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"Sulla condotta imprevedibile per mancato uso del freno a mano"

fonte www.puntosicuro.it / Sentenze

11/05/2016 - La pur non recentissima  sentenza della Corte di Cassazione penale, sezione IV, 11/06/2014, n. 24595 è stranamente passata sotto silenzio, pur rivestendo in realtà un notevole interesse per l’appello al buonsenso fatto dalla Suprema Corte in ordine al comportamento esigibile nei confronti del lavoratore che mette in atto comportamenti privi di giustificazione in quanto, per comune conoscenza, del tutto abnormi e imprevedibili.

La vicenda in sintesi
Nel 2008 l’operaio M. D. rimane ferito gravemente in un tragico incidente sul lavoro: nel 2014 i titolari della ditta, della quale era dipendente, sono assolti in via definitiva.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei legali di L. P. e L. V., imprenditori feltrini con ditta operante in Trentino, a N. L’operaio, rimasto semiparalizzato, aveva infatti avanzato una richiesta all’azienda di risarcimento di quasi 2 milioni di euro.
 
Veniamo ai fatti.
Il primo febbraio 2008 M. D. è protagonista di un singolare incidente durante il trasporto di una piastra in cemento precompresso. L'episodio avviene nel capannone di una ditta che produce pannelli per l'edilizia.
D. lavora su un muletto in coppia con un collega a terra incaricato di agganciare e sganciare i pesanti pannelli. Ad un certo punto scende dal muletto (probabilmente per velocizzare i lavori) e il carrello elevatore, senza freno a mano e su un falso piano, lo travolge, schiacciandolo contro la piastra e causandogli ferite che gli provocano una paralisi dalla cintola in giù.
 
Se nel processo di primo grado per lesioni colpose vengono escluse la responsabilità dei datori di lavoro che sono assolti, la Corte d'Appello di Trento è però di diverso avviso e condanna i due imprenditori.
La Cassazione, infine, annulla la sentenza di secondo grado, senza rinvio.
 
L’analisi giuridica
La Cassazione insegna qui che esperienza e regole elementari (di buonsenso), impongono al conducente di qualsiasi veicolo di azionare il freno di stazionamento se si ferma e scende dal mezzo, specie se in pendenza, e di accertarsi che la leva del freno sia stata correttamente azionata.
 
La fattispecie riguarda un lavoratore assunto da circa un anno con mansioni di saldatore e saltuariamente adibito alla manovra di un carrello elevatore di considerevoli dimensioni, che, nel movimentare alcuni pannelli di calcestruzzo, dopo avere arrestato il mezzo su un falso piano, era sceso dal muletto per aiutare un collega ad imbragare uno dei pannelli. Nel corso di questa operazione il carrello si è messo in movimento investendolo e schiacciandolo con una ruota contro le travi di calcestruzzo. Nella verifica fatta immediatamente dopo il fatto, era emerso che il freno di stazionamento del carrello era perfettamente funzionante e che il lavoratore vittima dell’infortunio era stato addestrato all’utilizzo del mezzo per circa due mesi.
In primo grado i due titolari erano stati assolti visto che un teste oculare aveva affermato nel dibattimento che il muletto era stato lasciato con il motore acceso e con il freno di stazionamento non attivato. Nella sostanza non è stato dato credito alle affermazioni diverse e opposte dell’operaio che aveva invece affermato che, prima di scendere ad aiutare il collega, aveva spento il motore e tirato il freno di stazionamento.
 
In seguito, invece, la Corte d’Appello aveva annullato l’assoluzione condannando i due titolari, ritenendo che l’infortunio fosse ascrivibile non alla condotta anomala e imprevedibile del lavoratore mulettista, ma ad una mancanza di adeguatezza della informazione e formazione impartire all’infortunato.
Secondo i Giudici, sarebbe stata necessaria una formazione più incisiva, l’indicazione di procedure di lavoro rigorose (che prevedessero tassativamente ad es. la verifica del corretto funzionamento del freno a mano prima di scendere dal mezzo e l’apposizione di zeppe alle ruote nel casi arresto in terreno non pianeggiante) e la prescrizione di divieti precisi e tassativi (es. divieto di scendere dal mezzo che si sta conducendo e quello di porsi davanti allo stesso). Per i Giudici non vi era poi la prova dell’effettivo svolgimento di un’adeguata informazione e istruzione del lavoratore infortunato, il DVR era generico sul punto, il libretto di istruzioni del muletto non era stato messo a disposizione del lavoratore.
 
