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"L’Unione Europea, il Regolamento PIC e i nanomateriali"
fonte www.puntosicuro.it / Rischio Chimico
25/06/2014 - Attraverso i nuovi compiti e ruoli dell’Agenzia Europea per le sostanze chimiche ( ECHA),
forza motrice per l'attuazione della legislazione in ambito chimico
dell'Unione Europea, abbiamo cercato di conoscere in questi mesi altre
realtà normative oltre ai più volte analizzati Regolamenti REACH e CLP.
Dopo aver parlato del Regolamento Biocidi (BPR - Regolamento n. 528/2012), ci soffermiamo oggi sul
Regolamento PIC e sui
nanomateriali con riferimento a quanto contenuto nella quarta edizione della “ Guida al Regolamento REACH”, promossa dalla Camera di Commercio di Milano e realizzata grazie all’idea e all’impegno di AssICC (Associazione Italiana Commercio Chimico) e Confcommercio Milano.
Partiamo dal
Regolamento PIC (Prior Informed Consent for certain hazardous
chemicals and pesticides in international trade) che regolamenta l’esportazione
di materie pericolose nei paesi in via di sviluppo.
Infatti la crescita della
produzione e del commercio chimico “ha creato preoccupazione i circa i rischi
potenziali di un loro utilizzo non appropriato specie nelle nazioni mancanti di
adeguate infrastrutture per il controllo delle importazioni e delle modalità di
uso dei prodotti chimici pericolosi”. E di fronte a questi timori il Programma
Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) e la Food and Agricoltural Organization
of the United Nations (FAO) hanno promosso la procedura volontaria del “
Prior Informed Consent” (PIC) per
“aiutare i Governi di disporre delle adeguate informazioni relative ai prodotti
pericolosi necessarie per valutare i rischi e per prendere decisioni ponderate
nel controllo delle importazioni”. In seguito è stata poi adottata una
Convenzione, firmata l’11 settembre
1998 da 61 Stati nella “Conference of Plenipotentiaries” a Rotterdam.
Il regolamento PIC si applica
alle “sostanze chimiche vietate o soggette a restrizioni rigorose di cui
all’allegato I di detto regolamento”, allegato che viene aggiornato con
regolarità “a seguito di azioni normative nell’ambito della legislazione UE,
nonché degli sviluppi nel quadro della convenzione di Rotterdam”.
In particolare l’esportazione di
queste sostanze
chimiche è soggetta a due tipi di requisiti:
-
notifica dell’esportazione;
-
consenso esplicito.
Tuttavia “le sostanze chimiche
all’interno di droghe, materiali radioattivi, rifiuti, armi chimiche, alimenti
e additivi alimentari, mangimi, organismi geneticamente modificati e prodotti
farmaceutici (tranne disinfettanti, insetticidi e antiparassitari) sono
disciplinate da altre norme dell’UE e, pertanto, non rientrano nell’ambito del
regolamento PIC”.
Inoltre il regolamento “non si
applica alle sostanze chimiche esportate per fini di ricerca o analisi in
quantità non superiore a 10 kg/anno da ogni esportatore a ogni paese
importatore”.
La guida, che vi invitiamo a
leggere integralmente, si sofferma poi sui principali elementi di una notifica
di esportazione e sulle sanzioni stabilite dagli SM (Stati membri).
Veniamo invece brevemente al
nuovo
ruolo dell’ECHA:
L’Agenzia ECHA “sarà responsabile
del regolamento PIC a decorrere dal 1° marzo 2014 relativamente agli aspetti
amministrativi e tecnici.
Il compito principale
dell’Agenzia sarà quello:
- di elaborare e inviare
notifiche di esportazione ai paesi d’importazione non appartenenti all’UE;
- di tenere una banca dati delle
notifiche e dei consensi espliciti dei paesi d’importazione”.
