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"Il DPR 177/2011 e l’accesso negli apparecchi a pressione"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
17/04/2014 - Nel riprendere il discorso sul
tema, al fine di fornire un’informazione corretta, bisogna innanzi tutto dire
che il cosiddetto “ Decreto
del Fare”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 Agosto scorso
(Supplemento Ordinario n°146), modificando il comma 11 dell’Articolo 71 del
DLgs. 81/2008, ha introdotto importanti cambiamenti in ambito delle
verifiche sulle attrezzature di lavoro.
Come già evidenziato nella prima parte di questo approfondimento, il quadro legislativo individuava come soggetti preposti all’effettuazione delle verifiche l’INAIL per la prima e le ASL/ARPA oppure i soggetti abilitati [1] diversi da quelli pubblici (qualora questi ultimi non riuscissero a ottemperare alle richieste ricevute) per le successive.
Come già evidenziato nella prima parte di questo approfondimento, il quadro legislativo individuava come soggetti preposti all’effettuazione delle verifiche l’INAIL per la prima e le ASL/ARPA oppure i soggetti abilitati [1] diversi da quelli pubblici (qualora questi ultimi non riuscissero a ottemperare alle richieste ricevute) per le successive.
Il Decreto del Fare, apre ora una
terza fase nella quale i soggetti abilitati sono di fatto equiparati agli
organismi di controllo pubblico per le verifiche
periodiche sulle attrezzature. Nel dettaglio, se nell’ambito del Decreto 11
aprile 2011, il Datore di Lavoro aveva la possibilità di attivare un Soggetto
Abilitato se INAIL e ASL/ARPA non intervenivano entro i termini stabiliti (a 60
giorni dalla richiesta per la prima verifica, a 30 giorni per le successive),
con il Decreto del Fare questo meccanismo è stato sostanzialmente modificato.
I
due principali cambiamenti sono:
- il termine entro il quale INAIL
deve intervenire per svolgere la prima verifica è
ridotto a 45 giorni, trascorsi i quali il datore di lavoro deve
attivare il proprio Soggetto Abilitato;
- per le verifiche successive, il
Datore di Lavoro può
attivare a sua
scelta o ASL/ARPA o il proprio Soggetto Abilitato, senza dover quindi attendere
la scadenza dei tempi d’intervento previsti per il controllo pubblico.
Ciò detto, nel presente scritto
non ci occuperemo in dettaglio del tema principale che sottende all’intera
questione dell’accesso nei generatori di vapore a tubi di fumo (e più in
generale negli apparecchi a pressione), in altre parole la possibilità di poter
garantire il rispetto di quanto previsto dall’art. 66 del D.Lgs. 81/08 che
richiede la presenza di un’apertura di accesso con dimensioni tali da poter
consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi. È, infatti,
evidente che questo requisito, associato all’effettiva necessità di prevedere
comunque l’ingresso di un lavoratore all’interno di un apparecchio a pressione
(poiché non esistono alternative tecnicamente praticabili per svolgere
l’attività programmata), sono il cuore del problema ancora prima di
preoccuparsi di come applicare quanto previsto dal DPR 177/2011. Considerata
l’importanza di questi temi, ovviamente, anche le già citate “Indicazioni
operative in materia d’igiene e sicurezza sul lavoro negli ambienti confinati”
evidenziano tale situazione.
Al punto 3.1 di tale documento,
infatti, si può leggere:
Il lavoro all’interno
di ambienti
confinati è possibile previa verifica dell’assenza di pericoli per la vita
umana e per l’integrità fisica dei lavoratori, vale a dire:
•
reale possibilità di
salvataggio e soccorso;
• assenza di gas, vapori, fumi, polveri, ecc. e altri agenti pericolosi
per i lavoratori medesimi (artt. 66 e 121 del D.Lgs. 81/08)
Qualora non si escluda la loro presenza e non sia possibile evitare
l’accesso, nemmeno ricorrendo alle tecnologie più avanzate, dovranno essere
messe in atto tutte le misure atte a garantire le condizioni di sicurezza per i
lavoratori.
