News
"La non responsabilità del CSE per l’infortunio in cantiere"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
13/06/2016 -
Torna
la Corte di Cassazione in questa sentenza ad occuparsi di un argomento sul
quale si dibatte molto nelle aule giudiziarie e sul quale la stessa Corte non
sembra avere trovato un indirizzo univoco, fra la richiesta di una presenza frequente
in cantiere e quella “momento per momento” e fra la funzione di ”alta
vigilanza” finalizzata al coordinamento delle imprese e quella della vigilanza
anche “minuta” sull’applicazione delle norme di salute e sicurezza sul lavoro,
e cioè l’argomento riguardante la individuazione della responsabilità
del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione per un infortunio
occorso in un cantiere edile sottoposto al suo controllo. Per comprendere se
per un evento dannoso accaduto in un cantiere, ha sostenuto la suprema Corte, è
coinvolta la responsabilità del coordinatore per la sicurezza occorre
analizzare le caratteristiche del rischio dal quale è scaturito l’evento
infortunistico, occorre cioè comprendere se si tratti di un accidente
contingente, scaturito estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori e come tale
affidato alla sfera di controllo del datore di lavoro o del suo preposto oppure se, invece, l’evento stesso sia
riconducibile alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione,
ambito riservato allo stesso coordinatore per la sicurezza, il che non implica,
normalmente, una sua continua presenza nel cantiere con il ruolo di controllo
sulle contingenti lavorazioni in corso.
Nel
caso in esame, in particolare, la Corte di Cassazione ha annullata la sentenza
di condanna del coordinatore
per la sicurezza perché il fatto non sussiste essendo emerso che l’evento
per il quale era stato condannato nei primi gradi di giudizio era sottratto
alla sua sfera di controllo ed alla sua funzione di "alta vigilanza"
attribuitagli ed era invece ricompreso in quella del datore di lavoro o del suo
preposto. La stessa Corte, di converso, ha riconosciuta la responsabilità del
capocantiere annullando comunque la sentenza di condanna emanata nei suoi
confronti per essere il reato estinto per prescrizione.
Il fatto e il ricorso in Cassazione
Il coordinatore per la sicurezza ed il
capocantiere di un’impresa edile hanno proposto, per il tramite dei rispettivi
difensori, ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello a
conferma della sentenza del Tribunale con la quale gli stessi sono stati
ritenuti responsabili del reato di cui agli art. 41, 113, 590 comma 2 e 3 c.p.
perché, con condotte indipendenti ma convergenti fra loro, hanno cagionato al
dipendente di una ditta appaltatrice lesioni gravissime dalle quali derivava
l’amputazione dell’arto inferiore sinistro, per colpa consistita in negligenza,
imprudenza imperizia e nella violazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni (art. 5 comma 1 lett. c), 12 del D. Lgs. 494/96 e art. 4 del D. Lgs.
626/94. Come risultato dalla ricostruzione dei fatti effettuata dai giudici di
merito, l’infortunio sul lavoro si era verificato nel corso dei lavori di
straordinaria manutenzione con adeguamento delle protezioni laterali di un
tratto di strada affidati alla ditta appaltatrice.
La mattina dell’infortunio, in
particolare, dovendosi effettuare il getto e la posa in opera del calcestruzzo
all’interno di uno scavo del cantiere, il dipendente di un’impresa fornitrice
del nolo a caldo di calcestruzzo, aveva posizionato l’autobetoniera a circa
50-60 cm dal ciglio della scavo da colmare, in posizione parallela ad esso.
Prima dell’inizio delle operazioni, due lavoratori dipendenti dell’impresa
appaltatrice si erano portati sul ciglio dello scavo, sul lato destro della
betoniera, dando le spalle ad essa, per sistemare le gabbie di ferro poste
all’interno della scavo. Poiché la presenza della betoniera intralciava
l’operazione l’autista del mezzo, su richiesta dello stesso lavoratore
infortunato, lo ha spostato, guardando negli specchietti retrovisori, senonché
le ruote del secondo asse hanno schiacciato la gamba sinistra dell’infortunato
che, dalla posizione prona sul ciglio dello scavo, aveva allungato la gamba al
di sotto della betoniera per fare leva sulla ruota ed avere maggiore forza nel
sistemare la gabbia di ferro. L’autista ha riferito che, al momento dello
spostamento del mezzo, non era presente alcun operaio a terra per aiutarlo a
dirigere la manovra, quindi egli si era basato solo sugli specchietti
retrovisori che, per sua stessa ammissione, non offrivano una completa visuale
del mezzo.
