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"Gli effetti delle fibre artificiali vetrose sulla salute dei lavoratori"
fonte www.puntosicuro.it / Malattia Professionale
22/09/2015 -
Le fibre artificiali vetrose
(FAV) hanno raggiunto un alto livello di diffusione e utilizzo dopo la messa al
bando dell’amianto, e, la rilevante importanza commerciale dovuta al largo
impiego in molti settori produttivi, rende indispensabile una maggiore tutela
della salute della popolazione dei lavoratori esposti. In quest’ottica, lo
scorso 25 marzo è stato approvato il documento “ Le
fibre artificiali vetrose (FAV): linee guida per l’applicazione della
normativa inerente ai rischi di esposizione e le misure di prevenzione per la
tutela della salute” (1), ampiamente trattato nei precedenti articoli di questa
newsletter. Nel presente articolo si intende proporre una sintesi delle
principali conoscenze relative alle fibre artificiali vetrose, con particolare
riferimento all’esposizione occupazionale e agli effetti sulla salute.
Definizione e caratteristiche chimico-fisiche
Le Fibre Artificiali Vetrose
appartengono alla categoria delle fibre artificiali inorganiche e si possono
suddividere in filamenti e lane. Diametro e lunghezza delle FAV variano in
funzione del processo produttivo adottato (vedi Fig.1, pag.3). L’eterogenea
composizione delle FAV può variare molto a seconda dell’utilizzo finale
(diverse caratteristiche fisiche e chimiche per garantire performance diverse),
delle modalità di produzione e della biopersistenza (tendenza a produrre fibre meno
biopersistenti per evitarne i potenziali effetti nocivi) (2, 10), ma determina
anche i potenziali effetti sulla salute legati all’esposizione a FAV.
Tabella 1 - Valori limite di esposizione in ambiente di
lavoro
Le modalità di produzione e la
performance tecnologica del prodotto che si vuole ottenere, rendono, infatti,
la composizione chimica delle FAV estremamente variabile. Le materie prime sono
materiali estratti da miniere o cave (sabbia, argilla, pietre calcaree,
dolomite, rocce di basalto), prodotti chimici di sintesi (ceneri di soda,
borace, acido borico, allumina) e prodotti secondari di altri processi
produttivi (scorie di altoforno). La Silice (SiO2) è il composto più
rappresentato in tutte le FAV (circa il 50%), ma sono spesso presenti in
quantità variabile anche ossidi di Alluminio, Calcio, Magnesio, Bario, Zinco,
Sodio, Potassio, Ferro, … (Al2O3, CaO, MgO, BaO, ZnO, Na2O, K2O, Fe2O3, FeO,
…).
Esposizione occupazionale
La produzione di fibre minerali
artificiali è aumentata notevolmente negli ultimi anni. Nel 2001, si stima che
più di 9 milioni di tonnellate di fibre minerali vetrose siano state prodotte
da più di 100 aziende nel mondo. La maggior parte è usata per l’isolamento
termico e acustico. Negli ultimi anni, lane ad alto contenuto di composti
dell’alluminio e a basso contenuto di silicati stanno sostituendo le lane di
roccia e di scoria. Le fibre di vetro per scopi speciali hanno una produzione
limitata, ad esempio, quella con diametro di piccole dimensioni sono usate per
filtri e nelle batterie. Le fibre di vetro a filamento continuo sono in genere
usate per rinforzare la plastica e i tessuti. Le fibre ceramiche refrattarie,
prodotte per la prima volta negli anni 50, sono usate in applicazioni dove si
usano temperature molto elevate.
In generale, se il diametro delle
fibre diminuisce, la concentrazione della frazione di fibre respirabile aumenta
così come il rapporto tra la frazione respirabile e quella totale.
L’esposizione è diminuita nel corso degli anni. Attualmente si aggira intorno a
0.5 fibre respirabili/cm3 come valore medio ponderato sulle 8 ore lavorative. I
livelli più elevati sono stati riscontrati nella produzione di fibre vetrose
per scopi speciali e di fibre ceramiche refrattarie, nell’installazione di
materiale isolante non pannellare e nella rimozione di prodotti per
l’isolamento. Si sono riscontrate notevoli differenze nella concentrazione di
fibre tra stabilimenti che producevano tipologie diverse di FAV con livelli
piuttosto bassi nella produzione di lana di vetro (0.03 ff/cc) e di fibre a
filamento continuo (inferiore a 0.003 ff/cc) e concentrazioni decisamente
superiori nella produzione di lane di roccia e di scorie (0.2 - 2.0 ff/cc) e
ancora più elevati in quelle di microfibre di vetro (1-50 cc/ff) e di fibre
ceramiche (0.008-7.6 ff/cc) (10, 11, 12, 13).
