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"Sulla responsabilità del capocantiere per l’infortunio di un lavoratore"

fonte www.puntosicuro.it / Sentenze

07/09/2015 -
Tre sono i principali insegnamenti che emergono dalla lettura di questa sentenza della Corte di Cassazione o che vengono più precisamente richiamati in quanto gli stessi sono stati già impartiti in precedenti espressioni della stessa Corte. Secondo il primo insegnamento in tema di prevenzione degli infortuni il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza dei lavoratori in quanto sovrintende alle loro attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l'esecuzione sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti ( Sentenza n. 9491 del 10/1/2013 Sez. IV). L’altro è che il titolare della posizione di garanzia in materia di lavoro, in quanto destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore infortunato, pur rientrando nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme dovendo definirsi tale una condotta imprudente che sia consistita in qualcosa radicalmente diversa dalle ipotizzabili, e quindi prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro ( Sentenza n. 7267/2009 Sez. IV).
 
Il terzo insegnamento riguarda invece il risarcimento dei danni. Con riferimento allo stesso la suprema Corte ha sostenuto che il risarcimento che dà luogo alla circostanza attenuante dell’integrale risarcimento è solo quello che interviene prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (Sentenza n. 1528 del 17/12/2009 Sez. IV e Sentenza  n. 17864 del 23/01/2014 Sez. III).

L’evento infortunistico e l’iter giudiziario
Il Tribunale  ha condannato un direttore di cantiere e un capocantiere  alla pena di un mese di reclusione ciascuno in relazione al reato di lesioni personali colpose commesso, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di un lavoratore dipendente. Agli imputati, in qualità di 'dirigente' il primo e di 'preposto' il secondo, era stata originariamente contestata la violazione dei doveri concernenti la fornitura, al lavoratore infortunato, della strumentazione necessaria e adeguata per l'esecuzione delle lavorazioni cui lo stesso era stato adibito, nonché la formazione e l'informazione sui rischi inerenti lo svolgimento di dette lavorazioni, sicché lo stesso, nell'atto di realizzare con una sega circolare dei cunei in legno necessari per l'adempimento dei compiti commissionatigli, è entrato in contatto con le proprie mani con detta sega, procurandosi lesioni personali consistite nella sub-amputazione del terzo dito della mano e fratture multiple di altre dita, con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo di tempo superiore a 40 giorni e indebolimento permanente della funzione prensoria.
 
Successivamente la Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha disposto la conversione della pena detentiva inflitta dal Tribunale in quella pecuniaria d'importo corrispondente, revocando la sospensione condizionale della pena e confermando, nel resto, la pronuncia del primo giudice.
 
Avverso la sentenza d'appello entrambi gli imputati, con due distinti atti, hanno proposto ricorso per cassazione a mezzo del comune difensore. In  particolare il direttore di cantiere ha proposto ricorso sulla base di due motivi d'impugnazione. Con il primo motivo, il ricorrente ha censurata la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale confermato la sua condanna nonostante la mancata individuazione, a suo carico, di alcuno specifico obbligo cautelare pretesamente violato. Secondo lo stesso, infatti, la Corte di Appello avrebbe trascurato di valorizzare adeguatamente l'avvenuta delega ai preposti (compreso lo stesso capocantiere coimputato) delle funzioni di controllo del lavoratore infortunato e di apprestamento, nei relativi confronti, della strumentazione necessaria per l'esecuzione della propria attività lavorativa.
 
Sotto altro profilo, il ricorrente si è lamentato del mancato apprezzamento, da parte dei giudici del merito, della differente qualità della posizione di garanzia del dirigente, rispetto al preposto, spettando al primo unicamente la predisposizione generale delle misure di sicurezza da adottarsi per la tutela dei lavoratori, oltre ai compiti di alta vigilanza sul relativo rispetto soprattutto in presenza, come nel caso in esame, di numerosi preposti specificamente destinati all'esecuzione di forme più specifiche e minute di controllo. Da ultimo il direttore tecnico, ribadita l'avvenuta fornitura al lavoratore infortunato di strumenti regolari e pienamente idonei a consentirne la corretta realizzazione della propria prestazione lavorativa, ha sottolineato come detto lavoratore fosse stato correttamente formato sulle modalità di esecuzione dell'attività allo stesso richiesta e informato sui relativi rischi, anche in considerazione della relativa collaudata esperienza nello svolgimento delle mansioni in concreto affidategli.
 