Il PSC e il POS avevano previsto
compiutamente, fra i rischi connessi alle lavorazioni, anche quello relativo
alla posa in opera di armatura di acciaio e del getto di calcestruzzo
prevedendo, quali misure di protezione, l’impiego, durante l’uso dei mezzi di
lavoro, di un lavoratore a terra per le operazioni di retromarcia o comunque di
difficile esecuzione, in caso di manovre con limitata visibilità o in spazi
ristretti.
I giudici di merito hanno addebitata la
responsabilità dell’accaduto al capocantiere preposto alla sicurezza per conto
del datore di lavoro per la mancata attuazione dei programmi di informazione
dei lavoratori, la cui omissione aveva determinato il mancato coordinamento fra
i lavoratori impegnati nella operazione sui tempi e modalità di movimentazione
della betoniera da cui era scaturito l’incidente. Hanno però attribuita la responsabilità
anche al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori che
svolgeva una funzione che gli imponeva l’osservanza degli obblighi di
assicurare la cooperazione e il coordinamento delle attività fra le imprese
operanti nel cantiere e la loro reciproca informazione, nonché di verificare
l’osservanza delle prescrizioni stabilite nei piani di sicurezza.
Il coordinatore per la sicurezza ha
basata la sua difesa sostenendo che il coordinatore per l’esecuzione svolge
un’attività di alta vigilanza da non confondersi con quella operativa demandata
al datore di lavoro e alle figure dal predetto incaricate, quali il preposto e
il dirigente, ed ha una funzione riguardante la generale configurazione delle
lavorazioni che non richiede una puntuale, stringente vigilanza sulla
osservanza delle misure di sicurezza, demandata ad altre figure. Secondo lo
stesso l’attività dalla quale era scaturito l’incidente, e cioè il getto e la
posa in opera del calcestruzzo, era un’attività tipica, compiutamente disciplinata
dai piani di sicurezza con la prescrizione di opportune cautele in forza delle
quali le operazioni di movimentazione dei mezzi dovevano essere effettuate
sotto la guida di un responsabile che doveva rimanere fuori dai mezzi in modo
da dirigere la loro movimentazione per cui ha sostenuto di non comprendere
quale addebito gli potesse essere mosso, posto che egli, nella sua qualità,
aveva solo l’obbligo di verificare l’idoneità del POS, di adeguare
eventualmente il PSC in relazione all’evoluzione dei lavori e alle modifiche
intervenute durante le fasi della lavorazione e di vigilare sulla osservanza
delle misure di sicurezza previste nel PSC da parte dei datori di lavoro.
Difatti, l’intervento del coordinatore
per la sicurezza, ha sostenuto ancora, si concretizza ad un livello più
generale ed è rivolto ai datori di lavoro delle imprese esecutrici mentre
l’obbligo di informazione e di formazione dei lavoratori, al pari dell’obbligo
di vigilare e sovraintendere sull’esatta attuazione ed adozione da parte di
costoro delle misure di sicurezza grava sul datore di lavoro e, per lui, sul
preposto. Peraltro dall’istruttoria era
emerso che durante la fasi di lavorazione del calcestruzzo i movimenti del
mezzo erano in concreto guidati da un uomo a terra come prescritto nel PSC.
Il capocantiere, invece, a sua difesa
ha sostenuto che l’incidente si era verificato non durante la normale
lavorazione, che si articolava nelle fasi della collocazione della gabbie di
ferro nello scavo e della successiva operazione di getto del calcestruzzo dalla
betoniera, fasi che richiedevano, secondo la previsione dei piani di sicurezza,
la presenza di personale a terra per il controllo della movimentazione del
mezzo. Esso si è verificato per il comportamento del lavoratore infortunato che
in modo del tutto estemporaneo si è portato sul ciglio dello scavo per
sistemare una gabbia che non era stata ben allocata e che di sua iniziativa ha
chiesto lo spostamento del mezzo che nel muoversi lo ha investito.