Con il ricorso in Cassazione gli imputati avevano dedotto che il lavoratore aveva tenuto un comportamento abnorme e imprevedibile, che il carrello era conferme alle norme CEE e perfettamente funzionante e che l’infortunato era a conoscenza delle modalità di utilizzo dello stesso, anche per quanto riguarda le regole per lo stazionamento del mezzo (spegnere il motore e attivare il freno di stazionamento). Nulla avrebbe potuto evitare l’evento, in quanto il lavoratore aveva omesso di spegnere il motore e di tirare il freno a mano.
 
La Cassazione ha accolto i ricorsi, annullando la sentenza della condanna, non tanto perché  l’operatore era sceso dalla macchina o perché si era posto davanti alla stessa, quanto perché, prima di scendere dal mezzo, non aveva provveduto ad azionare il freno di stazionamento, ovvero lo aveva azionato in maniera non corretta (senza tirarlo fino in fondo).
L’eventuale inadeguatezza di formazione professionale non aveva affatto inciso sul verificarsi dell’evento (non aveva rilievo in relazione al nesso eziologico, non era la causa dell’evento), in quanto si era trattato, più semplicemente, della violazione di una elementare regola di prudenza che prescindeva da eventuali istruzioni ricevute.
 
La condotta del lavoratore, estemporanea e sconsiderata, è stata ritenuta dai Giudici della Cassazione idonea a interrompere il nesso causale con l’evento infortunistico. Non poteva essere possibile evitare che il lavoratore, peraltro da anni addetto anche alla conduzione di carrelli elevatori (in altra impresa), omettesse di inserire, ovvero inserire in maniera errata, il freno a mano, dopo avere arrestato il mezzo in zona in pendenza.
 
Secondo la cassazione “ appartiene alla più elementare e comune esperienza di chiunque si trovi a condurre veicoli del genere più diverso (dalla Panda al TIR), la necessità, nel fermare qualunque veicolo, di azionare il freno a mano, specie se la sosta avviene in luogo non piano”.
 
La cassazione non considera neppure censurabile la condotta degli imputati relativamente all’omessa vigilanza del lavoratore, evidenziando con forza che non “ si comprende in cosa, allora, avrebbe dovuto essere più incisiva la formazione professionale a fronte della condotta gravemente imprudente del lavoratore che, prima di scendere dal muletto e porvisi davanti, avrebbe dovuto eseguire una manovra assolutamente ovvia e nota a chiunque si ponga alla guida di un veicolo, la cui esecuzione non avrebbe dovuto richiedere altro che maggiore attenzione da parte dell’operatore”.
 
 
La massima di Rolando Dubini
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, le disposizioni in materia antinfortunistica rispondono all'esigenza di garantire l'incolumità dei lavoratori anche in presenza di condotte negligenti ed imprudenti dei medesimi, è tuttavia altrettanto vero che, secondo la stessa giurisprudenza, la condotta del lavoratore può giungere ad interrompere il nesso causale (tra condotta colposa del datore di lavoro ed evento determinatosi) allorché si presenti, oltre che gravemente negligente ed imprudente, del tutto imprevedibile.
Si è quindi sostenuto che il datore di lavoro è esonerato da responsabilità quando il comportamento del lavoratore sia abnorme, tale essendo stato definito il comportamento imprudente del lavoratore che, o sia stato dallo stesso posto in essere in maniera del tutto autonoma ed in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - ovvero, pur rientrando nelle mansioni che gli sono proprie, sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili, e quindi prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nello svolgimento delle mansioni affidategli (v. ex plurimis Cass. n. 952/97, Maestrini, e n. 40164/04).
 
Qualora sia stato accertato che il carrello elevatore manovrato dall’infortunato sia perfettamente funzionante, compreso l'impianto frenante, deve necessariamente ritenersi che l'infortunio si è verificato, non tanto perché l'operatore è sceso dalla macchina o perché si è posto davanti alla stessa [o dietro o di lato n.d.r.], comunque contravvenendo ad elementari regole di prudenza, quanto perché, prima di scendere dal mezzo, non ha provveduto ad azionare il freno di stazionamento, ovvero lo ha azionato in maniera non corretta (nel caso di specie lo stesso infortunato, si legge nella sentenza di merito, aveva dichiarato di non ricordare di avere completamente azionato il freno prima di scendere dal carrello).
 