Con il secondo motivo, il ricorrente ha evidenziata la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nel negare la concessione, a beneficio dell'imputato, della circostanza attenuante dell'avvenuto risarcimento del danno in favore del lavoratore infortunato, a ciò avendo lo stesso ritualmente provveduto a seguito della pronuncia della condanna di primo grado.
 
Il capocantiere, da parte sua, ha proposto ricorso sulla base di due motivi di impugnazione. Con il primo motivo, il ricorrente ha censurata la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale erroneamente ascritto a lui la causazione dell'infortunio occorso al lavoratore a dispetto della posizione di garanzia nella specie ascrivibile a carico di altri soggetti presenti in cantiere quali i preposti sottordinati, e non avendo tenuto conto del carattere abnorme del comportamento del lavoratore, come tale idoneo a recidere ogni possibile nesso di causalità tra le omissioni addebitate all'imputato e l'infortunio oggetto di giudizio. Il ricorrente si è lamentato, in particolare, per la mancata considerazione, da parte dei giudici del merito, della delega conferita al preposto designato per lo specifico settore cui era stato adibito il lavoratore infortunato, nonché dell'omesso riconoscimento dell'inesistenza di alcun obbligo di fornire allo stesso i cunei di legno già formati per l'esecuzione della relativa prestazione.
 
Il capocantiere ha evidenziato inoltre come in considerazione della vastità del cantiere in esame erano state conferite deleghe di funzioni a soggetti diversi da lui al fine di esercitare le prerogative del preposto, con particolare riguardo a due geometri assistenti di cantiere specificamente destinati al controllo sulle opere esterne del lotto presso il quale è successo l’infortunio, nonché al caposquadra al quale era stato parimenti trasmesso il piano operativo di sicurezza aziendale. Sotto altro profilo, il capocantiere ha sottolineato come l'operazione di realizzazione dei cunei fosse operazione di normale amministrazione, del tutto coerente con il bagaglio di conoscenze tecniche e con la specifica formazione professionale di carpentiere del lavoratore infortunato a sua volta già destinatario, in sede aziendale, di adeguata formazione e informazione ai sensi di legge sulle lavorazioni allo stesso commissionate per cui nel caso in esame l'infortunio era verificato per esclusiva imprudenza del lavoratore infortunato, alla cui sola responsabilità lo stesso doveva essere ricondotto. Come secondo motivo anche il capocantiere ha messa in evidenza la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nel negare la concessione, a beneficio dell'imputato, della circostanza attenuante dell'avvenuto risarcimento del danno in favore del lavoratore infortunato, a ciò avendo lui ritualmente provveduto a seguito della pronuncia della condanna di primo grado.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
Entrambi i ricorsi sono stati ritenuti dalla Corte di Cassazione infondati. La stessa ha fatto notare come la corte territoriale avesse adeguatamente specificato come la strumentazione posta a disposizione del lavoratore infortunato, per la realizzazione dei cunei di legno indispensabili ai fini dell'esecuzione della relativa prestazione lavorativa, non fosse del tutto idonea a garantire la sicurezza e l'incolumità del lavoratore, non essendo stata posta, a disposizione dello stesso, la bacchetta spingipezzo delle caratteristiche previste dalla normativa di settore al fine di prevenire ogni contatto tra le mani del lavoratore e la sega circolare dallo stesso utilizzata. Per altro verso la corte territoriale aveva adeguatamente evidenziato come nessuna formazione e informazione del lavoratore infortunato, circa i rischi connessi all'attività allo stesso affidata, risultasse essere stata eseguita, non potendo ritenersi ammissibile il richiamo, ad opera dei ricorrenti, alla professionalità o all'eventuale esperienza maturata o concretamente acquisita dal lavoratore.
 
Sul punto la Sez. IV ha richiamato l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l'attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro (e dunque i soggetti da esso delegati), non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa o per la trasmissione di conoscenze che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori (anche posti in relazione gerarchica tra di loro), atteso che l'apprendimento insorgente dal fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano, e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione imposte dalla legge a carico del datore di lavoro.
 
