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"La valutazione dei rischi a integrazione dei contratti di lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
13/06/2014 - Se il fulcro del
nostro sistema di prevenzione è la
valutazione
dei rischi, è utile fermarsi ogni tanto a riflettere sui suoi aspetti
giuridici, sugli obblighi richiesti, sull’evoluzione storica della normativa in
materia, anche alla luce dei più recenti sviluppi legislativi.
A farlo è un recente
Working Paper, breve saggio
sul diritto della salute e sicurezza
sul lavoro prodotto da
Olympus, dal titolo “
La valutazione dei rischi” e a cura di
Adriana Stolfa (Avvocato del Foro di Trani, Master in “Gestione del Lavoro e
delle Relazioni Sindacali” presso l' Università di Bari).
In merito all’
evoluzione normativa, il saggio ricorda
che il datore di lavoro, come soggetto titolare del rapporto di lavoro, “è
obbligato sin dal 1942, ai sensi dell’
art.
2087 c.c. (Codice Civile, ndr), ad
adottare
nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro,
l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la
personalità morale dei prestatori di lavoro”. Al datore di lavoro spetta
dunque “il compito di individuare, di volta in volta ed in relazione alle
particolari caratteristiche della prestazione lavorativa, tutte le misure di
prevenzione e protezione che nel corso del tempo si rendano necessarie al fine
di garantire la tutela della salute dei propri lavoratori”: è il presupposto
delle “misure generali di tutela” che verranno poi riprese dal D.Lgs. 626/1994
prima e dal D.Lgs. 81/2008 poi.
Il nuovo obbligo di valutazione
dei rischi, introdotto in realtà per la prima volta nel 1994 e poi
riportato nel D.Lgs. 81/2008 si differenzia tuttavia da quanto già previsto
nell’art. 2087 c.c.: “per la prima volta, tale valutazione deve essere
elaborata a priori e non sulla base delle esperienze negative passate. Quella
introdotta nel 1994, in altre parole, è una
valutazione di tipo scientifico, effettuata al momento dell’avvio
dell’attività aziendale sulla base della conoscenze tecnologiche acquisite e
tendente all’eliminazione del rischio alla fonte o, quantomeno, alla sua
riduzione al minimo”. Tale obbligo nel TU del 2008 è stato riconfigurato “nel
senso di tendere maggiormente ad una programmazione della prevenzione, organizzando
i mezzi datoriali secondo un sistema prevenzionale che abbia come obiettivo
precipuo la sicurezza dei lavoratori”. Come indicato nell’articolo 28 del TU la
valutazione “dovrà riguardare non soltanto i rischi indicati espressamente nei
titoli e nei capi del medesimo d.lgs. n. 81/2008 bensì tutti i rischi
direttamente o indirettamente ricollegabili all’attività lavorativa”.
L’autrice si sofferma, con
riferimento alla normativa vigente, anche sulla
non delegabilità dell’obbligo di valutazione: aspetto che
costituisce un “limite di straordinaria importanza ai poteri imprenditoriali”.
La conseguenza è infatti “una netta responsabilizzazione e valorizzazione del
ruolo del datore di lavoro chiamato ad effettuare una valutazione attenta e
dettagliata finalizzata a delineare un’organizzazione del lavoro al riparo da
rischi per la sicurezza”.
Ricordando che con la redazione
del documento di valutazione dei
rischi, “la legge viene calata nella specificità di ogni singola azienda”
(il DVR dovrà “costituire il risultato meditato e critico dell’attività di
valutazione svolta in precedenza”), ci soffermiamo in particolare sulla
valenza “contrattuale” del Documento di
Valutazione dei Rischi.
Se il datore di lavoro può essere
considerato penalmente responsabile, ai sensi delle disposizioni di cui ai
commi 1, lett. a e 4 dell’art. 55 del T.U., in caso di omessa o insufficiente valutazione
dei rischi, “una fattispecie del tutto differente, invece, si configura nel
caso in cui il documento di valutazione dei rischi risulti esistente,
sufficientemente dettagliato e completo in ogni sua parte ma il datore di
lavoro disapplichi o violi le prescrizioni ivi contenute”. Infatti il D.Lgs.