In questo caso l'infortunio trova la sua scaturigine nel mancato ovvero nello scorretto uso del freno di stazionamento, cioè nella violazione, da parte del lavoratore, di elementari regole di prudenza; in particolare, di quella che impone, nel caso di arresto di un qualsiasi veicolo, specie se in un luogo in pendenza, la corretta attivazione della leva del freno. Regola che, peraltro, lo stesso giudice del gravame ha riconosciuto essere stata richiamata al lavoratore ed allo stesso ben nota fin dal tempo in cui, alle dipendenze di altra ditta, manovrava un carrello elevatore, sia pure di più ridotte dimensioni.
 
Se questa è l'origine dell'incidente, sembra evidente che la tesi della "non incisiva" formazione del lavoratore - negata nel caso di specie dagli imputati, che hanno richiamato la documentazione in atti, gli accertamenti eseguiti dall'ispettore del lavoro e le testimonianze rese dai compagni di lavoro dell'infortunato, cui ha fatto preciso riferimento il giudice di primo grado che ha ricordato, oltre che la testimonianza del collega cinese, le dichiarazioni rese da altri due lavoratori colleghi dell’infortunato, ed inoltre quelle del titolare della ditta presso la quale il lavoratore infortunato aveva svolto, per quasi ventun anni, anche mansioni di carrellista, e quelle di altro dipendente, che aveva dichiarato di avere istruito l’infortunato  nell'uso del muletto, compresa la manovra di arresto dello stesso che prevedeva lo spegnimento del motore, l'inserimento del freno a mano e l'appoggio per terra delle forche - perde qualsiasi rilievo in punto di efficienza causale della condotta dei due imputati rispetto all'evento. Questo essendo stato evidentemente causato dall'errata manovra dell’infortunato, che si è posta quale causa sopravvenuta idonea, per la sua evidente abnormità ed imprevedibilità, ad interrompere il nesso causale tra la condotta contestata e l'evento determinatosi.
 
In altri termini, se agli imputati viene rimproverato di non avere "incisivamente" curato la formazione del dipendente, deve prendersi atto del fatto che non poteva certo ragionevolmente prevedersi che l’infortunato, peraltro da anni addetto anche alla conduzione di carrelli elevatori, potesse omettere di inserire, ovvero inserire in maniera errata, il freno a mano, dopo avere, peraltro, arrestato il mezzo in zona in pendenza. Ove anche "non incisiva", la formazione del lavoratore non poteva non essere sufficiente almeno quel tanto che bastava per fargli comprendere la necessità, una volta arrestato il carrello, di azionare correttamente la leva del freno in modo da assicurare lo stazionamento del veicolo.
 
Appartiene, invero, alla più elementare e comune esperienza di chiunque si trovi a condurre veicoli del genere più diverso (dalla "Panda" al "TIR", portati quali esempio nella sentenza impugnata), la necessità, nel fermare un qualunque veicolo, di azionare il freno a mano, specie se la sosta avviene in luogo non pianeggiante.
 
A fronte di tale evidente e grave imprudenza del lavoratore, le considerazioni svolte dal giudice del gravame si presentano del tutto irrilevanti, oltre contraddittorie rispetto alle stesse premesse fattuali dal medesimo evidenziate, e persino generiche.
 
Nella sentenza impugnata è stata segnalata l'assenza di una "incisiva" formazione del lavoratore infortunato, essendo stato il documento di valutazione dei rischi ritenuto estremamente generico poiché " non consente di apprezzare l'idoneità dell'attività di prevenzione e formazione, non essendovi alcuna esplicitazione dei rischi considerati e delle criticità della prestazione affrontate nella formazione". Affermazione che si pone in contrasto, non solo con quanto in proposito osservato dal giudice di primo grado, sul punto non smentito dai giudici del gravame, circa quanto emerso dalle testimonianze rese dall'ispettore del lavoro (che, come sopra già rilevato, ha richiamato quanto emerso dalla documentazione acquisita e dalle informazioni testimoniali ricevute dai colleghi di lavoro dell’infortunato e da altri testi), ma anche con quanto dallo stesso giudice del gravame richiamato in punto di fatto in ordine alle dichiarazioni rese da collega cinese, il quale ha riferito, come si è già avuto modo di rilevare, di sapere anche lui condurre il muletto perché gli avevano insegnato a manovrarlo e gli era stato raccomandato, nel fermarsi, di " mettere giù le forche a terra, tirare i freni e spegnere il motore, dopo scendere giù".
 