E’ evidente che il problema non è
nato con il D.Lgs. 81/08 giacché, da sempre, prima i funzionari ex ANCC e poi
ISPESL (oggi INAIL) hanno eseguito puntualmente le verifiche interne degli apparecchi
senza che, per quanto risulta allo scrivente, sia mai stato registrato un
incidente riconducibile a tale attività. È però vero che ad acuire il problema
sul versante pubblico, oltre alla pubblicazione del D.P.R. 177/2011,
concorrono oggi due condizioni apparentemente non collegate al tema ambienti
sospetti di inquinamento o confinati: la riforma Fornero e il blocco del
turnover nella pubblica amministrazione. È evidente che la loro combinazione
elevando, di fatto, l’età per l’accesso al trattamento di quiescenza per tutti
i lavoratori e non consentendo un ricambio generazionale tra i tecnici addetti,
pone oggi le ASL/ARPA nella condizione di mantenere in servizio, per
l’effettuazione delle verifiche (anche interne) degli apparecchi a
pressione, personale tecnico avanti con gli anni che non può essere
sostituito (come avveniva in passato) da giovani neoassunti, con conseguente
possibile incremento delle situazioni di rischio legate all’affaticamento e/o
alla diminuzione delle capacità fisiche del verificatore.
Quindi, ritornando alla questione
centrale del problema, ci si potrebbe quindi chiedere se le
dimensioni originariamente previste
dall’ex. art. 235 del D.P.R. 547/55, ovvero non inferiori a 30 cm per 40 cm o
un diametro non inferiore a 40 cm (tenuto conto che il non inferiore è stato
invece spesso tradotto, nell’applicazione reale, come misura standard da
adottare) che caratterizzano l’apertura di accesso ellittica di tutti i
generatori di vapore a tubi di fumo (e molti altri apparecchi) attualmente in
esercizio, garantiscano una reale possibilità di salvataggio e soccorso. E ove
questa condizione non si ritenga essere verificata, come si può quindi
assolvere gli obblighi previsti dal DPR 329/2004 in materia di verifica
dell’esercizio degli apparecchi a pressione? Abbiamo già affrontato
quest’ultimo argomento in altra sede [2]
ma, comunque, torneremo nuovamente a parlarne in futuro anche in funzione degli
sviluppi dell’attività del gruppo di lavoro del DGUV di cui ho riferito nella
prima parte dell’articolo.
Per adesso, nell’attesa di una
sostanziale modifica dei codici di calcolo degli apparecchi a pressione (che
preveda l’adozione standardizzata di aperture di accesso con misure maggiori) e
di una consolidata applicazione a livello nazionale di una forma di controllo
alternativa all’ispezione visiva interna, resta da stabilire cosa possiamo
fare.
Ovviamente la questione è
particolarmente complessa anche perché, su questo tema, si trovano a dover
operare contemporaneamente due diversi attori: da una parte il datore di lavoro
committente utilizzatore dell’apparecchio a pressione che deve
obbligatoriamente sottoporlo a verifica periodica, dall’altra il verificatore inviato
dal suo datore di lavoro [3]
per adempiere alle attività di controllo previste dal DPR 329/2004. A chi dei
due spetta valutare se l’accesso all’interno dell’apparecchio attraverso il
classico passo d’uomo ellittico 30x40 cm rappresenta o meno una condizione di
rischio accettabile e, comunque, che sussistono le condizioni richieste dall’art.
66 del D.Lgs. 81/08 in tema di reale possibilità di salvataggio e soccorso? La
questione, ovviamente non è marginale specie se a seguito dell’accesso si
dovesse malauguratamente registrare un infortunio del verificatore.
