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"RSPP: aggiornarsi e formarsi sulle competenze di genere"
fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione
03/04/2015 -
Un approccio
sistematico alla salute e sicurezza sul lavoro è la chiave per ottimizzare la
salute aziendale e se implementata correttamente, la valutazione del rischio,
rappresenta uno dei sei elementi chiave per il successo di un’organizzazione
alla stregua del marketing
e dell’innovazione.
Coloro che
si occupano di prevenzione in tema di sicurezza sul lavoro hanno il compito di adottare un
approccio appropriato anche per la specificità di genere, un approccio di tipo
olistico, cioè che sappia leggere il fenomeno nella sua complessità, se si
vuole che tutte le differenze di genere, ritenute pertinenti, siano prese in
considerazione dalla valutazione dei rischi aziendali. Tuttavia, per realizzare
questo obiettivo occorrono orientamenti, interventi di sensibilizzazione e formazione
finalizzati all’adozione di un simile approccio.
In via
preliminare, può essere utile, sgombrare il campo da alcuni pregiudizi:
-la salute della donna non si misura e non si tutela solo nella
gravidanza. Tutte le norme di tutela che riguardano la donna si riferiscono a
questo unico capitolo della vita della donna. Non c’è ancora invece una
sensibilità diffusa a ripensare le norme di tutela alla luce delle differenze
di genere sia quelle fisiche, biologiche, ergonomiche, sia quelle
psico-sociali.
-anche le donne fanno lavori pesanti ma in settori diversi rispetto
agli uomini (in particolare la movimentazione carichi nel settore
dell’assistenza ha un peso specifico su tutti i disturbi della colonna). La
misura del lavoro pesante deve essere commisurato alle capacità fisiche e
biologiche del sesso femminile.
- i lavori così detti leggeri, in settori spesso occupati dalle
donne, non sono esenti da danni alla salute: comportano anzi una serie ampia di
disturbi muscolo-scheletrici a carico degli arti superiori, mentre le posture
prevalentemente erette di molti lavori delle donne gravano sulla colonna e
sugli arti inferiori.
- in alcuni settori, la presenza femminile è numericamente
inferiore ed è presente principalmente in piccole realtà disperse sul
territorio (piccole industrie, lavori artigianali, lavori a conduzione
familiare), per questo motivo alcuni rischi come i contatti con agenti chimici,
fisici e biologici patogeni vengono spesso sottovalutati.
In cosa consiste questa competenza:
È un dato di fatto che, tutta la cultura incentrata sulla salute e
sicurezza sul lavoro si sia sviluppata intorno ad un approccio
“neutro” ed è quindi verosimile che ciascun professionista agisca seguendo il
modello della razionalità tecnica che, di fronte a una situazione concreta,
attinge al magazzino di problemi e soluzioni che la scienza ha predisposto.
Ma lo schema scelto può non essere pertinente e né riflettere in
modo adeguato la situazione che si sta affrontando, in particolare modo per
quanto riguarda la valutazione dei rischi per donne e uomini, che come previsto anche dall’art. 28
del D.lgs. 81/08 deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute
dei lavoratori ivi compresi quelli connessi alle differenze di genere, all’età,
alla provenienza da altri Paesi.
Se invece si conoscono le evidenze scientifiche riferibili alle
variabili uomo donna nel lavoro e nella salute, la strategia che il
professionista può mettere in atto, per una valutazione non neutra
del rischio, sa riconoscere elementi di quel contesto già presenti nel proprio
repertorio di esperienza professionale, senza però ingabbiarli in categorie o
regole predeterminate e quindi indifferenti alla questione di genere. Ciò sta a
significare che il professionista ha bisogno di far crescere una
nuova competenza professionale, cioè un
modo con cui percepire le peculiarità e rilevare le differenze delle donne e
degli uomini al lavoro.
-conoscere le principali evidenze scientifiche delle variabili di
genere;
-assumere un’ottica di genere per saper riconoscere le
peculiarità, e quindi, le differenze tra donne e uomini nel lavoro e la loro
relativa differenza in termini di esposizione al rischio;
-aggiornare i “contenuti neutri” della valutazione dei rischi prevista dal
D.LGS 81/08 con “
integrazioni di genere”;
-sapere quali fattori causano diseguaglianze di genere nella
salute in azienda/organizzazione;
-saper motivare come e in quali specifiche condizioni il genere di
appartenenza degli individui può influenzare lo stato di salute per quanto
riguarda l’esposizione ai rischi e allo stato di vulnerabilità;
-conoscere e comprendere la natura, la severità e la frequenza dei
problemi di salute di donne e uomini;
-saper individuare e descrivere le eventuali iniquità fondate sul
genere di appartenenza, in relazione alla salute, alla formazione, alle risorse
economiche e alla carriera;
-individuare i differenziali di genere
nell’impostare le misure di prevenzione e protezione, nella valutazione dei
rischi, nel monitoraggio e nell’analisi dei dati;
-conoscere e adottare strumenti
appropriati, efficaci ed equi per
la valutazione dei rischi, come
DVR in un ottica di genere (DVR-G), i modelli di self-auditing
aziendale,
integrati nelle politiche della SSL, per l’equità di genere come le
check list
di autovalutazione aziendale/organizzativa sull’adeguatezza delle
misure
volte a favorire l’equilibrio vita-lavoro, o ancora questionari
di misurazione della “salute aziendale”
da cui partire per adottare efficaci e orientate azioni di prevenzione e
promozione.
Credo che la comunità dei professionisti della sicurezza sul lavoro, oggi, non possa
più sottrarsi al compito di informare e formare e mantenere aggiornata la
propria competenza tecnico-professionale includendo a pieno titolo la
questione di genere che, come una lente
d’ingrandimento, fa veder cose che, in sua assenza, non si è in grado di
leggere.
Debora russi
Formatrice e consulente
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