1, richiede che
il datore di lavoro organizzi il SPP “
prioritariamente” all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva:
“si è così inteso rispondere alla procedura d’infrazione aperta contro l’Italia
il 26 giugno 2013, con la quale la Commissione ha richiamato il nostro Paese ad
un più corretto recepimento della Direttiva n. 89/391/Cee circa l’ordine di
preferenza, posto dal suo art. 7, par. 3, nella scelta fra servizio interno ed
esterno. V’è, peraltro, da dubitare dell’adeguatezza dell’operazione
legislativa compiuta, non solo perché essa potrebbe risultare non del tutto
idonea ad attuare la menzionata Direttiva sotto il profilo contestato, ma anche
perché l’interpretazione dell’avverbio ‘
prioritariamente’
rischia di aprire un notevole contenzioso, gravando d’ora in poi sul datore di
lavoro l’onere, in caso di ispezioni, di giustificare la decisione di ricorrere
a servizi esterni”.
Il documento si sofferma anche
sul fatto che “sebbene l’attuale art. 31, a differenza del previgente art. 8,
comma 2, d.lgs. n. 626/1994, non lo affermi esplicitamente, nell’obbligo di
organizzazione del servizio rientra evidentemente quello di nomina di addetti e
responsabile”.
E d’altra parte, “di designazione
del RSPP – il cui nominativo, ai sensi dell’art. 28, comma 2, lett. e, deve
essere ora indicato nel documento di valutazione dei rischi e comunicato ai
lavoratori, unitamente a quello degli addetti, in virtù dell’art. 36, comma 1,
lett. d – parla espressamente l’art. 17, comma 1, lett. b, norma che conferma
l’indelegabilità dell’obbligo, a testimonianza del rapporto fiduciario sotteso
alla designazione in parola”.
Un altro tema affrontato è
relativo al’
SPP unico.
Infatti il legislatore del 2008
“ammette l’istituzione, in presenza di aziende con più unità produttive, di un
unico SPP (art. 31, comma 8), così facendo luce anche sul significato da
attribuire al menzionato art. 31, comma 1, evidentemente da intendersi nel
senso che al datore è consentito scegliere se organizzare il SPP a livello di
singola unità produttiva o, specie nei casi di difficile valutazione
dell’autonomia finanziaria e tecnico funzionale della stessa, di azienda.
Analoga possibilità è riconosciuta nell’ipotesi dei ‘gruppi di imprese’, in
rapporto alla quale va rilevata l’assenza, nel d.lgs. n. 81/2008, di
qualsivoglia definizione, sembrando peraltro ragionevole ritenere che la
nozione in questione possa riferirsi alle società controllate e collegate ai
sensi dell’art. 2359 c.c.”.
E l’art. 31, comma 8, “continua
affermando che i datori di lavoro possono rivolgersi alla struttura unitaria
per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del
responsabile. Per vero, tale precisazione appare tutt’altro che chiara, tanto
che, secondo un’opinione, essa lascerebbe pensare alla necessità di organizzare
in ogni caso un SPP per ogni unità produttiva o impresa del gruppo”. Attraverso
tale linea interpretativa si è giunti alla conclusione “giusta la quale i
datori di lavoro delle singole unità produttive o imprese, anziché procedere
direttamente, secondo i principi generali, alla designazione del RSPP ed alla
costituzione del servizio a livello locale, possono rivolgersi, per ricevere
assistenza in relazione a tali adempimenti, alla struttura centralizzata, a
cui, pertanto, sarebbe da riconoscere una
posizione
sovraordinata rispetto ai servizi periferici, oltre che funzioni di impulso
e coordinamento dei medesimi in ordine alle politiche di sicurezza aziendale”.
Tuttavia tale interpretazione,
continua l’autrice, “non convince del tutto” e alla norma parrebbe sottesa “una
finalità di semplificazione che mal si concilia con la duplicazione di servizi
(in sede centralizzata e locale), e connessi responsabili”.
Rimandando alla lettura integrale
del Working Paper, che si sofferma anche sullo svolgimento del datore di lavoro
in prima persona dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi e sui
compiti, capacità e requisiti professionali di addetti e responsabili,
concludiamo con qualche breve cenno alle
responsabilità
del RSPP.
Come affermato dalla
giurisprudenza, il responsabile
del servizio, al pari dei suoi componenti, è
un mero ausiliario del datore di lavoro, privo di poteri decisionali ( Cass.
pen., 25 marzo 2010, n. 11582)
una
sorta di consulente…ed i risultati dei suoi studi e delle sue elaborazioni,
come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell’amministrazione
dell’azienda (“ad esempio, in campo fiscale, tributario, giuslavoristico”)
vengono fatti propri dal datore di lavoro
che lo ha scelto, con la conseguenza che quest’ultimo delle eventuali
negligenze del consulente è chiamato comunque a rispondere (Cass. pen., 15
gennaio 2010, n. 1834; nello stesso senso Cass. pen.,17 dicembre 2012, n.
