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"Storie di infortunio: tante misure per nulla"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza Macchine ed Attrezzature
30/06/2015 -
Il Centro regionale di Documentazione per la Promozione
della Salute della Regione Piemonte ( Dors) raccoglie storie d'infortunio rielaborate dagli
operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di
infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché è accaduto sia una
condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione. In
questa storia, dal titolo “Tante
misure per nulla” (a cura di Marcello Libener, Servizio
Pre.S.A.L. della Asl AL),un lavoratore è caduto da
circa 6 metri e mezzo per il cedimento di un parapetto provvisorio procurandosi
gravi lesioni.
Tante misure per nulla
a cura di Marcello Libener,
Servizio Pre.S.A.L. della Asl AL
Che cosa è successo
Nel corso dei lavori per la
realizzazione di un impianto fotovoltaico sulla copertura dei fabbricati di
un'impresa agricola, un lavoratore è caduto da circa 6 metri e mezzo per il cedimento
di un parapetto
provvisorio procurandosi gravi lesioni tra cui fratture al bacino, all'osso
sacro, al braccio sinistro, oltre a lesioni a un rene, a un polmone, alla
bocca, in particolare ai denti.
Chi è stato coinvolto
Roberto è un uomo di 37 anni che
ha esperienza di parecchi anni come muratore e che lavora in una piccola impresa
dedita soprattutto alla realizzazione di nuove coperture.
Quest’ultima nel 2010 ha ampliato
il proprio giro d'affari nel campo della realizzazione di impianti
fotovoltaici.
Inail ha riconosciuto a Roberto
l’inabilità temporanea di 310 giorni e un’invalidità permanente del 23%. Anche
a seguito della crisi economica, il lavoratore non ha più avuto un contratto a
tempo indeterminato.
Dove e quando
Il luogo dove è avvenuto l'infortunio
si trova in un’area circondata da terreni coltivati.
Il proprietario dell’azienda
disponeva di fabbricati non utilizzati le cui superfici di copertura erano
appetibili per usufruire di incentivi per l'installazione di impianti fotovoltaici.
Ha quindi ceduto le superfici a un’impresa specializzata nella realizzazione e gestione
di tali impianti. Poiché gli incentivi stavano per scadere, i tempi per lo svolgimento
dei lavori erano particolarmente ridotti.
L'impresa per cui lavorava
Roberto era una sub-appaltatrice dell' impresa
affidataria per la realizzazione delle nuove coperture, ma in cantiere avevano
operato altre imprese. Sul fabbricato in lavorazione erano state rimosse per
metà della superficie le lastre in cemento amianto e il giorno dell’infortunio
si stava procedendo alla realizzazione della nuova copertura.
Come
Quella mattina Roberto ha
raggiunto la quota di lavoro con una scala a elementi innestabili insieme al
collega Marco, lavoratore autonomo. Una volta in quota, i due dovevano
percorrere una superficie costituita da travi in cemento parallele perché
un’altra impresa aveva eliminato le lastre di copertura in cemento amianto.
La zona di lavoro era dotata di
varie protezioni contro la caduta verso il vuoto: parapetti provvisori sui
bordi, reti
anticaduta sotto una parte dell'area di lavoro, parti di ponteggio su un
lato.
Roberto ha posato il piede
sull’unico pannello già posizionato ma non fissato ed ha perso l’equilibrio. Si
è appoggiato al parapetto laterale posto a protezione del bordo che non ha offerto
la resistenza prevista perché si è sganciato dalla trave cui era vincolato
facendo cadere rovinosamente Roberto a terra.
Anche se non ha perso conoscenza
Roberto ricorda poco di quei momenti.
“...abbiamo camminato sulla
lastra già posizionata ed io mi sono recato sull'angolo. A un certo punto
ricordo che ho perso l'equilibrio e che la barriera non mi ha tenuto, ma non so
dire se perché si è rotta o altro.”
Dopo l'infortunio, il parapetto
di protezione del bordo era divelto in prossimità dell’angolo sud-ovest della
copertura del fabbricato.
