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"Il rischio da sovraccarico biomeccanico nell’industria casearia"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
09/05/2014 -
Sappiamo che le
malattie muscoloscheletriche costituiscono
uno dei problemi più rilevanti tra le malattie professionali: un
fenomeno in costante crescita in tutti i paesi dell’Unione Europea. E i
fattori di rischio più rilevanti sono correlati all’organizzazione
lavorativa e riguardano sforzo muscolare, posture incongrue, ripetitività dei movimenti e tempi di recupero insufficienti.
Un intervento nella giornata di studio “ Salute e sicurezza sul lavoro nel comparto zootecnico e caseario” - organizzata il 26 ottobre 2011 a Sassari dal Comitato consultivo dei Georgofili per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro agricolo, in collaborazione con l’ ASL Sassari e l’ Università di Sassari – ha focalizzato l’attenzione sulle attività lavorative nell’industria casearia che presentano molti fattori di rischio per l’apparato muscolo-scheletrico.
Se queste condizioni sono frequenti in molti settori economici,
sono particolarmente diffuse nel comparto manufatturiero, delle
costruzioni, dell’agricoltura e nell’
industria alimentare.
Un intervento nella giornata di studio “ Salute e sicurezza sul lavoro nel comparto zootecnico e caseario” - organizzata il 26 ottobre 2011 a Sassari dal Comitato consultivo dei Georgofili per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro agricolo, in collaborazione con l’ ASL Sassari e l’ Università di Sassari – ha focalizzato l’attenzione sulle attività lavorative nell’industria casearia che presentano molti fattori di rischio per l’apparato muscolo-scheletrico.
Nell’intervento “
Valutazione del rischio da sovraccarico
biomeccanico degli arti superiori nei processi di caseificazione industriale”
- a cura di L. Murgia, T. Marras, M. Bullitta e M. Angius (Servizio SPRESAL,
ASL Sassari), T. Gallu e A. Pazzona (Dipartimento Ingegneria del Territorio,
Università degli Studi, Sassari) – si ricorda che l’ industria
alimentare rappresenta uno dei settori in cui i rischi ergonomici sono
presenti. Nonostante il crescente livello di automazione “permangono numerose
attività manuali che richiedono frequenti stazionamenti prolungati in posizione
eretta, sforzi di trazione e di prensione, azioni
ripetitive i cui ritmi sono spesso determinati dai macchinari delle linee
di lavoro”. E sotto quest’aspetto il “
settore
dell’industria casearia ovina merita di essere accuratamente analizzato e
valutato, considerata anche la concomitanza di altri fattori critici di rischio
lavorativo quali la movimentazione di carichi pesanti e lo stesso ambiente di
lavoro caratterizzato da un’elevata umidità ambientale, dall’alternanza di alte
e basse temperature nelle diverse aree lavorative, dalla presenza di pavimenti
costantemente bagnati”.
Gli autori si soffermano sui
metodi per la valutazione del rischio
biomeccanico degli arti superiori.
Si segnala che le tecniche
sviluppate per valutare il rischio ergonomico “si basano su approcci
metodologici differenti che comportano un diverso livello di precisione della
stima. I principali fattori occupazionali considerati sono: i movimenti
ripetitivi ad alta frequenza, la forza esercitata, le posture
incongrue, il recupero insufficiente, la compressione di strutture
anatomiche, le vibrazioni, l’uso di strumenti non ergonomici”.
In ogni caso “non esiste un unico
metodo di riferimento, ma l’adozione di una determinata tecnica deve essere
modulata in funzione degli obiettivi dell’indagine, delle caratteristiche del
lavoro, degli individui che useranno il metodo, delle risorse disponibili per
la raccolta e l’analisi dei dati”.
Dopo aver indicato le metodiche
di valutazione
del rischio da movimenti ripetuti degli arti superiori che hanno trovato
diffusa applicazione in vari ambiti lavorativi (RULA - Rapid Upper-Limb
Assessment, STRAIN INDEX, CTD RISK INDEX, OSHA CHECK LIST, ACGIH-HAL, OCRA,
...), ci si sofferma in particolare sul
metodo
OCRA (occupational repetitive actions), metodo di analisi quantitativo per
la valutazione e la gestione del rischio da movimenti ripetuti degli arti
superiori, utilizzato a livello nazionale e internazionale.