L’Agenzia oltre a mettere tali
informazioni a disposizione delle autorità nazionali, fornirà “anche assistenza
e orientamento tecnico e scientifico per l’industria, le autorità nazionali
designate sia dell’UE che dei paesi terzi, nonché per la Commissione europea”.
Si ricorda infine che un
consenso esplicito “resta valido
relativamente alle esportazioni successive per un periodo di tre anni di
calendario, salvo diversa indicazione contenuta nelle condizioni relative al
consenso esplicito stesso. Durante i tre anni, qualsiasi società operante nel
territorio dell’UE può esportare la stessa sostanza chimica nel paese che ha
concesso il consenso esplicito, pur dovendo ancora soddisfare gli obblighi
annuali di notifica e relazione”.
Parliamo infine di
nanomateriali.
Se le nanoparticelle naturali o
formate accidentalmente dall’uomo sono onnipresenti e sono generalmente ben
conosciute, “esistono tuttavia pochi dati sulle nanoparticelle fabbricate sul
luogo di lavoro e nell’ambiente. A livello tecnico, è molto difficile
sorvegliare la loro presenza, in particolare considerando le loro piccole
dimensioni e i bassi livelli di concentrazione, e distinguere le particelle
provenienti da nanomateriali fabbricati dalle nanoparticelle naturali o
prodotte in modo accidentale”.
Ricordiamo che con nanomateriale
- secondo quanto contenuto in un documento del 2011 della Commissione Europea -
si intende: “
un materiale naturale,
derivato o fabbricato contenente particelle allo stato libero, aggregato o
agglomerato, e in cui, per almeno il 50% delle particelle nella distribuzione
dimensionale numerica, una o più dimensioni esterne siano comprese tra 1 nm e
100 nm; in casi specifici, e laddove le preoccupazioni per l’ambiente, la
salute, la sicurezza e la competitività lo giustifichino, la soglia del 50%
della distribuzione dimensionale numerica può essere sostituita da una soglia
compresa tra l’1% e il 50%”. Definizione che dovrebbe essere rivista entro
dicembre 2014 alla luce dell’esperienza e degli sviluppi tecnologici e
scientifici intercorsi.
Per i nanomateriali ad oggi
vengono applicate le disposizioni contenute nei Regolamenti REACH e CLP.
Concludiamo ricordando le
attività dell’ECHA riguardo i
nanomateriali.
L’ECHA deve essere in grado di
svolgere i propri compiti nell’ambito dei vari processi contemplati dai regolamenti
REACH (registrazione, valutazione, autorizzazione, restrizione) e CLP
(classificazione ed etichettatura) per le nanoforme e per tutte le altre forme
di una sostanza. In questo senso l’Agenzia ha aumentato le proprie attività
concentrandosi su vari aspetti come lo sviluppo di capacità interne ed esterne,
la condivisione di esperienze anche in riferimento al Comitato per la
valutazione dei rischi, supporto ai dichiaranti che desiderano effettuare la
registrazione di nanomateriali, ...
Ricordiamo infine due strutture:
- un gruppo di lavoro sui nanomateriali
(NanoMaterials Working Group, NMWG) istituto da ECHA nel 2012 per “
fornire consulenza informale su qualsiasi
questione tecnica e scientifica concernente l’attuazione della normativa REACH
e CLP in relazione ai nanomateriali”;
- un gruppo incaricato della
valutazione dei nanomateriali già registrati (Group Assessing Already
Registered Nanomaterials, GAARN), fondato nel gennaio 2012 dalla DG Ambiente e
presieduto dall’ECHA, che si prefigge di ottenere consenso sulle
migliori prassi per la valutazione e la
gestione della sicurezza dei nanomateriali ai sensi del REACH.
Camera di Commercio di Milano,
AssICC (Associazione Italiana Commercio Chimico) e Confcommercio Milano, “ Guida al regolamento REACH”, IV edizione 2013, aggiornata
al 30 agosto 2013 (formato PDF, 2.41 MB).
RTM
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