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"Sicurezza di macchine e impianti: conformità e valutazione dei rischi"

fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza Macchine ed Attrezzature

18/02/2014 - Chi scrive continua ad osservare che da più parti, al momento in cui si citano i documenti (o i contenuti) che devono obbligatoriamente fare parte del documento di valutazione dei rischi, non si citano le attrezzature di lavoro, ovvero le macchine, gli impianti, gli utensili ecc. così come definite dal titolo III capo I del D.Lgs. 81/2008.

È vero, leggendo in particolare gli articoli 70 e 71, che da nessuna parte si scrive di un obbligo di “valutare i rischi delle attrezzature di lavoro”; si trovano invece indicazioni sulla conformità e sulla scelta delle attrezzature di lavoro. Questo a nostro avviso induce in errore, facendo intendere che una valutazione dei rischi specifica non sia necessaria. Questo equivoco si scioglie, però, considerando che comunque  il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi a cui sono sottoposti i lavoratori, e quindi anche i rischi che derivano dall’impiego delle macchine, dall’esercizio degli impianti, dalla manutenzione ecc.

Verifica di conformità e valutazione dei rischi
La questione quindi si trasforma in due domande apparentemente distinte:
- Come deve essere verificata la conformità delle macchine presenti in azienda, ovvero messe a disposizione dei lavoratori?
- Come devono essere valutati i rischi delle medesime macchine?
 
In realtà fra verifica di conformità e valutazione dei rischi ci sono diversi punti in comune che suggeriscono di accorpare le due logiche in una unica attività analitica. La valutazione dei rischi parte evidentemente dalla identificazione dei pericoli, la verifica di conformità non è altro che un controllo che, rispetto ai pericoli presenti su una macchina, siano state adottate le misure previste dalle disposizioni legislative applicabili (e, in subordine, dalla buona tecnica espressa dalle norme applicabili). Quindi si parte comunque dalla identificazione dei pericoli; non solo, è assolutamente evidente che dove il rischio è elevato, la conformità di una macchina è decisamente fondamentale per garantire la sicurezza delle persone. Insomma, suddividere le due attività come se fossero separate non è solo una perdita di efficienza, ma può anche comportare un errore di focalizzazione (ovviamente l’attenzione deve essere focalizzata al massimo là dove sono presenti rischi elevati).
 
Da questa prima considerazione emerge una conseguenza pratica ulteriore: per verificare la conformità sono costretto a effettuare una identificazione puntuale dei rischi, e questo, al di là di ogni considerazione metodologica, mi induce comunque a fare una corrispondente valutazione dei rischi che sarà quindi altrettanto puntuale. E questo, al di là del mero aspetto valutativo, è un ottimo punto di partenza per una corretta gestione delle attività di adeguamento o di miglioramento della sicurezza su macchine e impianti.
Una ultima nota sul tema della conformità: ricordiamo che per le attrezzature marcate CE la certificazione rappresenta una garanzia della conformità progettuale della macchina, mentre per quelle non marcate il datore di lavoro deve garantire (verificare) la conformità anche rispetto ai requisiti tecnico / progettuali dell’allegato V del D.Lgs. 81/2008.
 
Due approcci complementari alla valutazione dei rischi
A questo punto emerge una seconda considerazione: cosa è la valutazione dei rischi di una macchina, ovvero quali rischi devono essere valutati?
Nella precedente esposizione abbiamo dato volontariamente per sottinteso che la verifica di conformità coincida con la valutazione dei rischi propri della attrezzatura di lavoro, che devono essere considerati dal datore di lavoro al momento della scelta della stessa (vedi D.Lgs. 81/2008, art. 71). Si tratta quindi di una valutazione, pur limitata nell’approfondimento, dei rischi che la costituzione tecnica della macchina comporta. I così detti rischi residui, che potrebbero anche non essere residui nel senso di accettabili come tali, ma imporre un intervento di riduzione. C’è un altro insieme di rischi che tale valutazione non riesce ad evidenziare: sono i rischi legati alle concrete modalità di utilizzo della attrezzatura, modalità di utilizzo che spesso variano da contesto aziendale a contesto aziendale. Per identificare tali rischi non si deve “partire dalla attrezzatura”, ovvero considerare i rischi residui introdotti dalla attrezzatura, ai quali i lavoratori potrebbero anche non esporsi, ma si deve “partire dalla persona”, ovvero da come l’operatore concretamente opera sulla macchina o sull’impianto.
È come se ci venisse chiesto di rispondere a due domande diverse:
- Quali sono gli elementi concretamente pericolosi con cui l’operatore potrebbe entrare in contatto, indipendentemente dal fatto che tale “contatto” sia necessario?
- Quali operazioni esegue il lavoratore, e a quali rischi si espone durante le operazioni?
 