Viene presentato uno studio che
analizza e valuta il rischio ergonomico a carico degli arti superiori per gli
addetti al processo di produzione del
pecorino romano, applicando il metodo OCRA per la mappatura del rischio, al
fine di individuare le attività che comportano un eccessivo carico
osteoarticolare e suggerire le adeguate misure correttive.
Lo studio ha identificato le aree
di lavoro, le postazioni e le operazioni che possono risultare critiche sotto
il profilo del carico
biomeccanico e della conseguente possibilità di sviluppare patologie
osteoarticolari.
Ad esempio con riferimento al:
-
settore lavorazione: questo settore è caratterizzato “da un elevato
grado di umidità ambientale, dovuta al riscaldamento derivante dalle
polivalenti e al vapore che arriva dalla camera di stufatura, e dalla
pavimentazione bagnata per via dell’abbondante utilizzo di acqua per le pulizie
delle superfici e degli strumenti di lavoro”;
-
settore stagionatura: “il comparto lavorativo stagionatura (o
cantina) comprende le attività che vanno dalla rimozione delle fascere sino
alla fine della stagionatura”;
-
settore confezionamento: “in questo settore si attuano tutte quelle
operazioni (movimentazione, cura, porzionatura, confezionamento) finalizzate
alla preparazione delle forme di pecorino romano per la vendita”.
Lo studio ha individuato nel
settore confezionamento “l’area tecnica con la maggior percentuale (49%) di
compiti lavorativi critici, seguito dal reparto lavorazione con il 43% dei
compiti a rischio sul totale. Il settore cantina, grazie agli interventi
migliorativi effettuati negli ultimi anni con l’introduzione di nuove linee
semiautomatiche automatiche per la salatura e il lavaggio delle forme, è il
comparto cui compete la percentuale di rischio minore (8%)”.
Veniamo infine alle
proposte di intervento.
L’introduzione di “idonee
pause di recupero che permettano agli
arti di riposare 10 minuti ogni ora potrebbe abbattere il rischio biomeccanico
in maniera consistente”.
Oltre l’introduzione di opportune
pause “semplici interventi di riorganizzazione delle postazioni di lavoro,
unitamente alla dotazione di strumenti agevolatori, possono costituire
un’immediata ed efficace azione di abbattimento del rischio”.
Ad esempio l’introduzione di
pavimenti ad altezza variabile nel settore lavorazione “consentirebbe agli
addetti di operare ai tavoli ad un’altezza idonea alla loro statura durante le
operazioni di manipolazione e rivoltamento forme”.
Nel reparto confezionamento
“l’uso esteso di pancali ad altezza variabile e vacuum lifter per la
movimentazione delle forme, unitamente all’inserimento di nastri trasportatori,
permetterebbe di rendere meno gravose le operazioni di approvvigionamento delle
forme alle stazioni di toelettatura e di lavaggio”.
Inoltre “necessita di
riprogettazione la postazione di cappatura” dove, oltre l’impiego di pianali ad
altezza variabile e vacuum lifter per l’approvvigionamento delle forme, “un
tavolo con piano girevole permetterebbe all’operatore di effettuare la
verniciatura delle forme ad un’altezza congrua ed senza ruotare attorno alla
forma”.
È infine evidente che a questi
interventi tecnologici suggeriti si “innesca parallelamente la necessità di
formare e sensibilizzare i responsabili di reparto e gli addetti alle
lavorazioni riguardo la necessità di prevenire l’insorgenza di alterazioni
di tipo muscolo-scheletrico attraverso un approccio integrato che includa
anche la riorganizzazione del lavoro con l’adozione di adeguate pause di
recupero funzionale e l’utilizzo della rotazione nelle mansioni più
impegnative”.
“ Valutazione
del rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori nei processi di
caseificazione industriale”, a cura di L. Murgia, T. Marras, M. Bullitta e
M. Angius (Servizio SPRESAL, ASL Sassari), T. Gallu e A. Pazzona (Dipartimento
Ingegneria del Territorio, Università degli Studi, Sassari), intervento alla
giornata di studio “Salute e sicurezza sul lavoro nel comparto zootecnico e
caseario” (formato PDF, 534 kB).
RTM
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