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"Gli errori che si commettono nella valutazione dei rischi"
fonte www.puntosicuro.it / Valutazione dei Rischi
01/07/2015 - Sappiamo che la
valutazione dei rischi è la pietra
portante di quel complesso di disposizioni o misure necessarie per
evitare o per diminuire i rischi professionali e tutelare la salute e
sicurezza dei lavoratori. È un fondamentale processo che consente ai
datori di lavori di prendere i provvedimenti adeguati per la prevenzione
di incidenti, infortuni e malattie professionali.
Ma come deve
essere una valutazione dei rischi? Quale metodologia può utilizzare? E
specialmente quali sono i principali errori a cui si può andare
incontro?
Per provare a rispondere a queste domande, presentiamo un documento
pubblicato sul sito di del Dipartimento di Ingegneria Meccanica,
Nucleare e della Produzione della Facoltà di Ingegneria dell' Università di Pisa, un documento relativo ad un intervento tenuto a Firenze nell’ottobre del 2010 da Stefano Gini e M.G. Marchesiello.
In “
D.Lgs 81/2008. La Valutazione dei Rischi” innanzitutto si ricordano
le importanti definizioni di rischio e pericolo, concetti che spesso tendono ad
essere confusi:
-
pericolo: è la “proprietà o qualità intrinseca di un determinato
fattore avente il potenziale di causare danni”. È dunque un “
concetto deterministico”, “una
proprietà intrinseca (della situazione, oggetto, sostanza etc) non legata a
fattori esterni”;
-
rischio: è la “probabilità di
raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di
esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione”.
In questo caso il rischio è un “
concetto
probabilistico” e la nozione di rischio “implica l’esistenza di una
sorgente di pericolo e delle possibilità che essa si trasformi in una perdita o
un danno”.
E dato un certo pericolo, il
“relativo livello di rischio non è univocamente determinato, ma esistono tanti
diversi livelli di rischio quante sono le combinazioni delle condizioni al suo
contorno” (modalità operative, procedure, condizione ambientali, formazione,
caratteristiche organizzative, ...).
Tenendo conto di queste
definizioni, veniamo ora alla
valutazione
dei rischi.
Una valutazione
dei rischi (VdR) deve considerare, ad esempio: “tempi e frequenze di
svolgimento operazioni; chiarezza, adeguatezza e univocità delle informazioni
necessarie al loro svolgimento; condizioni di interferenza; qualità della formazione”.
E deve considerare anche: “le caratteristiche e la vulnerabilità personali; le dinamiche
relazionali di gruppo”. Insomma deve tener conto delle “
problematiche legate organizzazione dei sistemi di lavoro e dei
soggetti che vi operano alle loro interrelazioni ed ai comportamenti”, dei
“fattori che contribuiscono a stabilire gli effettivi livelli di rischio”.
L’approccio alla VdR deve essere “ampiamente interdisciplinare,
tanto nell’analisi dei diversi fattori di rischio, quanto nella determinazione
di misure di controllo capaci di tenere conto della loro complessa
interconnessione”.
Gli autori ricordano che in generale,
con particolare riferimento ai metodi sviluppati per gli impianti, riguardo
alla valutazione
dei rischi si possono utilizzare:
-
metodi induttivi: “si ipotizza il guasto e successivamente si
analizzano gli eventi che questo può causare”. Ad esempio i metodi: “Albero
degli eventi (Event Tree Analysis), FMECA (Failure Modes Effects and Critical
Anal.), HAZOP (Hazard and Operability Study);
-
metodi deduttivi: “si ipotizza il risultato
finale e
successivamente si ricercano le cause che lo hanno generato”. Ad
esempio le metodologie: Safety Review, Check Lists, HEA (Human Error
Analysis), Albero dei guasti (Fault Tree Analysis).
Rimandando alla lettura integrale
dell’intervento, che si sofferma sulle caratteristiche e vantaggi di ogni
metodologia citata, veniamo ai
principali
errori che possono essere commessi in ordine alla valutazione dei rischi.
I primi due errori sono “
errori di fondo” molto diffusi e più
volte denunciati dal nostro giornale. Sono errori che vengono commessi quando
non si conosce o non si tiene conto “degli obiettivi del processo di
valutazione e del suo reale significato”:
- “credere che la valutazione sia
un processo da attivare ‘una tantum’ e non un metodo sistematico per gestire la
prevenzione;
- interpretare la valutazione
come un mero atto formale,
un iter burocratico ‘dovuto’, una nuova ‘tassa’ sulla salute per le imprese,
quindi da sbrigare nel modo più semplice ed economico”.
Passiamo agli “
errori di impostazione” che spesso solo
“logica conseguenza in molti casi dei due precedenti” errori di fondo e
derivano, infatti, “dal non tener conto degli obiettivi della valutazione, o
dall’attivare un percorso incoerente e inadeguato rispetto agli obiettivi
stessi”.
