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"Rischio stress: teoria e pratica del mal-essere per scelta"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
27/01/2015 -
Riceviamo e
volentieri pubblichiamo, in varie puntate, un documento curato da Andrea Cirincione,
psicologo del lavoro.
La pubblicazione
dedicata al “mal-essere” nel mondo del lavoro, e perciò al cosiddetto rischio
stress lavoro-correlato, non è il solito documento che raccoglie nel dettaglio
la normativa sulla sicurezza e generiche e astratte indicazioni di misure
tecniche e organizzative di prevenzione. Si intitola “
Lavori o Scleri?! Teoria e Pratica del mal-essere per scelta” e,
come già il titolo può suggerire, presenta, con un linguaggio semplice, ironico
e diretto, le esperienze di lavoro che hanno portato Cirincione a occuparsi
della qualità di vita degli individui che frequentano la quotidianità delle
organizzazioni pubbliche e private di ogni tipo e dimensione. Ed è da questo
punto di vista che Cirincione ha osservato la pratica del “mal-essere per
scelta”...
Pubblichiamo oggi il
primo capitolo del libro che riporta alcune premesse per comprendere lo stress,
con qualche riferimento anche alla nostra normativa vigente.
Capitolo 1
Qualche premessa: le
storie del tenero Remy e del solerte Hans - Capitolo irriverente ma divertente
Ormai “sclerare” è nei dizionari: si legge che è un
verbo gergale, che alla buona significa andare fuori di testa, o “sbroccare”
per dirlo alla romanesca, un dialettismo di indubbia forza metaforica.
L'art. 28 del D. Lgs. 81/08 (il Testo Unico della
sicurezza) prescrive di misurare il
rischio
da stress lavoro-correlato: tutti coloro che risultano essere “ Datori di lavoro” devono stimare quale probabilità ci sia nella
propria azienda/ente di sclerare per cause addebitabili al lavoro stesso, anche
quando questo non abbia conseguenze dirette per la salute.
Incredibile a dirsi l'argomento è serio!
Da sempre l'uomo sperimenta lo stress, come peraltro
gli animali (spesso stressati dall'uomo stesso o dai suoi figli, i “terribili”
bambini). E persino le piante (spesso si stressano a causa del clima,
dell'acqua, del concime o dei parassiti; per non dire di quando l'uomo le pota).
A ben vedere qualsiasi materia, naturale o tecnologica, subisce le “ingiurie”
ambientali e/o viene sottoposta a stress per valutarne la qualità, la
resistenza ed altre caratteristiche.
Racconto una
storia
(vera).
Il mio criceto Remy era un tenero animaletto,
sembrava uscito da un cartone animato per quanto fosse dolce e coccolone. Dopo
un po' di tempo cambiò atteggiamento, mostrandosi pauroso, mordendo e non
facendosi prendere come all’inizio. Che cosa sarà mai successo? Semplice:
sindrome da stress. Da quanto tempo?
Forse da sempre, perché avere come “padrona” mia figlia non era proprio
tranquillizzante... Però, a pensarci bene, devo assolvere (in parte) la mia
filiale creatura, e riconoscere che Remy era peggiorato da quando in casa fece
il suo ingresso un altro animale, il suo nemico giurato, insomma il temibile gatto
Vlady. Improvvisamente la gabbia del
criceto diventò un luogo sul quale gravitavano due occhi curiosi, che dovevano
essere enormi alla vista del piccolo roditore. Da allora il cambiamento, non fu
più quello di prima. Nonostante che tra i due non ci sia stato alcun contatto fisico,
nessun trauma doloroso, e (direi) nemmeno litigi, era evidente che il carattere
del criceto fosse cambiato, anche nel suo rapporto con noi umani. Mia figlia
non era immune da responsabilità, perché aveva un modo di interagire con i
“suoi” animali che lei giustificava nel seguente modo: “Ma loro si
divertono...”. In pratica lasciava fare al gatto [No comment].
La storia ci illustra la differenza fra i tre:
- il gatto fa il “persecutore”, si diverte e gioca,
quasi sempre quando non ha sonno o fame;
- la figlia fa il “capo permissivo” non intervenendo,
anzi avallando il comportamento del gatto; - il criceto fa la “vittima”
predestinata, senza difesa e quando capita; quindi sclera.
Stiamo parlando di concetti come
ruoli e tempi, che avremo modo di apprezzare come elementi centrali
nel generare conseguenze.
L'abitudine a studiare lo stress dei topi è tipica
delle scienze: gli studiosi si sono sempre divertiti a “tormentare” (to
distress in inglese) i muridi, che peraltro sono la famiglia di mammiferi più
popolosa del pianeta. Dato che è impossibile parlare di stress senza citare il dottor
Hans, mi limiterò a qualche considerazione su di lui. Medico austriaco
(1907-1982),
Hans Selye i suoi
migliori studi li fece in Canada circa negli anni '30 [1].
Si accorse che facendo iniezioni ai ratti, questi – diciamo
così – reagivano male. Il nostro giovane ricercatore iniettava estratti
ovarici, curioso di osservare negli ignari e inermi roditori delle interessanti
conseguenze:
-
ingrossamento
della corteccia surrenalica (i surreni sono ghiandole poste sopra i reni),
quella che secerne gli ormoni steroidi;
-
rimpicciolimento(atrofia)
del tessuto linfoide del
corpo, quello che produce i globuli bianchi;
-
ulcere
gastroduodenali.