Certamente il datore di lavoro
committente dovrà garantire tutte le condizioni di abitabilità all’interno
dell’apparecchio (misurazioni delle concentrazioni di eventuali inquinanti,
verifica del livello di ossigeno ed esplosività, ventilazione adeguata, ecc..)
ma, ovviamente, non potrà fare nulla riguardo alle caratteristiche geometriche
dell’apertura di accesso che resta quella progettuale che è stata realizzata in
sede di costruzione dell’apparecchio. Inoltre dovrà mettere a disposizione del
verificatore [4] (sia
questi di INAIL o ASL/ARPA o del Soggetto
abilitato) il personale occorrente sotto la vigilanza di un preposto e i
mezzi necessari per l’esecuzione delle operazioni stesse (esclusi gli
apparecchi di misurazione) e provvedere anche a definire le procedure di
salvataggio e di gestione di un’eventuale emergenza che, il proprio personale,
dovrà porre in atto in caso di necessità.
Ovviamente tali procedure
dovranno comprendere anche le modalità di
estrazione
dall’apparecchio dell’eventuale infortunato privo di sensi. E già qui le
cose si fanno complesse. D’altra parte, però, il datore di lavoro del
verificatore (chiunque esso sia) potrebbe non limitarsi a richiedere evidenza
dell’effettiva elaborazione delle procedure di sicurezza e di approntamento
della squadra di salvataggio da parte del soggetto utilizzatore, ma potrebbe
invece applicare alla lettera il disposto dall’art. 66 del D.Lgs. 81/08 e,
sulla base della propria valutazione dei rischi, ritenere impossibile accedere
all’interno dell’apparecchio attraverso un passo d’uomo di dimensioni così
limitate, astenendosi dall’effettuazione della verifica.
Quindi, quale scenario potrebbe,
alla fine, configurarsi? Sostanzialmente quello in cui le ASL/ARPA potrebbero
rendersi indisponibili all’effettuazione di questo tipo di verifiche
trasferendo, di fatto, tutta l’attività verso i Soggetti abilitati che, quindi,
dovranno garantire la copertura completa dell’intera richiesta degli
utilizzatori. D’altra parte, alcuni Soggetti abilitati che, analogamente a
quanto fatto dall’ASL/ARPA, potrebbero decidere di non garantire questo
servizio (tenuto anche conto che le tariffe del servizio sono fissate dal
Ministero [5]),
riducendo così ulteriormente il numero di Soggetti abilitati disponibili che
saranno effettivamente in grado di garantire la necessaria copertura del
servizio, assicurando quindi il superamento del sostanziale impasse che, nel
corso degli anni, ha caratterizzato il sistema delle verifiche degli apparecchi
e attrezzature di lavoro.
Fatte tutte queste necessarie
premesse, poniamo il caso che sia il datore di lavoro committente sia il datore
di lavoro del verificatore [6],
concordino sulla fattibilità dell’accesso attraverso il passo d’uomo ellittico
da 30x40 cm. (Come in Fig.2)
Come trova applicazione quanto
previsto dal D.P.R.
177/2011 ovvero quali sono gli effettivi obblighi dell’azienda?
Cominciamo a ricordare che il Regolamento
recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi
operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti, a norma
dell’articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.
81, precisa che qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti
sospetti di inquinamento o confinati, può essere svolta unicamente da
imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso dei requisiti
elencati all’art.2 c1 lettere dalla a) alla h); inoltre che il mancato rispetto
delle previsioni di cui al regolamento determina il venir meno della
qualificazione necessaria per operare, direttamente o indirettamente, nel
settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati. (Fig.3)
È pertanto evidente che sia il
verificatore (e la sua organizzazione di appartenenza) che si appresta a
eseguire l’accesso interno al generatore di vapore, sia l’azienda proprietaria
dell’apparecchio che ne ha richiesto la verifica, devono possedere i
requisiti di qualificazione previsti.
Certo è inusuale trovarsi nella condizione di chiedere a un funzionario ASL/
ARPA, che si presenta con la duplice veste di verificatore e Ufficiale di
Polizia Giudiziaria, se possiede tali requisiti ma,
stricto sensu, tale verifica dovrebbe essere condotta. Questo anche
considerato che, in particolare, le ASL sono aziende dotate di personalità
giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale,
contabile, gestionale e tecnica (secondo il Decreto Legislativo 517/93 che ha
modificato l’articolo 3 del Decreto Legislativo 502/92).