Questi i due possibili errori di
impostazione:
- “sbilanciare la valutazione verso
gli aspetti ‘diagnostici’ (analisi del rischio) a scapito degli aspetti
‘terapeutici’ (interventi da attuare per risolvere i problemi)”;
- affidare la valutazione “a
persone poco preparate, o inadeguate come numero, o con scarsità di tempo e
strumenti a disposizione”.
Gli autori si soffermano poi sui
tanti e possibili “
errori metodologici” nelle valutazioni dei
rischi:
- “confondere la mera descrizione
delle condizioni di rischio con la loro valutazione (ciò comporta una
effettuazione riduttiva del processo valutativo);
- omettere di valutare i rischi
in alcuni reparti o lavorazioni, magari considerati marginali e irrilevanti
rispetto al ciclo produttivo (ciò comporta un’effettuazione parziale e carente
del processo
valutativo);
- non curarsi di acquisire ed elaborare
tutta la documentazione necessaria, dagli infortuni alle schede tossicologiche,
dalle malattie professionali alle certificazioni di legge (ciò comporta carenze
ed incompletezze del processo valutativo, per mancata definizione di tutte le
fonti di rischio);
- non coinvolgere i soggetti ( medico
competente, R.L.S., ecc.) che devono essere coinvolti, o coinvolgerli solo
in modo meramente formale, come compimento di un atto dovuto e non come
acquisizione di un contributo sostanziale (ciò comporta la mancata
partecipazione di questi soggetti al processo valutativo e un suo sostanziale
impoverimento);
- mancata o carente
elaborazione-individuazione delle misure preventive, di ogni tipo: tecnico,
organizzativo, procedurale, DPI, informativo, formativo (ciò comporta
un’insufficiente definizione dell’output del processo valutativo, e cioè delle
misure da adottare);
- mancata formulazione di un
preciso programma attuativo, scandito nel tempo, basato su priorità, esplicito
e motivato (ciò comporta la mancata assunzione della valutazione dei rischi
nell’ambito delle strategie aziendali);
- mancata dichiarazione dei
criteri seguiti nel valutare
i rischi (ciò comporta una difficoltà di comprensione e condivisione delle
scelte operate);
- esecuzione della valutazione
dei rischi ‘a tavolino’, fondandosi solo sull’uso di strumenti precostituiti
(cartacei o informatici) senza un riscontro reale delle condizioni di rischio
(ciò comporta l’impossibilità di effettuare un percorso valutativo coretto e
coerente, cioè calibrato sui reali problemi)”.
Non bisogna poi dimenticare
alcuni possibili “
errori tecnici”:
- “errori ‘materiali’ nella
valutazione (e prima ancora nell’individuazione) dei rischi, con omissioni,
sottovalutazioni ma anche sopravvalutazioni (ciò comporta che l’input in base a
cui si devono prendere le decisioni in campo di prevenzione è errato, e quindi
le decisioni saranno verosimilmente errate);
- errori ‘materiali’
nell’individuazione ed elaborazione nelle misure preventive da attuare, pur in
presenza di input corretti” (ciò comporta le stesse conseguenze del primo
errore tecnico “in quanto le decisioni saranno anche in questo caso errate”).
Concludiamo l’articolo con un
ultima carrellata di possibili errori nella valutazione dei rischi, in questo
caso “
errori di gestione”:
- “mancata illustrazione,
socializzazione e discussione dei risultati del processo di valutazione (ciò
comporta un blocco del processo partecipativo e del coinvolgimento di tutte le
fasi aziendali al processo preventivo);
- messa in atto parziale o
incompleta delle misure preventive definite (ciò comporta lo svuotamento del
processo valutativo del suo senso più profondo, e genera un clima di sfiducia
generalizzato sulla sequenzialità tra processo valutativo e processo preventivo);
- mancata attivazione di
procedure e sistemi per l’aggiornamento continuo del processo valutativo, che
dovrebbero essere già previsti nella valutazione stessa (ciò comporta le
conseguenze che il processo valutativo non è dinamico né sistemico)”;
- mancata ripetizione del
processo valutativo” al variare dell’organizzazione di lavoro (come indicato
nel comma 3 dell’art. 29 del D.Lgs. 81/2008), “degli impianti, del ciclo, delle
sostanze usate, delle conoscenze scientifiche sui rischi, ecc. (ciò comporta il
rapido deperimento del processo valutativo effettuato, e spezza il circolo
virtuoso della gestione sistematica della prevenzione in azienda)”.
“ D.Lgs 81/2008. La Valutazione dei Rischi”, intervento a
cura di Stefano Gini e M.G. Marchesiello (formato PDF, 188 kB).
Per un approfondimento e un aggiornamento sulle modifiche
normative vi invitiamo a leggere gli articoli di PuntoSicuro sulla valutazione dei rischi.
Tiziano Menduto
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