49031; Cass. pen., 26 agosto 2010, n. 32357; Cass. pen., 20 agosto 2010,
n.32195; Cass. pen., 15 maggio 2008, n. 19523; Cass. pen., 20 giugno 2008, n.
25288).
Tuttavia ciò non significa “che i
componenti del SPP possano allora adempiere alle proprie funzioni al di fuori
di ogni responsabilità. Invero – come dimostra, pur se con distinzione di toni
ed argomentazioni, l’elaborazione giurisprudenziale in materia – la mancanza di
sanzioni penali dirette non si traduce in un’assoluta impunità del RSPP (ma
anche degli addetti) di fronte ad infortuni o tecnopatie, qualora l’omesso
assolvimento, o l’assolvimento inadeguato, di un compito risulti causalmente
rilevante nella produzione dell’evento lesivo, ovvero quando quest’ultimo sia
oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che il soggetto in
questione avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, così da consentire
l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a
neutralizzare detta situazione.
Il RSPP – al pari degli ASPP –
“non può ritenersi esonerato da un’eventuale responsabilità per colpa
professionale, in particolare dopo l’avvento del d.lgs. n. 195/2003. Anzi,
secondo un’opinione [1],
essendosi costruito, proprio a partire dal citato provvedimento normativo, il ruolo
di RSPP come corrispondente ad una precisa qualifica professionale, non
potrebbero non esserci ripercussioni anche sul principio di affidamento del
datore di lavoro, come confermato da alcuni interventi della giurisprudenza”.
Inoltre alla luce del tipo di
attività prestata dal RSPP, “desta molte perplessità la
prassi di gravare tale figura di responsabilità che non gli
competerebbero, stando alla lettera ed alla ratio della normativa, attraverso
il conferimento di incarichi operativi. La prassi in questione, peraltro,
risulta pienamente avallata dalla giurisprudenza, la quale, pur ribadendo la
differenza, già evidenziata, che intercorre tra detta figura e quella, del
tutto facoltativa ed eventuale, del delegato, si è orientata nel senso di
condannare il responsabile tutte le volte che fossero provate le deleghe
destinate ad assegnargli compiti operativi in materia di igiene sicurezza sui
luoghi di lavoro”. Il RSPP è esente da responsabilità prevenzionali, derivanti
dalla violazione delle norme di puro pericolo,
qualora agisca come tale, ma non se il datore di lavoro lo investa di
delega, ne faccia, ai fini prevenzionali o a determinati fini prevenzionali, il
proprio alter ego, assumendo il delegato, in questo caso, gli stessi oneri del
datore di lavoro e, quindi le stesse, eventuali, responsabilità (Cass.
pen., 20 aprile 2005, n. 11351, cit.).
Riportiamo infine l’opinione
dell’autrice su questa tipologia di
deleghe.
Il documento segnala infatti che
c’è “da dubitare dell’ammissibilità di una delega di tal fatta, avendo il
legislatore marcato in maniera inequivocabile la diversità di funzioni cui il
soggetto in parola risulta chiamato rispetto alla linea operativa ‘datore di
lavoro – dirigente – preposto’. Si spiegherebbe così l’introduzione di una
norma ad hoc necessaria ad autorizzare eccezionalmente lo svolgimento diretto,
da parte del datore di lavoro, delle funzioni proprie del servizio, e solo con
riferimento alle realtà produttive di minori dimensioni e di scarsa complessità
organizzativa”.
E la primaria funzione
consulenziale svolta dal RSPP - quella di necessario collaboratore del datore
nella valutazione dei rischi – “risulterebbe inevitabilmente vanificata ove
egli dovesse anche rivestire, in forza di una delega, il ruolo di attuatore
delle misure di prevenzione identificate in detta valutazione. Nonostante
questo, tuttavia,
manca un espresso
divieto in tal senso. Il che, in una materia penalmente rilevante come
quella in esame, impedisce di trarre inequivocabilmente da tali considerazioni
la conseguenza dell’invalidità ed inefficacia della delega conferita al RSPP”.
Olympus - Osservatorio per il
monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del
lavoro, “ L’organizzazione del sistema aziendale di prevenzione: soggetti
ed obblighi tecnici”, a cura di Chiara Lazzari, ricercatrice di Diritto del
lavoro nell’Università di Urbino “Carlo Bo”, Working Paper di Olympus 30/2014
(formato PDF, 398 kB).
Tiziano Menduto
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