News
"Rischio stress e valutazioni nelle aziende: il paradosso italiano"
fonte www.puntosicuro.it / RISCHIO STRESS LAVORO CORRELATO
28/06/2016 - Se l' Organizzazione mondiale della sanità (OMS)
ritiene che entro il 2020 la depressione diventerà la causa principale
d'inabilità al lavoro, si può comprendere quanto sia importante che i
luoghi di lavoro possano costituire in futuro “un ambiente privilegiato
per la prevenzione dei disturbi psicologici e per la promozione di una
migliore salute mentale”.
A riportare le indicazioni dell’OMS è un intervento che si è tenuto al convegno “
Stress, molestie lavorative e organizzazione del lavoro: aspetti preventivi, clinici e normativo-giuridici.
Le soluzioni possibili”, un convegno organizzato da AIBEL, ATS Milano e SNOP che si è tenuto il 7 giugno 2016 a Milano.
Nell’intervento “
Il tema stress lavoro correlato nei Piani
Regionali Prevenzione - Il confronto tra le figure professionali, prime
conclusioni del Gruppo di lavoro CIIP sullo Stress”, a cura della D.ssa
Laura Bodini (Direttivo nazionale SNOP e vice-presidente CIIP), non solo sono
riportati i dati dell’OMS ma si fa riferimento anche ad altri dati ed
esperienze rilevanti. Ad esempio ai tanti documenti di associazioni e enti
pubblici, alla “ campagna
europea 2014-2015” e alla maggiore attenzione al tema dell’organizzazione
del lavoro e al tema del
tecnostress.
E si indica che diverse revisioni
di letteratura hanno trovato un “consistente aumento del rischio in lavoratori
esposti a stress
lavoro-correlato di sviluppare: patologie cardiovascolari, disturbi
psicologici comuni, depressione, disturbi muscolo-scheletrici del rachide e
dell’arto superiore, aumento delle assenze per malattia, aumento di consumo di
psicofarmaci, etc”.
E diverse ricerche parlano di “aumentati
(decine di miliardi di euro) costi sociali, sanitari ed economici per malattie
psicologiche correlate al lavoro e assenze dovute a stress lavoro-correlato”
(LC).
Nell’intervento, che vi invitiamo
a visionare integralmente, sono poi riportati i riferimenti normativi del
D.Lgs. 81/2008 e si sottolinea la presenza del tema relativo al rischio stress
nel Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018, nel progetto CCM “Piano nazionale
di monitoraggio e di intervento per l’ottimizzazione della valutazione e
gestione dello stress
lavoro-correlato” e nei Piani Regionali.
Tuttavia – continua la relatrice
- è come se ci fosse una “difficoltà di base anche nel mondo ASL” ad affrontare
questo tema con convinzione. Si assiste, insomma, ad una “svolta culturale
ancora debole sia nel mondo del lavoro che nel sistema ASL”, anche per mancanza
di investimento in figure sanitarie (medici del lavoro, assistenti sanitari,
psicologi del lavoro…).
Vengono poi ricordati:
- l’Accordo quadro europeo sullo
stress lavoro (8/10/2004);
- l’Accordo quadro europeo sulle molestie
e la violenza nel luogo di lavoro (8/11/2007) e si riportano alcune indicazioni
su un
paradosso italiano.
Infatti in Italia negli ultimi
anni si sono verificati:
- “peggioramento delle condizioni
contrattuali con blocco dei contratti e del turnover nella pubblica
amministrazione ad iniziare dal settore critico della sanità;
- aumento della precarietà nelle
varie forme e pesanti ristrutturazioni aziendali (crisi economica e occupazionale);
- modifiche significative degli
orari di lavoro e del regime pensionistico;
- difficile gestione di alcuni
diritti (assenze per malattia, ridotta capacità lavorativa, etc);
- aumento degli Indicatori di
malessere (aumento consumo fumo, alcool, psicofarmaci, dipendenza da gioco
d’azzardo, comportamenti aggressivi nella società e nei luoghi di lavoro,
suicidi…) che emergono anche dai dati correnti gestionali delle ASL, ISTAT”…
Malgrado tutte queste premesse,
come indicato anche in altri
articoli del nostro giornale, i “primi risultati delle indagini e della
valutazioni dei rischi su stress LC (2010-2015) non rispecchiano i risultati
degli altri paesi europei, ma in Italia vi è frequentemente un anacronistico e
tranquillizzante ‘ semaforo
verde’. Anche in settori critici indicati dal mondo scientifico e
dall’Europa: sanità, scuola, grande distribuzione, trasporti, sistema
finanziario, etc. Anche in situazioni di pesante ristrutturazione aziendale”.
Perché questo paradosso?