Durante l’utilizzo, i livelli di
fibre sono comparabili o inferiori a quelli trovati nella produzione, ad
eccezione delle operazioni di applicazione a spruzzo in spazi confinati come
nell’isolamento di attici, navi e aeroplani. I valori riscontrati sia outdoor
sia indoor in contesti non professionali sono più bassi di 2-3 ordini di
grandezza rispetto a quelli misurati in setting professionali (2, 3). Nella
Tabella 1 sono riportati, infine, i valori limite di esposizione in ambiente di
lavoro suggeriti dall’American Conference of Governmental Industrial Hygienists
(ACGIH) (5).
Effetti sulla salute
In genere gli effetti sulla
salute delle FAV sono condizionati dalla loro forma e dalle dimensioni, perché
questi fattori ne determinano l’inalabilità, il deposito e la biopersistenza. Riguardo
alle dimensioni, fibre di minor diametro hanno dimostrato di produrre maggiori
effetti patogeni sull’apparato respiratorio, potendo raggiungere con più
facilità le diramazioni più distali dei bronchi e gli alveoli polmonari, con un
massimo di effetto per le fibre di diametro inferiore a 1 mm.
Al contrario delle fibre di
amianto che, se sottoposte ad azione meccanica, si frammentano lungo l’asse
longitudinale della fibra, producendo quindi fibre di diametro inferiore a
quelle originarie, le FAV si frammentano lungo l’asse trasversale, dando luogo
a fibre che conservano il diametro originario, ma che hanno minor lunghezza.
Anche la lunghezza condizionerebbe il loro effetto patogeno, con fibre più
lunghe che svolgono effetti più dannosi sul polmone, per la loro maggiore
persistenza nell’apparato respiratorio, dovuta in parte alle maggiori
difficoltà della loro rimozione da parte della clearence mucociliare e
macrofagica. Nella patogenesi di danni all’organismo è importante, infatti,
l’efficienza dei meccanismi di difesa e le caratteristiche tossicologiche delle
fibre che possono variare anche in relazione a fattori di rischio voluttuari
(come il fumo di sigaretta) e individuali in grado di incidere negativamente
sui meccanismi difensivi che assicurano la rimozione, l’allontanamento e
l’espulsione o la dissoluzione delle particelle o fibre depositate, in rapporto
al livello, durata e modalità di esposizione.
La patogenicità di una
determinata fibra vetrosa è condizionata in maniera significativa dalla sua biopersistenza:
più a lungo una fibra persiste nel tratto respiratorio, tanto maggiore è la
probabilità che essa determini effetti nocivi sul mediolungo periodo. La
biopersistenza delle FAV pare sia dovuta alla loro composizione, in particolare
alla caratteristica di insolubilità della fibra nei fluidi extracellulari, con
minore persistenza per le lane minerali (più solubili per un alto tenore di
alcali o un basso tenore di alluminio o boro) e maggiore per le fibre ceramiche
refrattarie e le fibre di vetro per usi speciali (meno solubili per alto
contenuto di alluminio silicato).
La maggiore lunghezza e
persistenza delle fibre determinerebbe una maggiore probabilità di insorgenza e
mantenimento di un processo infiammatorio a carico del sistema bronchiolo-alveolare,
con l’eventualità che la riparazione fibroblastica associata determini un
effetto fibrotico sul polmone. Le FAV possono andare incontro a processi
chimico-fisici di dissoluzione ed eliminazione, in grado di comportare per
alcune fibre la persistenza nel polmone solo per pochi giorni mentre per altre
invece la persistenza si protrae per anni. In ambito occupazionale è ormai
presente un’ampia letteratura relativa agli effetti sino ad ora studiati nei
lavoratori esposti alle fibre vetrose; di seguito si propone una sintesi delle
evidenze più significative per trarre indicazioni utili alla programmazione
degli interventi di prevenzione (8,9).
Effetti irritativi: l’irritazione cutanea è il più comune dei
problemi di salute associato alla manipolazione delle FAV, con prevalenze tra i
lavoratori del 10-20% in alcune indagini (Arbosti 1980; Maggioni, 1980). Essa è
dovuta al contatto con le fibre di maggiori dimensioni (4-5 μm), e aumenta con
la dimensione delle fibre. Può scomparire dopo la cessazione dell’esposizione.