Perché
Il parapetto di protezione del
bordo del tetto non era stato installato correttamente e non ha sostenuto il
lavoratore quando si è appoggiato dopo aver perso l’equilibrio.
Inoltre, pur non essendo chiaro
se il lavoratore disponesse di imbracature di sicurezza, mancavano le linee
vita a cui ancorarsi.
Cosa si è appreso dall’inchiesta
Il cantiere prevedeva diverse
fasi lavorative che, per il fabbricato da cui è caduto Roberto,
erano così riassumibili:
·
approntamento degli apprestamenti contro le
cadute dall'alto (ponteggio, parapetti provvisori, reti anticaduta);
·
rimozione delle lastre di copertura in cemento
amianto;
·
realizzazione della nuova copertura;
·
installazione dell'impianto fotovoltaico.
Il capannone dove operavano i due
lavoratori aveva una copertura costituita da lastre in cemento amianto per
circa 1.000 m2 ma metà delle lastre erano state rimosse senza che fosse stato
presentato un piano di lavoro allo SPreSAL.
Le misure di protezione contro la
caduta dall'alto previste dal Piano di Sicurezza e Coordinamento ( PSC) erano
costituite da elementi di ponteggio su un lato, parapetti sui quattro bordi,
reti anticaduta su una parte dell'area sotto quella di lavoro.
Tante misure per nulla: l'insieme
degli apprestamenti non forniva una protezione adeguata per i lavoratori che
operavano in quota.
Entrambi i lavoratori hanno
asserito di aver indossato dispositivi anticaduta anche se Marco, collega
dell’infortunato, dopo un’ora dall'incidente non è stato in grado di dire quale
dei due dispositivi avesse utilizzato quella mattina.
“Eravamo dotati di imbracatura di
sicurezza, non ricordo quale delle due presenti in cantiere avessi usato io e
quale Roberto”.
Questo aspetto è poco rilevante
in quanto entrambe le imbracature erano prive di cordino. Una delle due era una
cintura di posizionamento e alla quota di lavoro non sono stati rinvenuti
ancoraggi o linee vita idonee all'utilizzo delle imbracature.
L’adeguatezza dei parapetti provvisori,
installati da Marco con l’aiuto di altri, è stata certificata da una relazione
tecnica. Secondo le testimonianze di Marco, a questa attività aveva partecipato
anche Roberto il quale, tuttavia, ha negato di aver montato parapetti in cantiere.
La relazione tecnica, redatta
successivamente all’installazione dei parapetti, ribadisce l’utilizzo dei
parapetti di tipo “Veroni 103” (non più “Veroni 104” come nel PSC) per le due testate
e del tipo “Veroni 112 L” per i due lati. Nella relazione si certifica
l’adeguatezza dell’installazione e si attesta il rispetto dell’interasse
(distanza tra un montante e l’altro) di 1.400 mm. A questo proposito, gli accertamenti
hanno chiarito che:
- la tipologia dei parapetti non
era adatta allo scopo perché doveva essere usata su supporto in legno e non in
cemento armato come nel caso specifico;
- i parapetti lungo i bordi dei
lati sud e nord non garantivano una protezione idonea perché erano costituiti
solamente da due correnti ed erano circa 10 cm più corti rispetto al metro
considerato sufficiente a proteggere contro la caduta dall’alto;
- come è avvenuto per il montante
che si è sganciato (fatto non più verificabile), i parapetti non erano fissati
adeguatamente come è evidente anche per il 5° montante posto sul lato ovest
contando dall’angolo dal quale è caduto Roberto;
- la relazione di calcolo non
considera l’inidoneità della tipologia di parapetto utilizzato lungo i bordi
dei due lati più lunghi del fabbricato ovvero non indica come la tipologia di
parapetto “Veroni 112 L” possa essere adattato ad un supporto diverso dal legno
e perché non sia rispettato l’interasse (distanza tra un montante e l’altro)
minimo di 1.400 mm;
- la soluzione adottata si è
rivelata assolutamente inadeguata essendo evidente nel corso del sopralluogo
che l’installazione dei parapetti
sulle due testate ha comportato la preventiva demolizione delle parti più
esterne delle lastre di copertura in cemento amianto (bordi lati ovest ed est
per la parte di lastre ancora in opera).