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto
fondato il ricorso del coordinatore ed ha invece rigettato quello presentato
dal capocantiere. La suprema Corte ha tenuto a precisare che normalmente è il
datore di lavoro il personaggio che riveste una posizione di vertice nel
sistema della sicurezza, in quanto titolare del rapporto di lavoro e al
contempo titolare dell’impresa esecutrice dei lavori, con compiti quindi
organizzativi ed economici inerenti l’attività dell’impresa che lo vedono
direttamente coinvolto anche nella predisposizione ed osservanza delle misure
antinfortunistiche. È ragionevole comunque, ha ancora sostenuto la suprema
Corte, che anche il committente, che ha assunto l’iniziativa della
realizzazione dell’opera, provvedendo a programmarla e a finanziarla, assuma
una quota di responsabilità in materia di prevenzione antinfortunistica
collocandosi accanto al datore di lavoro nella titolarità degli obblighi di
protezione, con la possibilità di demandarli ad altra figura, questa
ausiliaria, del responsabile dei lavori, anziché occuparsene direttamente e,
per gli aspetti tecnici delle competenze facenti capo a lui in materia
antinfortunistica, a figure specializzate distinte per la fase della
progettazione e della realizzazione, che sono appunto il coordinatore per la
salute e sicurezza in fase di progettazione e il coordinatore per la salute e
sicurezza in fase di realizzazione.
Trattasi di figure, quelle dei
coordinatori per la sicurezza, ha proseguito la suprema Corte, le cui posizioni
di garanzia non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel
campo della sicurezza sul lavoro, ma ad esse si affiancano per realizzare,
attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di
coordinamento e controllo, la massima garanzia dell’incolumità dei lavoratori.
Senza dubbio comunque, il ruolo centrale per ciò che attiene alla sicurezza del
cantiere è affidato al datore di lavoro che organizza e gestisce la
realizzazione dell’opera essendo gravato da plurimi, tipici obblighi che la
legge gli ha assegnato..
Per quanto riguarda il coordinatore
per l’esecuzione, in quanto diretta promanazione del committente, “
anch’egli titolare di una posizione di
garanzia ma non così pregnante e diretta come quella del datore di
lavoro-appaltatore, la funzione costantemente riconosciutagli nelle pronunce
della Suprema Corte, anche sulla base del contenuto dei compiti assegnatigli
dalla normativa di settore (art. 5 d.lvo n. 494/1996), viene qualificata come
funzione di ‘alta vigilanza’, nettamente distinta da quella operativa
riconosciuta invece al datore di lavoro e ai suoi collaboratori, ovvero il
dirigente e il preposto”.
Dalle attribuzioni contenute nelle
disposizioni di legge si evince difatti che “
al coordinatore non è demandata un’attività di controllo diretto e
continuo del cantiere circa l’adozione ed osservanza delle misure di
prevenzione previste nel PCS. La sua funzione è quella di correlarsi con i
datori di lavoro delle imprese esecutrici e di vigilare sulla attuazione da
parte di costoro delle misure e prescrizioni antinfortunistiche previste nel
PCS e nel documento di valutazione dei rischi e sulle prescrizioni del piano di
sicurezza (POS) di competenza del datore di lavoro”.
Secondo la Sez. VI, così come più
volte è stato affermato dalla Corte di Cassazione, “
la funzione di alta vigilanza del coordinatore per la sicurezza, nei
termini sopra illustrati, riguarda la generale configurazione delle
lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle
singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore
di lavoro, dirigente, preposto); di conseguenza essa ha ad oggetto quegli
eventi riconducibili alla configurazione complessiva, di base, della
lavorazione e non anche gli eventi contingenti, scaturiti estemporaneamente
dallo sviluppo dei lavori medesimi e, come tali, affidati al controllo del
datore di lavoro e del suo preposto”.