E’ descritta, inoltre, irritazione oculare a seguito di deposito di polveri di
vetro nelle membrane oculari.
La dermatite irritativa o mista
da fibre di vetro è l’unica patologia professionale tabellata dovuta a FAV
riconosciuta dall’INAIL come professionale tra i lavoratori esposti a fibre di
vetro, ai sensi della tabella sulle malattie
professionali nell’industria contenuta nel D.M. 9 aprile 2008, la cui
comparsa è riconosciuta in modo automatico in addetti a lavorazioni dove è
presente questa esposizione.
Effetti infiammatori e fibrogeni sulle strutture polmonari: sono
stati condotti diversi studi, sia su animali sia su campioni di lavoratori
esposti a FAV, per mezzo di indagini radiologiche, per verificare l’eventuale
effetto fibrogeno sul polmone. Riassumendo i risultati degli studi più
significativi, si rileva una situazione che non permette di giungere a
conclusioni chiare, anche perché, in alcuni casi, non sono stati descritti
importanti fattori quali la durata e la tipologia dell’esposizione lavorativa,
dell’eventuale esposizione al fumo di sigaretta o ad altri agenti.
Gli studi, a tutt’oggi, non
permettono di affermare che l’esposizione a fibre di vetro e lana di roccia
abbia un effetto fibrogeno, anche se non è possibile escludere con certezza un
nesso fra esposizione e fibrosi polmonare, dato che negli ultimi anni sono
stati pubblicati diversi report di soggetti affetti da fibrosi polmonare con
pregressa esposizione a FAV, in particolare, quelle caratterizzate da maggiore
persistenza, come le lane di vetro e di roccia e le fibre ceramiche refrattarie
(Takahashi et al., 1996;Yamaya et al., 2000; Guber et al., 2006; Lockey et al.,
2012). Una recente revisione sull’argomento sottolinea la necessità di studi
epidemiologici di grandi dimensioni che accertino se e quali FAV possano
causare una fibrosi polmonare (Fireman, 2014).
Effetti cancerogeni: il meccanismo patogenetico delle FAV sulla
genesi di tumori non è stato ancora completamente chiarito, anche se i
risultati di vari studi indicano che la loro azione cancerogena è probabilmente
dovuta alla produzione di radicali liberi di ossigeno e alla loro interazione
con il DNA, oltre che ad un’azione genotossica diretta. Le principali evidenze
descritte sono tratte dal volume monografico della International Agency for
Research on Cancer (IARC) (2).
Sono state studiate in
particolare due grandi coorti di esposti a lana di vetro, una negli Stati Uniti
(Enterline 1983, 1987) e una in Europa (Saracci 1984; Simonato et al., 1987) e
analizzando i risultati degli studi condotti, la IARC, nella monografia del
1988, aveva concluso affermando che non c'era adeguata evidenza di
cancerogenicità sull'uomo per la lana di vetro, mentre le lane minerali, le
fibre refrattarie e le microfibre di vetro erano classificate come possibili
cancerogeni per l’uomo (Gruppo 2B).
Nella coorte statunitense,
composta da oltre 16.000 addetti alla produzione di fibre di vetro e di lana di
roccia di scoria in 17 stabilimenti, è stato rilevato un eccesso di mortalità
per cancro al polmone, ma senza un significativo effetto dose-risposta, e non
correlato né alla durata di esposizione, né al tempo trascorso dalla prima
esposizione.
Nella corte europea, composta da
circa 25.000 lavoratori impiegati in 13 impianti produttivi, è stato osservato
un eccesso di mortalità per cancro al polmone negli esposti a lana di roccia e
scorie, correlato con il tempo trascorso dalla prima esposizione, ma non con la
durata dell’esposizione.
Ulteriori studi caso-controllo
condotti all’interno di queste coorti di lavoratori, in cui era possibile
controllare per differenze nell’abitudine al fumo e nell’esposizione ad altri
fattori di rischio occupazionali tra casi e controlli, non hanno evidenziato
eccessi significativi di tumori polmonari (Marsh et al. 2001; Stone et al.
2001; Gardner et al., 1988; Kjaerheim et al., 2002). In questi studi non sono
state rilevate associazioni con la durata di esposizione, né l'esposizione
cumulata e la latenza dal primo impiego, né si sono evidenziate delle
differenze significative fra i diversi tipi di produzione.
