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"D.Lgs. 81/08: gli obblighi per datore di lavoro, dirigente e preposto"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
03/04/2015 - Riflettere
sull’evoluzione, sui principi qualificanti e sulle criticità eventuali del
Testo Unico
in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di
lavoro, il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81
è sempre di grande utilità anche per chi deve consapevolmente applicarlo.
Tuttavia queste riflessioni sono ancora più utili in quei momenti in cui il
legislatore si predispone a fare importanti modifiche, come è il caso oggi per
il lavoro congiunto del Decreto
del Fare e, ancor più, della delega contenuta nel Jobs Act.
Per tornare a parlare di D.Lgs.
81/2008 riprendiamo la presentazione di un Working Paper dell’ Osservatorio
per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla
sicurezza del lavoro ( Olympus)
dal titolo “ Il
quadro normativo dal Codice civile al Codice della sicurezza sul lavoro. Dalla
Massima sicurezza (astrattamente) possibile alla Massima sicurezza
ragionevolmente (concretamente) applicata?”. Si tratta di un breve saggio
inserito sul sito di Olympus il 22 dicembre 2014 e a cura di Gaetano Natullo,
professore associato di Diritto del lavoro nell’ Università degli Studi del
Sannio.
Dopo aver fatto un’analisi
dell’evoluzione delle norme regolative della tutela della salute e della
sicurezza sui luoghi di lavoro, delle caratteristiche del sistema di tutela
della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro applicato in Italia e aver
parlato del principio della Massima Sicurezza Tecnologicamente Possibile, il
contributo di Natullo si sofferma in particolare sulla
ripartizione e individuazione dell’obbligo di sicurezza (inteso
come vincolo giuridicamente previsto nell’ambito di un ordinamento o di una
normativa).
L’esame sull’individuazione dei
soggetti su cui ricadono in azienda gli obblighi di prevenzione segue due
chiavi di lettura:
- si valutano caratteristiche e
differenziazioni sia “rispetto alla ‘prima fase’ dell’evoluzione storica del
nostro ‘diritto della prevenzione’ sia rispetto alla disciplina europea”;
- si cerca di capire “se
l’evoluzione del quadro normativo, soprattutto dopo la riforma del 2008, ha
apportato effettive novità in termini di corretto
contemperamento tra le opposte giuste esigenze di individuazione ed
accertamento delle responsabilità di attuazione degli obblighi di prevenzione
ed al contempo garanzia anche di ragionevole certezza, per gli stessi soggetti,
di assolvimento di tali obblighi, con altrettanto ragionevole esclusione di
forme di responsabilità ‘oggettiva’, sempre e comunque a carico di uno o più
tra i vertici aziendali, in caso di avvenuta lesione della salute dei
lavoratori”.
Riguardo all’aspetto evolutivo il
saggio riprende il senso di una prima importante razionalizzazione avuta con il
d.lgs. n. 626/1994 (ed il suo
correttivo del 1996, d.lgs. n. 242), pur “riprendendo nozioni ed assetti
risalenti alla legislazione tecnica degli anni ’50, per un verso, e ad una
consolidata elaborazione della giurisprudenza”.
Ad esempio con riferimento al
“conservare” la “tradizionale ‘trinità’ dei soggetti titolari delle posizioni
di garanzia (obblighi/responsabilità) in materia di prevenzione: datore di
lavoro, dirigente, preposto. O nel formalizzare la nozione di datore di lavoro
e nel dare riconoscimento legislativo, anche se in maniera indiretta,
all’istituto della “ delega di funzioni”.
Il
Testo Unico del 2008 si inserisce nel percorso e compie un altro
pezzo di strada alla “luce del criterio che, sulla scorta di autorevole
dottrina penalistica, può definirsi come ‘formale-funzionale’, nel momento in
cui cerca una sintesi tra il dato formale definitorio e quello sostanziale
(funzionale) dell’effettiva attribuzione e sussistenza, nel soggetto, dei
poteri e delle facoltà proprie della posizione formale”.
Viene in primo luogo “
completato il quadro delle ‘definizioni’
delle figure soggettive”; si opera uno sforzo ulteriore nella distinzione
del ruolo, e degli obblighi, di ciascun soggetto (ed in particolare della
delicata figura del preposto); viene definitivamente conferita dignità
legislativa alla delega
di funzioni; e si legifica, rafforzandolo, lo stesso criterio di
“effettività” (“il soggetto che ha – come dire – sostanzialmente la posizione
di datore di lavoro, dirigente o preposto in quanto ne ha i poteri, gestionali,
di spesa, organizzativi, sarà il titolare di fatto degli obblighi e delle
responsabilità previsti dalla legge”).
Veniamo alle tre figure di
datore di lavoro, dirigente e preposto.
Per quanto riguarda il datore di lavoro “il
legislatore perfeziona il criterio definitorio funzionale (effettività) quale
criterio allo stesso tempo sussidiario e concorrente rispetto a quello formale
– civilistico: per le aziende private, infatti, fermo restando il parametro
formale della titolarità del rapporto di lavoro con il lavoratore, l’elemento
della effettività di funzioni e poteri diviene ancora più sostanziale,
attraverso il riferimento, per un verso, alla responsabilità
dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva e, per altro verso,
all’esercizio dei poteri decisionali e di spesa; elementi tutti che sono
essenziali e comunque prevalenti rispetto al dato formale (della titolarità del
rapporto di lavoro), ai fini della individuazione del primo e principale
responsabile degli obblighi di sicurezza in azienda”. Riguardo alla difficile
individuazione del datore di lavoro nel settore delle amministrazioni pubbliche
“il legislatore del 2008 ha compiuto un ulteriore sforzo definitorio, che
peraltro, se da un lato fa ulteriore chiarezza, dall’altro lato solleva nuove
perplessità interpretative”.
