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"Come formare in materia di sicurezza i lavoratori stranieri"
fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione
21/01/2015 - PuntoSicuro si sofferma sempre volentieri sulle tesi universitarie
che presentano lavori originali e utili per il miglioramento della
prevenzione in Italia. Ancor più se queste tesi sono realizzate da
persone con consolidate esperienze in materia prevenzionistica.
È il caso della tesi “
La formazione in materia di sicurezza
nei luoghi di lavoro dei lavoratori stranieri nella provincia di
Chieti: problematiche e soluzioni” realizzata dal Dott. Alberto Munno nell’ambito del Master di 1° livello in Tecnico della prevenzione presso l’ Università Telematica Pegaso.
Nella tesi si affronta in
particolare il tema delle conoscenze linguistiche perché “una
formazione efficace del lavoratore
straniero è possibile solo se vi è una conoscenza basilare della lingua
italiana”.
Lo scopo della tesi è infatti
quello di “illustrare i limiti dello strumento attualmente in uso e preliminare
alla formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il test
in italiano, utilizzato per verificare la conoscenza della lingua italiana da
parte dei lavoratori
immigrati ma, in realtà, inidoneo in quanto somministrato in maniera
generalizzata”. Attraverso la tesi di Alberto Munno si propongono “soluzioni
diverse che, tenuto conto dei paesi di provenienza e delle differenti
tradizioni culturali dei soggetti destinatari dell’attività formativa, mirano
in primis a verificare l’effettiva conoscenza della lingua italiana e,
successivamente, ad applicare la materia prevenzionistica calandola nelle
diverse realtà lavorative affinché la formazione erogata diventi uno strumento
di prevenzione efficace”.
Dopo aver presentato un utile
panorama della
presenza lavorativa
dei
lavoratori stranieri in Italia - anche con riferimento al IV°
Rapporto annuale “ Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia”, curato
dalla Direzione generale dell’Immigrazione e delle politiche di integrazione
del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in collaborazione con varie
altre realtà associative e istituzionali – la tesi ricorda quanto indica il
D.Lgs. 81/2008 in materia di formazione.
Il comma 4 dell’articolo 36
specifica ad esempio che ‘
il contenuto
della informazione deve essere
facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le
relative conoscenze.Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa
avviene
previa verifica della
comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo’.
Dopo aver presentato la struttura
e le difficoltà applicative di un
test
di comprensione dell’italiano, preliminare ad ogni attività formativa,
l’autore della tesi ricorda come l’
attività
formativa per la sicurezza “andrebbe vista come uno strumento che non solo
promuove e divulga la cultura della tutela delle norme e l’importanza della
prevenzione, ma rappresenta anche un indispensabile momento di condivisione di
saperi, di investimento in conoscenza e di innovazione”. E se i lavoratori
immigrati “vivono percorsi di vita discontinui, legati a cambiamenti molto
forti determinati dallo sradicamento dal paese d’origine e dal tentativo di
trovare una nuova cittadinanza all’interno di nuovi contesti sociali”, sarebbe
opportuno “che la didattica che si rivolge innanzi tutto a degli adulti, ma
anche giovani, presti attenzione al riconoscimento delle diversità dei
lavoratori, delle loro esperienze, del background di appartenenza”.
Inoltre la progettazione e la
realizzazione di un corso formativo “deve assicurare la comprensione ma,
soprattutto, la memorizzazione dei contenuti della formazione ed informazione”.
In particolare sarebbe opportuno
attuare “scelte didattiche che, affinché siano efficaci, optino per
metodologie in grado di:
‐ riprodurre, simulare, a diversi livelli, con un elevato
livello di immersione, l’esperienza di lavoro e le situazioni di pericolo,
concentrandosi sulla percezione
del rischio;
‐ favorire un utilizzo immediato, semplice del materiale didattico da
parte del discente, e flessibile, adattabile a tutte le tematiche della
sicurezza, all’evolversi delle stesse nel tempo;
‐ garantire percorsi innovativi e con un livello di attrattività, con
utilizzo di diversi mezzi di comunicazione, diversi linguaggi simbolici
e multimediali che si possano avvicinare all’esperienza e al contesto culturale
dei discenti, spesso con una scarsa conoscenza della lingua italiana”.
Insomma è necessario un approccio
al tema “che non sia solo di tipo tecnico e legislativo, ma che scommetta sulla
qualità di un obbligo formativo
inteso come capacità di aumentare la qualità del lavoro partendo dalle esigenze
e dalle diversità dei lavoratori”.
Dopo aver proposto vari strumenti
per favorire comprensione e apprendimento di tutti coloro che hanno difficoltà
linguistiche (ad esempio anche attraverso la collaborazione di mediatori
culturali o attraverso l’insegnamento della lingua italiana), la tesi si
sofferma, con vari dati, sulla presenza straniera in Abruzzo e in particolare
su un’esperienza di formazione in una falegnameria.
