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"Itinere: riconoscimento del tragitto in bici casa-lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / INFORTUNI
16/11/2015 -
Fatte salve sorprese dell’ultimo
momento in Aula durante la votazione per l’approvazione definitiva, il tema
dell’ infortunio in
itinere è giunto al traguardo.
Nel cd. Collegato ambientale (disegno
di legge n. 1676 collegato alla manovra finanziaria del 2014), approvato anche
al Senato dopo il positivo passaggio alla Camera dei deputati, è contemplata
l’introduzione della copertura assicurativa anche nei tragitti casa-lavoro.
Questa è una battaglia storica di
FIAB, risalente al 2007, che merita di essere ricordata per sommi capi.
La normativa vigente sugli
infortuni sul lavoro (Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38) prevede
espressamente all’art. 12 la tutela dell’“infortunio in itinere”. L’INAIL
tutela il lavoratore assicurato, nel tragitto casa-lavoro, solo nei casi in cui
lo spostamento avviene a piedi o con i mezzi pubblici. Per chi si reca al
lavoro in
macchina, in moto o in bici, invece, la tutela vale solo se l’utilizzo del
mezzo privato è indispensabile e si può provare che non si sarebbe potuto
andare al lavoro in altro modo.
Dunque, la bici, lungi
dall’essere considerata con favore anche per i positivi impatti sulla salute,
il traffico, l’inquinamento delle città, in quanto mezzo privato è a tutti gli
effetti equiparata all’auto. Così, chi subisce un infortunio nel tragitto
casa-lavoro, per essere risarcito dall’Inail, deve dimostrare che l’utilizzo
della bici era effettivamente “necessario”. Con il risultato di penalizzare
proprio quella che, per altro verso, si propone come mobilità virtuosa.
Sulla base di queste premesse,
FIAB si era fatta promotrice nel 2007 di una proposta di legge lanciando in
seguito una petizione per chiedere al Parlamento che, con una modifica
legislativa, l’uso della bicicletta venisse «comunque coperto
dall’assicurazione, anche nel caso di percorsi brevi o di possibile utilizzo
del mezzo pubblico». Le oltre 10.000 firme raccolte, fra cui anche alcune
adesioni istituzionali, vennero state consegnate ai parlamentari “amici della
bici”, nel febbraio 2010.
Parallelamente, il Servizio
legale della FIAB, nel settembre 2010, inviava una richiesta alla Direzione
generale dell’INAIL per chiedere un intervento sulla mobilità in bici
casa-lavoro.
Tale richiesta andava anche a
supporto della precedente petizione, ma, partendo da alcune esperienze di bike
sharing realizzate in Italia, sottolineava altresì come sia stata talora
evidenziata la valenza strategica del servizio di bici condivise in un’ottica
di servizio pubblico. In una tale cornice, si deve ritenere che quantomeno
l’utente del bike sharing, in caso di infortunio in itinere, sia equiparato
all’utente del servizio di pubblico trasporto.
Nel giugno 2011 ricevevamo una
risposta dalla Direzione Centrale prestazioni dell’INAIL che, seppure rinviando
a un successivo parere del Ministero, pareva aprire per la prima volta un
possibile spiraglio.
Tuttavia, il parere del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, pervenuto successivamente, confermava
l’interpretazione tradizionale affermando che l’indennizzo «si fonda sul
principio generale del rischio elettivo, in base al quale: l’infortunio non
deve derivare da un comportamento volontario, volto a soddisfare esigenze
personali che non hanno alcuna connessione con lo svolgimento dell’attività
lavorativa».
Il Ministero ricordava che la
«giurisprudenza recente si è espressa sul criterio della “necessità” del mezzo
privato» ritenendo che questa vada giustificata «secondo un “criterio di
ragionevolezza”, intendendo con ciò far riferimento non solo alle esigenze
dell’attività lavorativa, ma anche alle esigenze di vita del lavoratore (umane,
familiari ed economico-sociali) tutelate dall’ordinamento».
Dunque, il Ministero del lavoro,
concordando con l’Inail (nota 3663 del 21.06.2011), affermava che «l’eventuale
mancanza del requisito della necessità, equivale ad una libera e volontaria
scelta di utilizzo della bici e quindi di esposizione ad un rischio maggiore
rispetto a quello derivante dall’utilizzo di un mezzo pubblico» (rischio
maggiore rappresentato dal fatto di porsi in circolazione lungo una strada
aperta al traffico di veicoli a motore) che, secondo questa impostazione,
interrompe la risarcibilità del danno.
E, per quanto concerne la nostra
richiesta relativamente alla tutela in itinere per gli utenti dei servizi di
bici in condivisione, il Ministero dichiarava che «il servizio di bike sharing
non può essere considerato un servizio
di trasporto pubblico» giacché, in base alla norma di riferimento, «non rileva
la proprietà del mezzo di trasporto utilizzato, che può essere del lavoratore o
di un terzo, ma rileva il controllo che il lavoratore può esercitare sulla
conduzione dello stesso, e sulle condizioni di rischio legate alle scelte di
guida del mezzo».
In conclusione, secondo il
Ministero del lavoro, «le misure proposte sono da ritenersi inconciliabili con
l’assetto assicurativo previsto dalla legislazione in materia». Zero
carbonella.
Ma anche in questo caso non ci
siamo persi d’animo, osservando come questa interpretazione, per un eccesso di
formalismo, non tenesse nella dovuta considerazione le esigenze della mobilità
sostenibile, già contenute anche nella normativa vigente comunitaria, nazionale e regionale
(sinteticamente riferibili alla prevenzione del rischio, al miglioramento del
traffico e della sicurezza stradale, alla promozione della salute e di una
mobilità attiva) e che non solo costituiscono comportamenti virtuosi per i positivi
effetti indotti, ma verosimilmente costituiscono anche il titolo giustificativo
di una eventuale disparità di trattamento tra mezzi privati (auto vs.
bicicletta), tale da configurare un legittimo caso di trattamento diverso di
situazioni differenti.
Per questo motivo, la FIAB
decideva di intraprendere azioni sia nei confronti del Ministero per contestare
il parere da ultimo citato, sia nei confronti dei parlamentari amici della
bici, per chiedere che venga finalmente adottata la proposta di legge sul tema
dell’infortunio in itinere già avanzata dalla nostra Federazione.
Nel 2012 veniva avviata una
campagna nazionale con un sito dedicato ( http://www.bici-initinere.info/) che
ha raccolto numerosi sostegni istituzionali (Regioni, Province, Comuni) oltre a
testimonial d’eccezione, Dario Fo, Marco Paolini, Claudio Bisio solo per
citarne alcuni.
Questo lungo e difficile percorso
è la dimostrazione che le idee unite alla tenacia delle persone, in questo caso
i nostri soci, possono trovare la loro
strada ed avere il giusto riconoscimento: la pazienza e la costanza sono
fattori determinanti e a noi in FIAB non fanno difetto né l’uno né l’altro.
(Molta documentazione sulla
campagna nelle pagine d'archivio del "vecchio" sito: http://www.fiab-onlus.it/infortuni/)
Eugenio Galli
Responsabile Servizio legale
Fonte: FIAB
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