Del tutto correttamente, pertanto, secondo la Sez. IV, la corte territoriale aveva ritenuto ascrivibile a entrambi gli imputati i comportamenti colposi consistiti, da un lato, nel mancato apprestamento di tutta la strumentazione necessaria ai fini dell'adempimento in sicurezza della prestazione lavorativa e dall'altro nella mancata trasmissione al lavoratore della formazione e delle informazioni riguardanti i rischi connessi all'esecuzione di detta prestazione, necessarie al fine di scongiurare l'evento lesivo, costituendo, ciascuna di dette omissioni, la manifestazione concreta di un'insufficiente e, in ogni caso, inadeguata gestione, da parte dei due imputati (ciascuno in relazione alla propria specifica posizione di garanzia), dei rischi infortunistici definiti dalla prestazione in esame.
 
La Corte di Cassazione ha quindi richiamato il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale “ in tema di prevenzione degli infortuni, il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l'esecuzione sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 9491 del 10/01/2013, Rv. 254403)”. Peraltro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione.
 
Con riferimento al comportamento del lavoratore durante l’infortunio la Corte di Cassazione ha sottolineato come, secondo l'argomentata e plausibile ricostruzione dei giudici di merito, l'evento infortunistico in esame si era verificato nel corso delle ordinarie mansioni cui il lavoratore era stato adibito, e che lo stesso, lungi dal costituire un'ipotesi del tutto imprevedibile, doveva ritenersi ex ante un'evenienza icto oculi pienamente compatibile con il regolare sviluppo delle lavorazioni in esame. Sul punto la Sez. IV ha richiamato, altresì, il consolidato insegnamento della corte di legittimità ai sensi del quale, “ in tema di infortuni sul lavoro, il titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile”.
 
Con particolare riferimento all’infortunio oggetto del procedimento in esame, ha messo in evidenza la Sez. IV, la circostanza che il lavoratore infortunato, nell'atto di realizzare con una sega circolare dei cunei in legno necessari per l'adempimento dei compiti commissionatigli, avesse posto le proprie mani a contatto con detta sega al fine di rimuovere taluni detriti dalla macchina allo stesso consegnata, non vale a escludere la responsabilità degli odierni imputati, dovendo ritenersi ricompreso, entro l'ambito delle relative responsabilità, l'obbligo di prevenire anche l'ipotesi di una condotta imprudente o negligente del lavoratore, al fine di scongiurare la verificazione delle prevedibili evenienze riconducibili all'ordinario sviluppo delle lavorazioni oggetto d'esame.
 
Il titolare di una posizione di garanzia in materia di lavoro, infatti”, ha così proseguito la Sez. IV, “ in quanto destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità quando il comportamento del lavoratore, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa radicalmente e ontologicamente diverso dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell'esecuzione del lavoro (Cass., Sez. 4, n. 7267/2009, Rv. 246695)”.Sul tema la Corte di Cassazione ha sottolineato, altresì, come l'errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti dei lavoratori non è invocabile da parte del titolare della posizione di garanzia, il quale risponde dell'infortunio, sia a titolo di colpa diretta (per non aver negligentemente impedito l'evento lesivo ed eliminato le condizioni di rischio), che a titolo di colpa indiretta, per aver erroneamente invocato a sua discriminante la responsabilità altrui qualora le misure di prevenzione siano state inadeguate.
 
In merito, in conclusione, al ricorso proposto da entrambi gli imputati circa il riconoscimento della circostanza attenuante del risarcimento del danno lo stesso non  è stato accolto attesa la tardività della prestazione risarcitoria. Sul punto, infatti, la Corte suprema ha richiamato il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità ai sensi del quale “ il risarcimento che dà luogo alla circostanza attenuante dell'integrale risarcimento del danno è solo quello che interviene prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (Sez. 4, Sentenza n. 1528 del 17/12/2009, Rv. 246303; v. altresì Sez. 3, Sentenza n. 17864 del 23/01/2014, Rv. 261498)”.
 
 
 
 
 
Gerardo Porreca


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