Lo stesso giudizio di "non incisività" della formazione si presenta generico, laddove non ha precisato il giudice del gravame, né comprende questa Corte, in che termini avrebbe dovuto essere "incisiva" la formazione a fronte della condotta gravemente imprudente del lavoratore che, prima di scendere dal muletto e porvisi davanti, avrebbe dovuto eseguire una manovra assolutamente ovvia e nota a chiunque si ponga alla guida di un veicolo, la cui esecuzione non avrebbe dovuto richiedere altro che maggiore attenzione da parte dell'operatore, non certo formazioni o informazioni particolari.
 
Non si comprende quale avrebbe potuto essere la formazione "incisiva" che avrebbe dovuto esser assicurata al lavoratore, tale da essere capace di evitare l'evento prodottosi, ed a quale procedura "rigorosa" egli avrebbe dovuto essere addestrato (in sentenza sono state richiamate la verifica del corretto funzionamento del freno a mano prima di scendere dal mezzo e l'apposizione di zeppe alle ruote), rispetto a quella nascente, non solo dall'esperienza specifica, dallo stesso maturata anche presso altra ditta, di conduttore di carrelli (certamente significativa, a prescindere dalle dimensioni del mezzo, poiché anche il più leggero dei mezzi industriali e degli stessi veicoli di uso civile richiede, una volta arrestato dal conducente, l'utilizzo del freno di stazionamento), ma dalla comune esperienza quotidiana e dalle più elementari regole della logica e di elementare prudenza, note a chiunque conduca un qualsiasi tipo di veicolo, industriale o civile.
 
Esperienza e regole elementari, che impongono al conducente di qualsiasi veicolo - ove anche si tratti di un'utilitaria che circoli su una strada - di azionare il freno di stazionamento allorché si arresti e scenda dal mezzo, specie se il luogo dell'arresto sia in pendenza, e di accertarsi che la leva del freno sia stata correttamente azionata.
In tale contesto, nessun rilievo presentano le ulteriori osservazioni svolte dal giudice del gravame in punto di assenza del libretto di uso e manutenzione del carrello, assenza di cartelli, mancata apposizione di zeppe alle ruote. Si tratta, invero, di osservazioni che non spostano i termini della questione, poiché a nessuna delle citate circostanze può attribuirsi un qualche apprezzabile rilievo causale a fronte della evidente e plateale imprudenza del DM, come più volte sopra evidenziata e descritta.
 
Ciò anche a non voler considerare:
- che la cartellonistica ritenuta mancante per l'assenza di avvisi circa " la pericolosità del mezzo e delle cautele da osservare nella conduzione" dello stesso, certamente avrebbe dovuto riguardare prescrizioni sulle modalità di utilizzo del carrello ed i correlati divieti, non certo la precisazione - del tutto ovvia - che l'operatore, dopo essersi arrestato su un luogo in pendio deve, prima di scendere dal mezzo, azionare il freno,
- che l'apposizione delle zeppe non avrebbe impedito l'evento, poiché l’infortunato, per eseguire tale operazione, avrebbe dovuto portarsi davanti al carrello, comunque non correttamente stazionato,
- che la presenza del libretto di uso e manutenzione del veicolo non avrebbe avuto nessun effetto, poiché la regola di azionare il freno prima di scendere da un mezzo non sta certo scritta nel predetto manuale, costituendo la stessa l'elementare e più ovvio corredo della primaria esperienza di chiunque si trovi a condurre un veicolo.
 
Premesse queste circostanze, non può porsi in dubbio che, nel caso oggetto di esame, non possono attribuirsi ai datori di lavoro dell’infortunato condotte causalmente rilevanti nella determinazione dell'evento verificatosi, essendosi posta la condotta del lavoratore quale causa unica e determinante dell'evento stesso, avendo assunto tale condotta i caratteri della abnormità e della imprevedibilità, ed essendo quindi assurta quale causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento.
 
Ciò che evidentemente esonera gli imputati da ogni responsabilità.
 
 
Rolando Dubini, avvocato in Milano
 
 
Corte di Cassazione - Sentenza n. 24595 dell'11 giugno 2014 - Infortunio a seguito di condotta del lavoratore abnorme e imprevedibile derivante dal mancato uso del freno a mano. Il datore di lavoro non è responsabile.

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