Del tutto nuove sono invece le
definizioni di dirigente e preposto,
introdotte per la prima nel 2008. Benché eccessivamente generica la definizione
relativa al dirigente “sembra confermare che la ‘qualità’ di dirigenti ‘in
prevenzione’ è ‘secondaria’ e non ‘primaria’: come per il datore di lavoro,
essa consegue cioè alla sua posizione organizzativa generale in azienda
(funzioni e poteri) e non a quella specifica riferita agli obblighi di
prevenzione; questi ultimi discendono dunque dai primi, e sono, per così dire,
proporzionati ad essi”
Infine, i
preposti. La figura del preposto “viene nettamente distinta da
quella dei datori di lavoro e dei dirigenti, dai quali lo differenzia il limite
di un ruolo tradizionalmente (solo) di vigilanza e controllo sulla corretta
applicazione, da parte dei lavoratori, delle misure di prevenzione dai primi (datori
e dirigenti) elaborate e realizzate, essendo colui che, ‘
in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e
funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla
attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute,
controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un
funzionale potere di iniziativa”. Il preposto è dunque una figura
intermedia tra il dirigente ed i lavoratori, “con compiti di prevenzione
limitati alla vigilanza sul corretto (non pericoloso) svolgimento delle
mansioni di competenza dei lavoratori stessi, e sulla corretta adozione delle
misure di prevenzione previste e predisposte dal datore di lavoro e dal
dirigente”.
E tra l’altro si evidenzia
l’attenzione dedicata dal legislatore alla formazione dei preposti,
con l’introduzione di uno specifico obbligo di frequentare appositi corsi. Un
onere per le aziende, che però “può avere significativa rilevanza ai fini di
distinguere più nettamente la figura del preposto dagli altri lavoratori
dell’azienda, e dunque, indirettamente, anche ad indurre quest’ultima (nella persona
del datore e del dirigente) ad individuare correttamente tali figure
nell’organigramma aziendale”. Evitando in questo modo il “rischio del
cosiddetto ‘preposto di fatto’: ossia di chi, senza la debita consapevolezza,
venga a trovarsi, per l’appunto ‘di fatto’, in quella posizione di garanzia nei
confronti di altri lavoratori, e come tale ad essere destinatario di obblighi e
responsabilità ‘in prevenzione’”.
Una grande importanza assume poi,
proprio ai fini dell’individuazione dei soggetti responsabili e della
ripartizione degli obblighi di prevenzione, la “
delega di funzioni” (artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 81/2008).
Anche in questo caso il
legislatore non realizza nulla di particolarmente innovativo ma vanno
“segnalati alcuni
aspetti
particolarmente significativi:
a) la previsione della necessità,
oltre ai ‘tradizionali’ requisiti di legittimità ed efficacia della delega –
ora espressamente individuati nell’art. 16– di una adeguata e tempestiva
pubblicità della stessa;
b) l’esplicito raccordo
funzionale della delega con la accresciuta rilevanza dei modelli organizzativo
– gestionali aziendali ‘di prevenzione’; tant’è che la stessa norma affida al
modello organizzativo, e per la precisione ai sistemi di monitoraggio e
controllo ad esso interni, l’efficace attuazione dell’obbligo di vigilanza che
comunque residua, ai sensi dell’art. 16, comma 3, in capo al datore di lavoro
delegante;
c) la c.d. ‘subdelega’, ossia la
possibilità che il soggetto delegato (dal datore di lavoro), a determinate
condizioni, a sua volta trasferisca ad altri la propria posizione di garanzia”.
Rimane ferma la indelegabilità
“degli obblighi del datore di lavoro più generali, di impianto ed impostazione
del sistema di prevenzione in azienda (designazione del responsabile del
Servizio di prevenzione e prevenzione, valutazione dei rischi e conseguente
elaborazione del relativo documento aziendale)”.
Arrivando tuttavia alla seconda
chiave di lettura, il saggio conclude “che gli ulteriori sforzi definitori
compiuti dal legislatore del 2008 (con le modifiche del 2009) – ancor più se
letti in combinato disposto con l’accresciuta rilevanza dei fattori procedurali
ed organizzativi, che dovrebbero consentire di trasporre concretamente in
dettaglio tutta l’articolazione del “funzionigramma” aziendale –
possono contribuire certamente al difficile
contemperamento cui si faceva cenno, non facendo venir meno
l’esigenza di correlare obblighi e
responsabilità, anche penali, a posizioni individuali specifiche; ma anche
lasciando sufficienti margini a chi ritiene di avere (ed effettivamente ha, ed
eventualmente solo in parte) ‘determinati’ obblighi e responsabilità, di poter
essere ragionevolmente certo di quali essi
siano e di averli adempiuti, e dunque di poter essere ragionevolmente esente da
rischi di imputazione di eventuali responsabilità, per così dire, ‘in ogni
caso e comunque’ nel momento in cui malauguratamente si determini un evento
patologico a danno della salute di persone negli ambienti di lavoro aziendali”.
Olympus - Osservatorio per il
monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del
lavoro, “ Il quadro normativo dal Codice civile al Codice della sicurezza
sul lavoro. Dalla Massima sicurezza (astrattamente) possibile alla Massima
sicurezza ragionevolmente (concretamente) applicata?”, a cura di Gaetano
Natullo, professore associato di Diritto del lavoro nell’Università degli Studi
del Sannio, Working Paper di Olympus 39/2014 inserito nel sito di Olympus il 22
dicembre 2014 (formato PDF, 305 kB).
Tiziano Menduto
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