Tale condizione è stata ribadita
con la sentenza 17 settembre 2003 n° 5101 con la quale, senza precedenti nella
specifica materia, il TAR Toscana, sezione II, tra le altre materie affrontate
nella stessa, ha sancito in maniera inequivoca la natura giuridica delle
Aziende Sanitarie Locali definite come Enti Pubblici Economici. Può essere
utile ricordare che per Pubblica Amministrazione si deve intendere qualsiasi
amministrazione dello Stato, di Enti Pubblici locali o sovranazionali (nonché
qualsiasi Ente Pubblico, agenzia o autorità amministrativa indipendente e
relative articolazioni, o qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca con
l’incarico di pubblico ufficiale o d’incaricato di un pubblico servizio). Nella
definizione di
Ente Pubblico sono
compresi tutti quei soggetti giuridici (anche se costituiti nelle forme del
codice civile) che, per ragioni preminenti di ordine politico - economico,
adempiono una funzione pubblicistica posta a presidio della tutela d’interessi
generali, come gli enti gestori dei mercati regolamentati.
Gli
Enti Pubblici Economici, invece, sono persone giuridiche che si
presentano pubbliche sotto il profilo strutturale e private sotto il profilo
funzionale. Ovvero, secondo la migliore dottrina, le scelte concernenti la loro
creazione, alla designazione dei loro organi e al funzionamento degli stessi,
al rapporto con gli organi di vigilanza e di controllo e all’esercizio dei
poteri d’indirizzo, nonché alla distinzione fra poteri d’indirizzo e di
gestione sono di natura pubblicistica, mentre la gestione degli aspetti di
carattere funzionale, cioè gli strumenti per il perseguimento dei fini
immediati sono di natura privatistica.
Certamente diverso è, invece, il
caso in cui sia un
Soggetto abilitato
a dover eseguire l’accesso. Ricordiamo che, sebbene nell’esercizio di queste
funzioni assumono la qualifica di “incaricati di pubblico servizio” e
rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione, i
Soggetti abilitati sono delle società private alle quali, quindi, si deve
considerare applicabile integralmente quanto previsto dal DPR 177/2011.
A riguardo, si rileva che una
breve ricerca telefonica condotta dallo scrivente in merito a quali azioni
avessero intrapreso con riferimento all’applicazione del DPR 177/2011,
evidenzia come alcune di queste società considerino sufficiente la sola
iscrizione all’interno degli elenchi INAIL quale autorizzazione
all’effettuazione di attività in ambienti sospetti d’inquinamento o confinati.
La motivazione addotta è che, avendo ottenuto l’abilitazione (con decreto del
Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero della Salute e quello dello
Sviluppo Economico), questo sia titolo necessario e sufficiente ai fini dello
svolgimento delle attività di verifica periodica di cui all’All.VII del D.Lgs.
81/08 e s.m.i. per tutti gli ambiti per i quali il Soggetto ha richiesto
abilitazione. Ovviamente non si concorda con tale affermazione ovvero si
ritiene che, invece,
tale requisito sia
da ritenersi necessario ma non sufficiente, in altre parole la società che
svolge le funzioni di Soggetto abilitato, per verifiche che prevedono l’accesso
in ambienti sospetti d’inquinamento o confinati, deve integralmente possedere anche
i requisiti di qualificazione richiesti dal DPR 177/2011.
Analizzando ora la
duplice veste che l’azienda assume durante
le operazioni, si rileva che da una parte opera come committente delle
attività di verifica, dall’altra opera come esecutrice (con proprio personale)
di attività direttamente connesse all’accesso in ambienti sospetti
d’inquinamento o confinati. Quindi:
- quale committente, l’azienda
dovrà verificare sia l’idoneità tecnico-professionale del verificatore, così
come prescritto dall’articolo 26, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 81/08, sia il
possesso da parte sua dei requisiti generali di qualificazione di cui all’art 2
c1;
- quale esecutrice (con proprio
personale) di attività di supporto all’accesso (che comprendono tutte le
attività di preparazione, assistenza e anche gestione dell’emergenza) l’azienda
a sua volta deve possedere i requisiti generali di qualificazione di cui
all’art 2 c1 e, inoltre, ottemperare integralmente a quanto previsto dall’art.