Qualcuno potrebbe sostenere che la prima domanda ci porta ad avere un insieme di rischi nei quali ricadono tutti i rischi che emergerebbero rispondendo alla seconda domanda. In verità questo non è del tutto vero perché ci sono, a solo titolo di esempio, i rischi di natura ergonomica, o comunque derivanti da considerazioni ergonomiche, che possono essere evidenziati solo considerando il modo di operare del lavoratore. Quindi le due tipologie di valutazione dei rischi danno risultati che solo in parte si sovrappongono.
 
Come procedere
Ricapitolando quindi, una valutazione dei rischi che vada a considerare una attrezzatura di lavoro nella sua interezza deve necessariamente comprendere:
- La valutazione dei rischi propri della macchina o dell’impianto.
- La valutazione dei rischi delle modalità di utilizzo della macchina o dell’impianto (approfittiamo per ricordare che per il titolo III capo I del D.Lgs. 81/2008 il temine uso è molto ampio e comprende anche preparazione, pulizia, manutenzione ecc.).
 
Come procedere? Sicuramente le due attività di valutazione non sono strettamente sovrapponibili; è come se si andasse a osservare una stessa realtà (i rischi una stessa attrezzatura di lavoro) attraverso due filtri diversi, che permettono di vedere aspetti diversi della realtà.
 
Quindi la domanda che ci viene spontanea è: conviene procedere in serie o in parallelo? Ovvero, ponendo di avere un discreto numero di attrezzature da assoggettare a valutazione dei rischi, è preferibile fare una attrezzatura per volta valutando sia i rischi propri della attrezzatura che quelli delle modalità di utilizzo, oppure conviene prima considerare tutte le attrezzature dal punto di vista dei rischi propri e solo in un secondo momento, nuovamente tutte le attrezzature ma sotto il profilo dei rischi derivanti dalle modalità di utilizzo (o viceversa)?
 
Qui è rilevante una considerazione pratica: per i rischi propri della attrezzatura, un tecnico competente ha bisogno di osservare la attrezzatura durante il funzionamento, di comprendere tecnicamente il funzionamento dei sistemi di sicurezza, di leggere la documentazione tecnica per capire quali sono gli interventi di manutenzione programmata. Quindi è necessario creare una presenza contemporanea fra il valutatore, la attrezzatura funzionante e la documentazione tecnica.
Se invece consideriamo la valutazione dei rischi delle modalità di uso, la presenza contemporanea deve essere quella fra valutatore e operazioni da effettuare, da quelle più frequenti (approvvigionamento materiali, normale esercizio, disinceppamenti ecc.) a quelle più rare (manutenzione, cambi formato ecc.). Evidentemente, per avere un quadro completo, è necessario un arco temporale più ampio; inoltre la attività, per sua natura, è piuttosto dispersiva.
 
Il nostro indirizzo è quindi quello di partire dai rischi propri di tutte le attrezzature in modo da coprire in un arco temporale relativamente ridotto una considerevole percentuale delle problematiche esistenti; la valutazione dei rischi delle modalità di utilizzo sarà dunque una seconda fase di affinamento dell’attività valutativa precedentemente svolta.
 
Valutazione delle modalità di utilizzo e istruzioni operative
La valutazione dei rischi delle modalità di utilizzo delle attrezzature di lavoro passa attraverso la osservazione di come gli addetti operano su una macchina o su un impianto, per l’esercizio ma anche per la manutenzione (ordinaria), per la pulizia ecc. Osservando le modalità operative si identificano i rischi associati alle stesse che possono essere ridotti o cambiando le modalità operative medesime, o associandole a specifiche precauzioni per il controllo dei rischi. In ogni caso ci si aspetta che le precauzioni siano di carattere operativo e non siano invece interventi tecnici sulle macchine o sugli impianti.
 
Partendo da queste considerazioni, ovvero che è necessario ricostruire le attività operative per migliorarle o integrarle con precauzioni di sicurezza, emerge evidente il fatto che nel fare la valutazione dei rischi delle attività di fatto si redige anche una istruzione operativa di sicurezza per l’attività esaminata. Quindi un “sottoprodotto” praticamente gratuito dell’attività valutativa sono le istruzioni operative di sicurezza che integrano le misure di controllo del rischio opportune e adeguate a ricondurre il rischio medesimo ad un livello accettabile per la azienda. Non è un vantaggio da poco, se consideriamo che è ormai buona prassi mettere per scritto le istruzioni di sicurezza per lo svolgimento delle attività soggette a rischio, e che tali istruzioni sono da considerarsi vere e proprie misure di controllo dei rischi.
 
 
Alessandro Mazzeranghi
 
 


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