Per la cronaca (quella dei necrologi) i topi morivano
sostanzialmente di emorragia interna, a riprova che le ulcere dovevano essere
ben gravi.
Ovviamente, come spesso accade quando si fanno falsi collegamenti
causa-effetto, egli pensò di aver scoperto qualcosa di patogeno (= generatore
di malattia) nella sostanza che iniettava. Invece, facendo prove incrociate,
scoprì – sdegnato – che gli stessi sintomi erano provocati iniettando anche
un'innocente soluzione salina!
Bella storia, capitava anche a me da piccolo: mi
dovevano tenere in quattro per farmi la “puntura”.
Selye aveva di fronte la propria immortale fama:
aveva scoperto che i topi, semplicemente, scleravano a causa del fatto di
essere aggrediti.
Insomma: se il vostro vicino sadico vi mette in
gabbia e vi punzecchia con una siringa state tranquilli che:
a) si ingrosseranno – non quelle...– le ghiandole
surrenali;
b) si ridurranno il timo, la milza, i gangli
linfatici;
c) lo stomaco ci starà male.
L'attento dott. Hans chiamò questa collezione di tre
sintomi “
sindrome generale di
adattamento” [2]
(SGA), che si caratterizza per essere indipendente (aspecifica) dal tipo di stimolo
fastidioso (tecnicamente detto “stimolo aversivo”).
Finalmente, dopo la storia di Remy col gatto e di
Hans col topo, possiamo sintetizzare un primo punto fermo:
- 1° legge dello sclero: l'organismo va automaticamente
in tensione reagendo a eventi sgradevoli o percepiti come tali;
- 1° regola del lavoro: non si possono cambiare gli
eventi, mentre si può modificare il modo di percepirli.
La conclusione cui è arrivato Selye forse oggi
potremmo considerarla banale, ma non deve far dimenticare l'importanza del suo
lavoro (sul quale ho un po' giocato ed irriso, ma solo per divertimento...). La
psicologia nel quotidiano presenta situazioni più complesse rispetto ai topi di
laboratorio, e la stessa risposta generica di
stress
può essere in realtà benefica. Non è detto insomma che si scleri necessariamente.
Anzi, fu lo stesso Selye a parlare di stress come
spice of life, cioè “sale della vita” [3].
Oggi abbiamo molti approcci e definizioni di stress (forse troppe). Guardando
nel dizionario ci accorgiamo che “stress” corrisponde a sostantivi come:
sforzo, tensione, sollecitazione, accento, pressione, spinta, enfasi. Il verbo
“
to stress” significa: sottolineare,
sollecitare, accentare, accentuare, scandire, forzare, marcare. Peraltro non è
insolito sentire qualche oratore dire anche in italiano, quando vuole
focalizzare un concetto, frasi come “Vorrei stressare questa parola così importante...”.
Facendo un gioco etimologico, una parola italiana simile è “strizzare”. In
effetti, quando siamo impauriti, ci assale una bella “strizza”, che porta il corpo
a reagire per adattarsi allo stimolo turbativo.
Una definizione però ha valore – diciamo così–
“legale”.
Il citato art. 28 asserisce che la valutazione dello stress
“lavoro-correlato”
va fatta in base ai contenuti dell'
Accordo
Europeo del 2004.
Di cosa si tratta?
L'8/10/2004 è stato siglato, da quattro
organizzazioni europee di lavoratori e imprenditori (CES–UNICE–UEAPME–CEEP, chi
è interessato al significato degli acronimi utilizzi Google), un accordo – fatto
su base volontaria – dopo nove mesi di negoziati.
Già questo è curioso, per intendersi su un concetto
scientifico si ricorre a un compromesso (politico)!
Il testo risponde a un intento rimarchevole, cioè
aumentare la “consapevolezza” e la “comprensione” del fenomeno. E’ scritto con
chiarezza che l'accordo non concerne:
- “né la violenza sul lavoro, né la sopraffazione sul
lavoro, né lo stress post-traumatico”.
Ottimo, vuol dire che buona parte del lavoro di Selye
è da tralasciare, poiché non c'è dubbio che le sue azioni furono:
- violente (punture ai topi);
- frutto di sopraffazione (i topi sono in gabbia e
per nulla consenzienti);
- capaci di generare lesioni post traumatiche (i tre sintomi
della SGA ammalano e uccidono i topi).
Qual è la
definizione
di Stress Lavoro-Correlato che emerge dal Documento
Europeo? Leggiamola: “
stato... che
consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap
rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti”.
L'Accordo è piuttosto generico sulla consistenza di
questo “stato” che definiamo “stress”, ma alquanto preciso sulla causa da cui
conseguirebbe: non-sentirsi-in-grado.
Questo è un elemento critico della normativa attuale,
che vale la pena approfondire.
Andrea Cirincione, Psicologo del Lavoro
NB: Nelle prossime settimane PuntoSicuro pubblicherà altri gli capitoli
del libro dedicati al mal-essere nel mondo del lavoro.
[1] McGill University,
Montreal
[2] Selye H., (1956) The Stress
of life, McGraw-Hill (Paperback), New York.
[3] Selye H., (1974) Stress
without distress, Lippincott Williams & Wilkins
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