Alla luce di tali principi, quindi ha
precisato che “
per comprendere se
l’evento dannoso coinvolga la responsabilità del coordinatore, occorre
analizzare le caratteristiche del rischio dal quale è scaturita la caduta.
Occorre cioè comprendere se si tratti di un accidente contingente, scaturito
estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori, come tale affidato alla sfera di controllo
del datore di lavoro o del suo preposto; o se invece l’evento stesso sia
riconducibile alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione,
ambito riservato al coordinatore per la sicurezza; il che non implica,
normalmente, la continua presenza nel cantiere con ruolo di controllo sulle
contingenti lavorazioni in corso”.
È evidente, ha sottolineato ancora la
suprema Corte, che l’incidente si è verificato per un estemporaneo e
contingente sviluppo dei lavori, come tale non previsto nel PSC, nel corso di
una manovra posta in essere dal lavoratore infortunato nell’intervallo fra due
fasi della lavorazione dello scarico del calcestruzzo, ovvero
la collocazione delle gabbie in ferro nello scavo e il successivo getto di
calcestruzzo tramite la betoniera, e in conseguenza della imprudente posizione
assunta dall’operaio con la gamba posta a contrasto con l’asse delle ruote
della betoniera. Tale sviluppo non attiene alla configurazione di base del
lavoro, che prevedeva genericamente la presenza di un "moviere" a
terra per dirigere i movimenti della betoniera quando essa era in funzione.
Discende da ciò che l’evento era sottratto alla sfera di controllo del
coordinatore per la sicurezza e alle funzione di "alta vigilanza"
riconosciutagli ed era invece ricompreso in quella del datore di lavoro o del
suo preposto.
Diversa è stata invece ritenuta dalla
Corte di Cassazione la posizione del capocantiere. Se al coordinatore non può
essere rimproverata alcuna omissione in relazione allo sviluppo contingente ed
estemporaneo della lavorazione da cui è scaturito l’infortunio, ha sostenuto
infatti la Sez. VI, lo stesso non può dirsi per il capocantiere il quale, nella
sua qualità di preposto per la sicurezza, aveva l’obbligo di vigilare sulla
puntuale, costante osservanza delle misure di sicurezza da parte dei
lavoratori, anche quando, come nel caso in esame, la mancata adozione della
specifica misura antinfortunistica ha riguardato un anomalo e non previsto
sviluppo della lavorazione, inseritosi nella fase intermedia fra la
collocazione delle barre in acciaio nello scavo e l’inizio del getto a caldo di
calcestruzzo tramite la betoniera già presente in loco. È bene precisare che
tale anomalia nello sviluppo dei lavori non è idonea ad esonerare da
responsabilità il capocantiere, il quale è tenuto a vigilare sulla osservanza
delle misura di sicurezza anche nel caso in cui l’incidente si sia verificato
al di fuori dall’ordinario prevedibile e disciplinato sviluppo della
lavorazione. Quindi, come condivisibilmente ritenuto dai giudici di merito,
doveva essere assicurata la presenza di un moviere a terra nelle immediate
vicinanze della macchina, sin dal momento in cui essa veniva portata sul luogo,
al fine di poter dirigere qualsiasi spostamento della betoniera
che si fosse reso necessario in qualunque momento della lavorazione, compresa
la fase sistemazione nello scavo delle gabbie di ferro, fatta a mano dagli
operai, in vista di quella successiva del getto a caldo del calcestruzzo. Allo
stesso capocantiere peraltro deve essere addebitata l’inosservanza dell’obbligo
di informazione e di formazione dei lavoratori sui rischi delle lavorazioni,
attività facente capo al datore di lavoro e, per esso al preposto alla
sicurezza.
La Corte di Cassazione in definitiva, essendosi comunque prescritto il reato a
carico del capocantiere, ha annullata senza rinvio la sentenza impugnata nei
confronti del coordinatore perché il fatto non sussiste e quella nei confronti
del capocantiere stesso per essere il reato estinto per prescrizione.
Gerardo Porreca
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 951 volte.
Pubblicità