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"Categoria omogenea dei requisiti di sicurezza dei luoghi di lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
11/04/2016 -
La Corte di Cassazione ha fornito in questa sentenza delle
utili precisazioni in merito all’applicazione delle sanzioni previste dal D.
Lgs. 9/4/2008 n. 81 a carico del datore di lavoro e del dirigente per la violazione
delle prescrizioni di sicurezza di cui al Titolo III dello stesso decreto
legislativo riguardante i luoghi di lavoro allorquando nell’articolo 68 il
legislatore ha indicato al comma 2 che “l
a violazione di più
precetti
riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi ai
luoghi di lavoro di cui all’allegato IV, punti 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5,
1.6, 1.7, 1.8, 1.9, 1.10, 1.11, 1.12, 1.13, 1.14, 2.1, 2.2, 3, 4, 6.1, 6.2,
6.3, 6.4, 6.5, e 6.6, è considerata una unica violazione ed è punita con la
pena prevista dal comma 1, lettera b). L’organo di vigilanza è tenuto a
precisare in ogni caso, in sede di contestazione, i diversi precetti violati”.
In virtù della giusta interpretazione da dare all’espressione
“
precetti riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza
relativi ai luoghi di lavoro” indicata nell’articolo 68 la Corte di
Cassazione, su ricorso del contravventore, ha evidenziato un errore commesso
dal Tribunale e ridimensionata la pena inflitta al contravventore ricalcolandola
tenendo conto dei chiarimenti forniti.
Il caso e il
ricorso in Cassazione
Il titolare di una officina meccanica ha ricorso per
cassazione impugnando la sentenza con la quale il Tribunale lo ha condannato
alla pena di € 4000 di ammenda per il reato previsto dall'articolo 64 del D.
Lgs. 9/4/2008 n. 81 per avere omesso, quale datore di lavoro, di provvedere
affinché i luoghi di lavoro fossero conformi ai requisiti di cui all'articolo
63, comma 1, del D. Lgs. n. 81/2008 in quanto ometteva di mantenere puliti i
locali di lavoro, facendo eseguire la pulizia, per quanto possibile, fuori
dell'orario di lavoro e in modo da ridurre al minimo il sollevamento della
polvere dell'ambiente, oppure mediante aspiratori ed in quanto lo stesso, nelle
adiacenze dei locali di lavoro e delle loro dipendenze, consentiva che fossero
tenuti depositi di immondizie o di rifiuti e di altri materiali solidi o
liquidi capaci di svolgere emanazioni insalubri, senza che fossero adottati
mezzi efficaci per evitare le molestie o i danni che tale depositi potevano
arrecare ai lavoratori ed al vicinato ed ancora in quanto ometteva di provvedere
che le vie e le uscite di emergenza rimanessero sgombre e consentissero di
raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
Come una delle motivazioni il datore di lavoro ha lamentato
nel ricorso che gli aumenti di pena sono stati effettuati in chiara violazione
di legge in quanto le diverse violazioni contestate con il capo di imputazione,
essendo riconducibili alla categoria omogenea dei requisiti di sicurezza
relativi ai luoghi di lavoro, andavano perciò considerate come un'unica
violazione, con conseguente ridimensionamento del trattamento sanzionatorio.
Come altra motivazione lo stesso ha lamentato che il giudice non avrebbe valutato
le prove offerte in udienza e neppure ritenuto di chiamare i verbalizzanti per
verificare se, dopo la stesura del verbale che indicava la mancata ottemperanza
alle prescrizioni e l'accertamento effettuato anni addietro, avesse ottemperato
o meno e se i luoghi erano così come riprodotti dalle foto esibite a discarico.
Come altre motivazioni il ricorrente ha sostenuto che gli doveva essere
consentito l'accesso alla oblazione in quanto aveva regolarmente adempiuto alle
prescrizioni. Se il giudice avesse dato importanza probatoria al documento
presentato dalla difesa si sarebbe inoltre reso conto dell’adempimento delle
prescrizioni e che gli potevano essere riconosciute le attenuanti generiche. Ha
lamentato, infine, la mancata escussione di un teste decisivo operante presso
il Dipartimento di prevenzione ambiente del lavoro dell'ASL che avrebbe dovuto
deporre sull'ottemperanza alle prescrizioni, teste non escusso in carenza di
una rinuncia espressa da parte del pubblico ministero e delle altre parti processuali.
Le decisioni
della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto fondato per quanto riguarda l’aumento
della pena e rigettato per il resto. Al ricorrente, ha riepilogato la suprema
Corte, è stato contestato l'art. 64 del D. Lgs. n. 81/2008 sull’obblighi del
datore di lavoro che dispone:
“
1. Il datore di
lavoro provvede affinché:
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai
requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3;
b) le vie di circolazione interne o all'aperto
che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano
sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i
dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano
eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano
pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i
dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni
igieniche adeguate;
e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza,
destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti
a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento”.
La violazione dei precetti contenuti dall'art. 64 è
sanzionata dall'art. 68 dello stesso decreto, contenente le " sanzioni
per il datore di lavoro", il quale, nella formulazione vigente al tempo
della contravvenzione, disponeva che:
“1. Il datore di lavoro e il dirigente sono
puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con
l'ammenda da 2.740,00 a 7.014,40 euro per la violazione dell'articolo 66;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con
l'ammenda da 1.096,00 a 5.260,80 euro per la violazione degli articoli 64,
comma 1, e 65, commi 1 e 2;
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria
da 548,00 a 1.972.80 euro per la violazione dell'articolo 67, commi 1 e 2.