81/2008 “inizialmente non prevedeva per tale fattispecie alcuna sanzione di
carattere penale”. Lacuna che è stata colmata dal cosiddetto Decreto correttivo.
Al di là della sua valenza ai
fini penalistici, il DVR che interviene nell’ambito di un rapporto
contrattuale, è “idoneo a fondare anche vere e proprie obbligazioni fra le
parti, con conseguente possibilità per il lavoratore, in caso di inadempimento,
di attivare i rimedi di natura civilistica”?
L’art. 1460 c.c. “prescrive che
nei contratti a prestazioni corrispettive,
qualora
una delle parti non adempia alla propria prestazione, l’altra può
legittimamente rifiutarsi di adempiere alla propria obbligazione”. Ed è
proprio da questa disposizione che “la giurisprudenza ha fatto discendere la
valenza contrattuale del DVR sostenendo che, se il datore di lavoro non adotta,
a norma dell’art. 2087 c.c., tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità
psicofisica del prestatore di lavoro, rendendosi così inadempiente ad un
obbligo contrattuale, il lavoratore, oltre al risarcimento dei danni, ha
diritto di astenersi dalle specifiche prestazioni la cui esecuzione possa
arrecare pregiudizio alla sua salute o dovrebbe comunque svolgersi in
condizioni rischiose”. In questo senso non è ravvisabile “l’ipotesi di
licenziamento per giusta causa o giustificato motivo quando l’inadempimento
(totale o parziale) del lavoratore trovi giustificazione nella mancata adozione
da parte del datore di lavoro delle misure di sicurezza che questi, pur in
mancanza di norme specifiche, è tenuto ad attuare a tutela dell’integrità
psicofisica del prestatore e se quest’ultimo, prima del rifiuto e secondo gli
obblighi di correttezza, informi il datore circa la situazione di rischio”.
Dunque l’obbligo del datore di
lavoro di tutelare l’integrità psicofisica dei lavoratori è un
obbligo di natura prettamente contrattuale:
“il datore di lavoro che non adempia alle prescrizioni contenute nel documento di
valutazione si rende, quindi, contrattualmente inadempiente ed il
lavoratore potrà legittimamente pretenderne l’adempimento o, in alternativa,
rifiutarsi di svolgere la propria prestazione lavorativa”.
Questa valenza contrattuale si
estende in particolare a tutte le prescrizioni contenute all’interno del DVR e
ciò, come confermato dalla giurisprudenza citata nel saggio, “legittima persino
il lavoratore a rifiutarsi di espletare la propria prestazione lavorativa in
caso di sua mancata attuazione”.
Il contenuto del DVR, del documento
di valutazione
dei rischi, ha dunque “ricadute dirette nel rapporto contrattuale tra
datore di lavoro e lavoratore, sino al punto da integrarne il contenuto: le
prescrizioni ivi indicate costituiscono parte integrante del contratto
individuale di lavoro e la loro applicazione può essere pretesa direttamente
dai lavoratori”.
L’art. 1374 c.c. indica che
il contratto obbliga le parti non solo a
quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano
secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità.
In conclusione le norme di legge
in tema di sicurezza “
integrano il
contratto individuale di lavoro arricchendone le clausole anche nel
silenzio del testo contrattuale e possono essere invocate anche direttamente
dai singoli lavoratori. Il datore di lavoro che non ottemperi alle medesime,
quindi, avrà una diretta responsabilità di natura contrattuale nei confronti
dei propri dipendenti che si aggiunge all’eventuale ed autonoma responsabilità
di carattere penale prevista dal d.lgs. n. 81/2008”.
Segnaliamo infine che il Working
Paper, che vi invitiamo a visionare integralmente, si sofferma su vari altri
aspetti correlati alla valutazione dei rischi: dall’elaborazione del DVR alle
novità normative più recenti, con alcuni cenni anche al Documento Unico di
Valutazione dei Rischi da Interferenze.
Olympus - Osservatorio per il
monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del
lavoro, “ La valutazione dei rischi”, a cura di Adriana Stolfa
(Avvocato del Foro di Trani, Master in “Gestione del Lavoro e delle Relazioni
Sindacali” presso l'Università di Bari), Working Paper di Olympus 36/2014,
inserito nel sito di Olympus il 21 maggio 2014 (formato PDF, 250 kB).
Tiziano Menduto
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