3 del DPR 177/2011.
In entrambi i casi l’Azienda, in
particolare, dovrà:
- elaborare le procedure di
sicurezza di cui agli articoli 2 e 3 del DPR 177/2011;
- nominare un preposto alle
operazioni che abbia un’esperienza almeno triennale relativa a lavori in
ambienti sospetti d’inquinamento o confinati, assunto con contratto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali
o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti
siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
- nominare un proprio
rappresentante (in questo caso potrebbe coincidere con la nomina del preposto),
in possesso di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro
e che abbia comunque svolto le attività d’informazione, formazione e
addestramento di cui all’articolo 2, comma 1, lettere d) ed f), a conoscenza
dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attività lavorative, che
vigili in funzione d’indirizzo e coordinamento delle attività svolte dal
verificatore e per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con
quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente;
- identificare i lavoratori che
dovranno collaborare durante le attività di verifica, tenuto conto delle
capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla
sicurezza, cui dovranno essere forniti i necessari e idonei dispositivi di
protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione e il medico competente;
- provvedere alle attività
d’informazione e formazione di tutto il personale impiegato, specificamente
mirate alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività, oggetto
di verifica di apprendimento e aggiornamento;
- effettuare attività di
addestramento di tutto il personale impiegato, relativamente all’applicazione
di procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli articoli 66 e
121 e dell’allegato IV, punto 3, del D.Lgs. 81/08;
- designare preventivamente i
lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di salvataggio, di primo
soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza che saranno incaricati di
seguire le operazioni per un eventuale intervento in caso di necessità;
- adottare ed efficacemente
attuare una procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o, ove
impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attività di verifica,
comprensiva dell’eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema
di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco;
- garantire che, prima
dell’accesso nei luoghi nei quali devono svolgersi le attività ispettive, il
verificatore sia puntualmente e dettagliatamente informato dal datore di lavoro
committente sulle caratteristiche dei luoghi in cui è chiamato a operare, su
tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai
precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione ed
emergenza adottate in relazione alla propria attività”.
Appare evidente che,
nell’adempiere a quanto sopra, l’Azienda ritrova tutti i
vari e gravi problemi applicativi che il DPR 177/2011 ha manifestato
fin da subito. A partire dalla mancata definizione della durata e modalità
di somministrazione dell’informazione/ formazione ai lavoratori, alla prevista
durata di un giorno per le attività d’informazione su tutti i rischi esistenti
negli ambienti e sulle misure di prevenzione ed emergenza adottate in relazione
alla propria attività che dev’essere effettuata prima dell’accesso, ecc.
Fine seconda parte. La conclusione dell’articolo verrà pubblicata la
prossima settimana.
Ing. Adriano Paolo Bacchetta
Coordinatore del network www.spazioconfinato.it
[1] Così
come precisato nel Decreto 11 Aprile 2011
[2] Bollettino
Commissione di certificazione Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Centro Studi Marco Biagi n. 4/2012 - Speciale ambienti confinati.
[3] Sia
questo l’ASL, l’ARPA o un Soggetto abilitato.
[4] Ai
sensi del Decreto 11 aprile 2011 Allegato II art. 5.3.1.
[5] Nel
caso di verifiche effettuate dai soggetti presenti nell’elenco dell’INAIL, il
15% dei compensi percepiti spetta ai soggetti pubblici per coprire i costi
legati all’attività di controllo dell’operato dei soggetti abilitati,
all’attività’ amministrativa, di controllo, di monitoraggio, di costituzione,
di gestione e di mantenimento della banca dati informatizzata”. Il 5% spetta
all’INAIL per la gestione ed il mantenimento della banca dati informatizzata.
E’ ammessa una oscillazione non superiore al 15% dalle tariffe applicate dal
soggetto titolare della funzione e devono essere comunicate dal datore di
lavoro al soggetto titolare della funzione. Le tariffe sono determinate con
decreto e finché non sarà emanato rimangono in vigore quelle attuali.
[6] ASL/ARPA
o Soggetto abilitato.
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