2. La violazione di più precetti riconducibili
alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi ai luoghi di lavoro
di cui all'allegato IV, punti 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 1.7, 1.8, 1.9,
1.10, 1.11, 1.12, 1.13, 1.14, 2.1, 2.2, 3, 4, 6.1, 6.2, 6.3, 6.4, 6.5, e 6.6, è
considerata una unica violazione ed è punita con la pena prevista dal comma 1,
lettera b). L'organo di vigilanza è tenuto a precisare in ogni caso, in sede di
contestazione, i diversi precetti violati”.
Si tratta dunque, ha proseguito la Sez. III, di
interpretare il concetto di "
violazione
di più precetti riconducibili alla categoria omogenea sul rilievo che
l'inosservanza di precetti riconducibili alla predetta nozione di ‘categoria
omogenea’ dà luogo ad ‘una unica violazione’".
L'allegato IV del D. Lgs. n. 81 del 2008, richiamato dal
comma 2 dell'art. 68, ha ribadito la suprema Corte, elenca i "requisiti
dei luoghi di lavoro" e al punto 1. disciplina gli " ambienti
di lavoro", occupandosi al punto 1.1. della "stabilità e
solidità" dei detti luoghi stabilendo al punto 1.1.6. (prima contestazione
elevata nei confronti del ricorrente) che "il datore di lavoro deve
mantenere puliti i locali di lavoro, facendo eseguire la pulizia, per quanto è
possibile, fuori dell'orario di lavoro e in modo da ridurre ai minimo il
sollevamento della polvere dell'ambiente, oppure mediante aspiratori" ed
al punto 1.1.7. (seconda contestazione elevata nei confronti del ricorrente)
che "nelle adiacenze dei locali di lavoro e delle loro dipendenze, il
datore di lavoro non può tenere depositi di immondizie o di rifiuti e di altri
materiali solidi o liquidi capaci di svolgere emanazioni insalubri, a meno che
non vengano adottati mezzi efficaci per evitare le molestie o i danni che tali
depositi possono arrecare ai lavoratori ed al vicinato".
Inoltre, al punto 1.5. così prosegue la suprema Corte,
l'allegato IV del D. Lgs. n. 81/2008 si occupa di disciplinare nei luoghi di
lavoro le "vie e uscite di emergenza" stabilendo al punto 1.5.2.
(terza contestazione elevata nei confronti del ricorrente) che "le vie e
le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il
più rapidamente possibile un luogo sicuro".
Ciò posto, siccome ogni punto dell'allegato (per punto si
intende ogni singolo contrassegno numerico ossia 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6,
1.7, 1.8, 1.9, 1.10, 1.11, 1.12, 1.13, 1.14, 2.1, 2.2, 3, 4, 6.1, 6.2, 6.3,
6.4, 6.5, e 6.6 perché così tipizzato nell'art. 68) disciplina i requisiti di
sicurezza con riferimento ad una classe di interessi riguardanti l'ambiente di
lavoro (Stabilità e solidità al punto 1.1, Altezza, cubatura e superficie al
punto 1.2, Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e
marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico al punto 1.3 ecc.), tutti i
precetti che sono ricompresi in ogni singola classe di riferimento, in quanto
raggruppati sulla base di un criterio selettivo finalizzato alla tutela di un
comune interesse specifico o requisito di sicurezza (la stabilità e la solidità
oppure le vie di uscita e di emergenza oppure le porte e portoni ecc.),
rientrano nella stessa categoria omogenea.
“
Ne consegue”, ha
quindi proseguito la Sez. III, “
che sono
riconducibili alla nozione di ‘categoria omogenea’ i precetti contenuti in
singoli punti dell'allegato IV oppure, ove specificati, nei singoli sottopunti.
In tal modo, tutti i precetti contenuti nel punto 1.1 (stabilità e solidità)
dal precetto 1.1.1 al precetto 1.1.7 (sottopunti) appartengono ad una categoria
omogenea e la violazione di più precetti rientranti in tale categoria non dà
luogo ad un concorso materiale di illeciti ma ad una violazione unica”.
Erroneamente il Tribunale quindi, secondo la Corte di
Cassazione, aveva considerato la violazione dei precetti 1.1.6 e 1.1.7 come
autonome violazioni, laddove esse andavano considerate come una violazione
unica perché riconducibili ad una categoria omogenea di requisiti di sicurezza
relativi ai luoghi di lavoro di cui all'allegato IV. Correttamente invece è
stato ritenuto il concorso di reati, unificati dal vincolo della continuazione,
con il precetto 1.5.2, appartenendo la norma violata ad una categoria
disomogenea (1.5 e non 1.1) rispetto alla precedente in quanto contenuta in un
punto dell'allegato relativo alla tutela di un interesse non attinente ad un
requisito di sicurezza inerente alla stabilità e solidità dell'ambiente di
lavoro ma alla predisposizione e alla regolare tenuta delle uscite di emergenza
per consentire ai lavoratori di raggiungere il più rapidamente possibile un
luogo sicuro in caso di pericolo incombente nel luogo di lavoro.
La Corte di Cassazione, in conclusione, ha annullata la
sentenza impugnata senza rinvio e potendo la stessa porre rimedio all'errore
commesso dal Tribunale ed eliminare la pena di euro 1.000,00 di ammenda
comminata, in continuazione, per una delle due violazioni erroneamente ritenuta
concorrente, ha rideterminata la pena finale in euro 3.000,00 di ammenda.
Gerardo Porreca
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