I risultati di studi sperimentali
sugli animali hanno confermato la potenziale cancerogenicità delle FAV;
infatti, sebbene non sia stata ottenuta una risposta cancerogena significativa
con esposizione alle fibre per via inalatoria, ciò è avvenuto quando queste
sono stata direttamente inserite nelle cavità pleuriche degli animali.
L’aggiornamento del follow-up
delle coorti statunitense ed europea, insieme ai risultati degli studi
caso-controllo annidati nelle coorti citati sopra, hanno evidenziato
l'inadeguata evidenza di cancerogenicità nell'uomo per le la lana di vetro, di
roccia e di scoria, spingendo la IARC a riclassificarle nel 2002 dal gruppo 2B
al gruppo 3 (non classificabile come cancerogeno per l'uomo), mentre le fibre
di vetro a filamento continuo erano già classificate nel gruppo 3 nella
monografia del 1988. Sono invece classificate come possibili cancerogeni per
l’uomo (classe 2B) le fibre ceramiche refrattarie e le fibre di vetro per scopi
speciali.
Una meta-analisi degli studi
effettuati dopo la pubblicazione della monografia IARC del 2002, fino al 2008,
condotta sui risultati di 16 studi epidemiologici, ha calcolato un rischio
relativo complessivo di tumore del polmone (meta-RR) pari a 1.21 (IC 95%: 1.11-1.32)
tra gli esposti a lana di vetro e di roccia, con rischi più elevati negli
addetti alla produzione (RR=1.26) rispetto agli utilizzatori finali (RR=1.06).
In questa metaanalisi anche il rischio di tumori testa-collo (labbra, bocca,
naso e seni paranasali, faringe, laringe) era aumentato tra gli esposti a FAV
(meta-RR= 1.36 (95% CI: 1.13 to 1.63) (Lipworth et al., 2009). L’assenza di una
relazione dose-risposta e il basso rischio osservato tra gli utilizzatori di
FAV in quasi tutti gli studi esaminati indicherebbe comunque, secondo gli
autori, che la relazione tra esposizione a FAV e occorrenza di tumori del
polmone non sia di tipo causale, ma dovuta a confondimento da parte del fumo di
sigaretta e di altre esposizioni occupazionali.
L’Organizzazione Mondiale della
Sanità ha stimato che l’esposizione non-occupazionale della popolazione
generale per tutta la vita a fibre ceramiche refrattarie ad un livello di 1
fibra/litro, provocherebbe un eccesso di tumori del polmone pari ad 1 caso per
milione di abitanti, che salirebbe fino ad un eccesso di 1 caso su 10.000
esposti per un livello di esposizione pari a 0.1 fibre/cm2 (o 100 fibre/
litro).
A. D’Errico
Servizio di Epidemiologia e DoRS (ASL T03)
Bibliografia
1.“Le fibre artificiali vetrose
(FAV): linee guida per l’applicazione della normativa inerente ai rischi di
esposizione e le misure di prevenzione per la tutela della salute”. Accordo
Stato Regioni del 25 marzo 2015.
2. IARC Monographs on the
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2002.
3. Centro Regionale di
Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte. MATline –
Matrice delle esposizioni ad agenti cancerogeni. http://www.dors.it/matilne
4. Regolamento (CE) n. 1272/2008
del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativo alla
classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle
miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/ 45/CE e che reca
modifica al regolamento (CE)
5. The American Conference of
Governmental Industrial Hygienists (ACGIH). Threshold Limit Values (TLVs) for
chemical substances and physical agents and Biological Exposure Indices (BEIs)
- 2013 www.acgih.org
6. Regolamento (CE) N. 1907/2006
del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 concernente la
registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze
chimiche (REACH), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche,
che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93
del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/ 94 della Commissione, nonché la
direttiva 76/769/ CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE,
93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE
7. European Chemical Agency.
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Reviews in Toxicology, 37:839–886, 2007 9. WHO Regional Office for Europe.
Man-made vitreous fibres. Copenhagen, Denmark, 2000.
10. Le fibre artificiali vetrose
(a cura di Fulvio Cavariani e Stefano Silvestri). Lavoro e Salute, Agenzia
Notizie per la Prevenzione nei Luoghi di Vita e di Lavoro n. 10 - Ottobre 2000
-speciale Documentazione. A Cura Delle Regioni Emilia - Romagna, Toscana,
Lazio, Provincia Autonoma Di Trento.
Fonte: "Io scelgo la sicurezza", n. 3/2015
(formato PDF, 421 kB).
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