Raccomandazioni
La situazione del cantiere al
momento dell’incidente può essere sintetizzata con la frase “tante soluzioni,
nessuna soluzione”.
La realizzazione di lavori su
copertura, soprattutto quando le attività sono complesse e la tipologia di
copertura è particolarmente problematica per l’assenza di una solida soletta, deve
essere preceduta da un’attenta analisi della situazione e da una progettazione accurata
della sicurezza.
L’inadeguatezza delle soluzioni
contro le cadute dall’alto avrebbe dovuto essere rilevata da tutti quelli che
in cantiere avevano responsabilità in materia: Coordinatore per l’esecuzione,
Datore di Lavoro dell’impresa di Roberto, Datore di Lavoro dell’impresa affidataria,
Datore di Lavoro dell’impresa che ha rimosso le lastre di cemento amianto.
Viceversa tutti hanno proseguito
le loro attività in cantiere supportati (solo formalmente) dalla relazione
tecnica relativa alla corretta installazione dei parapetti che, come si è
visto, è risultata non solo superficiale e frutto di una presa d’atto di quanto
fatto in cantiere, ma addirittura errata.
È quindi necessario che in
cantiere le verifiche sulle principali soluzioni di sicurezza siano effettuate
da tutti coloro cui competono non delegando ciecamente tale funzione ad altri.
In cantiere erano applicate tante
possibili soluzioni (ponteggi, parapetti, reti, imbracature) senza che fosse
garantita la sicurezza dei lavoratori perché una misura era scollegata dalle
altre.
Roberto si è trovato a dover
lavorare a un’altezza considerevole affidandosi principalmente alla sua
capacità di non perdere l’equilibrio.
L’utilizzo di parapetti con
montanti a vite non è consigliabile per questo tipo di lavori in quanto la
rimozione e poi l’installazione dei pannelli di copertura non consente un
corretto utilizzo di quel tipo di parapetto.
Per questo lavoro era possibile utilizzare
una piattaforma elevabile abbinata ad attrezzature di sollevamento per portare
in quota il materiale, salendo sulla copertura solo dopo il suo completamento e
dopo il montaggio di idonei parapetti o linee anticaduta.
L’adozione di parapetti
provvisori, largamente in uso nel comparto edile, deve essere effettuata
sulla base di un’analisi dei bordi da proteggere unitamente a materiale del supporto,
pendenze della falda, tipologia di lavori e ulteriori altre variabili. La
validità della scelta effettuata deve essere verificata non solo da chi ha
responsabilità sull’organizzazione del cantiere (Coordinatori per la sicurezza)
ma anche da chi ha il compito di installare il sistema di protezione.
Infine, una volta scelto il
parapetto più idoneo dovrà essere verificata la sua adeguata installazione.
In sintesi: scegliere il sistema
di protezione più efficace (anche in relazione al rischio di caduta dall’alto
nel perimetro del fabbricato), individuare l’eventuale parapetto provvisorio più
indicato per quella tipologia di lavoro in quota, installare correttamente l’apprestamento
e se lo stesso rimane in posa per molto tempo, verificare periodicamente il
mantenimento dell’efficienza del sistema.
Gli ambiti lavorativi che per
vari motivi concentrano volumi crescenti di attività in brevi periodi di tempo,
come la realizzazione di impianti di produzione dell’energia elettrica su stimolo
di incentivi a breve scadenza, devono prevedere un’accurata progettazione delle
soluzioni di sicurezza (e salute) del lavoro, evitando che a causa della fretta
si debba operare in situazioni di sicurezza inaccettabili. Questa indicazione
vale principalmente per i soggetti di cantiere ma anche per gli organi di
vigilanza.
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