In questo caso i materiali di
apprendimento “sono stati costruiti tenendo presente le persone e l’ambito in
cui lavorano, dal lessico alle espressioni non verbali più frequenti, anche
attraverso momenti di osservazione sul campo. Inoltre, i materiali didattici
utilizzati hanno fatto riferimento a situazioni concrete e vissute permettendo
di chiarire dubbi o incomprensioni sull’uso della lingua e, allo stesso tempo,
è stato necessario fare emergere che uso della lingua si fa sul posto di
lavoro, facendo dialogare ed esprimere i partecipanti”.
Infine dopo essersi soffermato
sull’
insegnamento dell’italiano nel
mondo del lavoro, la tesi sottolinea che nel contesto dell’informazione e
della formazione sulla sicurezza “l’
attivazione
di percorsi di lingua italiana garantisce che il lavoratore comprenda
meglio se stesso nella realtà organizzativa in cui è inserito. Inoltre,
apprendere la lingua in azienda permette al lavoratore di vedere questo sforzo,
che secondo il D.Lgs. n.81/08 deve essere effettuato in orario di lavoro, come
finalizzato a un’attività concreta e fondamentale, attivando il meccanismo
della motivazione. L’apprendente non è un ragazzo, ma più spesso un adulto e
l’atteggiamento che ha verso la nuova lingua e le tappe della sua evoluzione
dipendono anche dal valore e dal significato che ad essa conferisce”.
In particolare un
lavoratore autonomo linguisticamente:
- “è più consapevole del proprio ruolo nell’organizzazione;
- è parte attiva dell’azienda;
- è sensibile alle richieste;
- è più integrato nel tessuto sociale;
- è più collaborativo con i colleghi di lavoro;
- sperimenta il senso di appartenenza nell’organizzazione;
- può leggere le istruzioni;
- può fare richieste e chiedere spiegazioni;
- conosce le parole del contesto lavorativo;
- conosce i segnali verbali e non verbali della cultura
organizzativa e lavorativa in cui e inserito;
- è più sensibile alle norme della sicurezza e del benessere in
azienda”.
E anche l’azienda –
continua la tesi – “può trarre vantaggio da una maggiore padronanza della
lingua da parte del lavoratore straniero per:
- dialogare con il dipendente in maniera meno frustrante/stressante;
- formulare richieste con minima certezza di essere capito;
- prevenire contrasti o incomprensioni;
- rendere autonomo il dipendete sul posto di lavoro;
- accrescere la percezione del rischio nel dipendente;
- informare sui contenuti delle principali norme di sicurezza;
- fornire indicazioni sulle competenze nella materia del diritto del
lavoro;
- promuovere la cultura della sicurezza e del benessere organizzativo, per superare gli ostacoli dettati
dalle diverse appartenenze culturali, sociali e linguistiche;
- sensibilizzare i lavoratori sull’importanza del corretto uso di
dispositivi e procedure di sicurezza per prevenire infortuni e malattie
professionali;
- applicare il nuovo modello di prevenzione previsto dal D.Lgs.
n.81/08”.
Insomma nell’ambito
specifico della sicurezza, “avere una
lingua
comune di dialogo è interscambio e fondamentale per aumentare:
- la comprensione reciproca;
- la capacita critica/espressiva;
- la capacita di descrivere il pericolo al collega o al proprio
caporeparto;
- la capacita di dialogare con i colleghi;
- la capacita di riconoscere segnali verbali e non verbali
della cultura italiana”.
La tesi si conclude ricordando
che alfabetizzare “consente di sviluppare la comunicazione verbale e far
conoscere le principali caratteristiche dei codici non verbali in uso nella
cultura italiana e in un determinato contesto lavorativo. Significa che il
lavoratore ottiene le competenze per l’uso di strumenti espressivi verbali e
non verbali sviluppando una sensibilità di tipo interlinguistico e
interculturale utile per l’organizzazione e l’azienda”.
L’
indice della tesi:
CAPITOLO 1 - INTRODUZIONE
1.1 La presenza dei lavoratori
stranieri in Italia: il ruolo della formazione
CAPITOLO 2 - GLI STRUMENTI A DISPOSIZIONE
2.1: Il test di comprensione dell’ italiano: difficoltà applicative e soluzioni alternative
CAPITOLO 3 - L’ESPERIENZA CON I LAVORATORI RUMENI
3.1. La presenza “straniera” in Abruzzo: dati statistici
3.2. Il caso “Florentin”
CAPITOLO 4 - L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO NEL MONDO DEL
LAVORO
4.1. Insegnare una lingua
straniera: aspetti psicologici
4.2. Conclusioni
CAPITOLO 5 - BIBLIOGRAFIA
“ La formazione in materia di sicurezza nei luoghi di
lavoro dei lavoratori stranieri nella provincia di Chieti: problematiche e
soluzioni”, tesi del Dott. Alberto Munno presentata nell’Anno Accademico
2013 – 2014 nell’ambito del Master di 1° livello in Tecnico della prevenzione
presso l’Università Telematica PEGASO, Relatore: Dott.ssa Loredana Di Terlizzi
– Candidato: Dott. Alberto Munno (formato PDF, 606 kB).
Tiziano Menduto
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