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"Formazione ed esperienza del lavoratore nell’uso di una attrezzatura"
fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione
24/11/2014 -
Commento a cura di Gerardo Porreca.
In
tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori l’attività di
formazione dei lavoratori, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è
esclusa dal personale bagaglio di conoscenze del lavoratore formatosi per
effetto di una lunga esperienza
lavorativa o per il travaso di conoscenze che comunemente si realizza nella
collaborazione fra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica fra di loro.
E’ l’insegnamento che discende da questa sentenza della Corte di Cassazione.
L’apprendimento acquisito dal lavoratore a seguito dell’esperienza e delle
prassi di lavoro infatti, ha ribadito la suprema Corte, non valgono a surrogare
le attività di informazione e di formazione previste dalle disposizioni di
legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro da realizzare secondo le
formalità stabilite dalle stesse.
Il fatto, l’iter giudiziario e il
ricorso in Cassazione
La Corte d’Appello ha confermata
la sentenza emessa dal Tribunale nei confronti dell’amministratore di una
società giudicato responsabile del reato di lesioni colpose gravi commesse in
danno di un dipendente il quale, mentre stava lavorando su un apparecchio
tritacarne con la mano sinistra infilata nel macchinario indossando dei guanti
di ferro, veniva a contatto con la lama dell’apparecchiatura ferendosi e
riportando l'amputazione di due falangi. Al legale responsabile della società
era stato ascritto di non aver adeguatamente formato il lavoratore sull'uso
della attrezzatura di lavoro ed in particolare sulla funzione del dispositivo
di protezione rappresentato dal vassoio del tritacarne nonché sulla
pericolosità insita nell'utilizzo di guanti con maglie di ferro durante l’impiego
del macchinario. Per la Corte d'Appello il fatto che il lavoratore avesse una
generica consapevolezza della necessità di utilizzare i dispositivi di
protezione, costituiti nel caso particolare dal vassoio che egli aveva rimosso,
non ha implicato un esonero delle responsabilità
del datore di lavoro in quanto era stato provato che nessuna attività di
sensibilizzazione al problema della sicurezza era stata svolta e che nessuna
direttiva specifica era stata imposta.
Avverso tale decisione l’imputato
ha ricorso in cassazione a mezzo del proprio difensore di fiducia il quale ha dedotto
un vizio motivazionale nella sentenza avendo la Corte di Appello affermato che
il lavoratore non era stato adeguatamente formato in ordine alle modalità di un
corretto utilizzo del tritacarne sulla base del solo fatto che questi aveva
tolto il vassoio, componente di sicurezza dell'apparecchio, e sulla base della
deposizione di una teste le cui dichiarazioni sono risultate in contrasto con
quanto asserito dal lavoratore infortunato. In sostanza, secondo la difesa, la
Corte d’Appello non ha spiegato per quale ragione ha affermato che è risultata
provata la circostanza della mancata sensibilizzazione del lavoratore al tema
della sicurezza e che a questi non era stata imposta alcuna direttiva, atteso
che lo stesso lavoratore aveva dichiarato di aver lavorato per molti anni con
il tritacarne e di esser stato fornito di tutti gli strumenti
antinfortunistici. Ad avviso del ricorrente quindi dalla Corte di Appello era
stata ascritta una responsabilità penale in assenza di condotta colpevole.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato
ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. La
Corte di Cassazione ha posto in evidenza che l’ispettrice della Asl, a seguito
delle indagini esperite in azienda, aveva accertato che nessuna attività di
formazione era stata effettuata in favore del lavoratore infortunato il quale non
era stato informato delle caratteristiche del tritacarne e sul funzionamento
dei dispositivi di protezione. Lo stesso lavoratore aveva affermato di essere
consapevole del fatto che togliere il vassoio era pericoloso e di aver già
lavorato con macchine simili ma meno veloci. La Sez. IV ha ritenuta corretta
l’affermazione fatta dalla Corte territoriale allorquando, preso atto di una
conoscenza generica da parte del lavoratore delle modalità di utilizzo
dell'apparecchio e dei connessi rischi insiti, ha sostenuto che una siffatta
cognizione anche quando derivata dal pregresso svolgimento di compiti analoghi
non surroga l'attività di formazione che il datore di lavoro è tenuto a
somministrare al lavoratore.
La Corte di Cassazione
ha quindi tratteggiato i contorni ed i contenuti dell'obbligo di formazione
gravante sul datore di lavoro in tema di prevenzione degli infortuni sul
lavoro. Questi, ha ricordato la Sez. IV, ha l'obbligo di assicurare ai
lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e
salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie
mansioni, in maniera tale da renderlo edotto sui rischi inerenti ai lavori a
cui è addetto senza che abbia rilievo, nel senso di escludere siffatto obbligo,
la circostanza della destinazione occasionale del lavoratore a mansioni
diverse da quelle cui questi abitualmente attende. A ciò va aggiunto che il D.
Lgs. n. 626/94, vigente all’epoca dell’infortunio, all'art. 3, comma 1 lett. s)
aveva posto la "informazione, formazione, consultazione e partecipazione
dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la
sicurezza e la salute sul luogo di lavoro" tra le misure generali di
tutela, distinguendole peraltro dalla diversa ed ulteriore misura generale
costituita dalle istruzioni adeguate ai lavoratori di cui all’art. 3, comma 1,
lett. t) del D. Lgs. n. 626/94.
Alla luce del profilo
normativo sopra indicato, relativo all’attività di formazione che il datore di
lavoro deve assicurare al lavoratore, la Corte di Cassazione ha messo in evidenza
il principio in base al quale "
in
tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l'attività di
formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è
esclusa dal personale bagaglio di conoscenze del lavoratore, formatosi per
effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenze che
comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in
relazione gerarchica tra di loro. L'apprendimento insorgente da fatto del
lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e delle prassi di
lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di
informazione e di formazione legislativamente previste, le quali vanno compiute
nella cornice formalizzata prevista dalla legge". Ne consegue quindi, ha
così concluso la suprema Corte, che la prova dell'assolvimento degli obblighi
di informazione e di formazione
del lavoratore infortunato non può ritenersi data dalla dichiarazione da
questi resa con la quale lo stesso ha indicato una personale pluriennale
esperienza dell'uso dell'attrezzatura di lavoro.
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