La relatrice riporta qualche
causa possibile:
- “mancanza di cultura del
benessere da parte di molte aziende (sottovalutazione del problema,
difensivismo, paura di contenziosi medico-legali, burocratismo);
- limitata adozione dell’Accordo
Quadro SLC come strategia di miglioramento dell’efficienza delle aziende (art.1
comma 3) e partecipazione dei lavoratori nella ricerca delle soluzioni (art.4.
comma 3);
- frequente affidamento ad
esterni della VdR (valutazione dei rischi, ndr) con scarsa valorizzazione delle
competenze e conoscenze interne all’impresa, ad iniziare dalla partecipazione
di tutti;
- mancanza di (uso strumenti di)
ascolto e scarsa partecipazione informata e formata di lavoratori e RLS;
- mancata valorizzazione e scarso
coinvolgimento dei medici competenti;
- dibattito sugli strumenti (oggettivo/soggettivo)
e non sulle soluzioni;
- confusione, più o meno
intenzionale, tra stress e stress al lavoro;
- confusione tra valutazione
dello stress e valutazione del rischio stress”;
- nelle VdR “maggiore attenzione
a safety (attrezzature, impianti, DPI) rispetto a security (ruoli, benessere,
organizzazione);
- ristrutturazioni aziendali
significative non sono prese in considerazione con i sistemi di valutazione
esistenti”.
Sono poi riportate altre
possibili cause, ad esempio l’uso di indicatori non mirati, la scarsa
attitudine alle soluzioni dei problemi organizzativi individuati, la mancanza
di dati raccolti con sistematicità sui disturbi soggettivi e sull’aumento del consumo
farmaci,...
E ancora:
- “mancata o errata analisi per
gruppi omogenei, aspecificità, mancato coinvolgimento degli RLS;
- mancata attenzione ai problemi
man mano rilevati e scarsa attitudine alle soluzioni (ergonomiche, formative,
organizzative) dei problemi individuati;
- predilezione per interventi di
prevenzione rivolti al singolo ed al sostegno delle sue capacità di far fronte
allo stress, invece che verso aspetti di progettazione, organizzazione, gestione
del lavoro”.
Vengono poi ricordate alcune
criticità riguardo al metodo di valutazione
italiano e alle indicazioni della Commissione Consultiva sulla valutazione
del rischio Stress LC (2010).
Queste indicazioni, “frutto di
mediazione politica, avevano definito un livello minimo di attuazione articolato
in due fasi: una necessaria (oggettiva), l’altra eventuale (soggettiva). Questa
indicazione sottendeva una gerarchia: sulla base degli esiti della sola
valutazione oggettiva il processo si poteva fermare senza conferma derivante
dall’analisi della percezione dei lavoratori”. E si sottolinea che “siamo
ancora fermi dopo 5 anni alla verifica di efficacia della metodologia”.
Insomma, che fare?
Ad esempio la consulta CIIP e le
associazioni aderenti si impegnano a:
- “mantenere nel tempo il Gruppo
di lavoro sullo stress LC che sta attraversando un periodo critico;
- sostenere con iniziative la
sensibilizzazione alla cultura del benessere;
- rivalutare il percorso
sostenendo le figure interne al sistema di prevenzione di impresa;
- raccogliere e diffondere
esperienze, strumenti e soluzioni sulla gestione dello stress LC in settori
specifici (es. sanità, trasporti, alberghi, etc…);
- riprendere l’ascolto dei soggetti,
cominciando dal mondo di chi lavora e il loro ruolo: medico competente,
dirigenti, lavoratori, RLS, … fino ad ora poco valorizzati”.
E nel
mondo delle Regioni e delle ASL è necessario “credere di più nei
Piani Regionali Prevenzione che danno indicatori e numeri che impegnano i
servizi territoriali in modo decisivo e non marginale nel sostegno a RLS e
bilateralità, che valorizzano anche audit come modalità di controllo e di
ascolto”.
Bisogna investire in figure
professionali, “bilanciando controllo/ prevenzione e assistenza/ sportello”, e
con un “orientamento alle soluzioni dei problemi organizzativi evidenziati con
scambio, messa in rete di buone pratiche” ...
E infine nel
mondo degli RLS e sindacale è bene:
- “puntare e sostenere la
partecipazione dei lavoratori e degli RLS (formazione, riunione periodica,
valutazione, proposta soluzioni, confronti tra reti di comparto, etc)” tenendo
conto di quanto sostenuto dai piani nazionali e regionali;
- “non delegare alle ASL ma avere
il coraggio di segnalare le situazioni ingestibili;
- cercare insieme risposte a invecchiamento
della popolazione lavorativa, alle questione di genere, ai bisogni e aspettative
(senza diritti) di giovani generazioni spesso con livelli di scolarità elevate;
- orientamento alle soluzioni dei
problemi organizzativi evidenziati con scambio, messa in rete di buone pratiche...
anche nella contrattazione aziendale”.
“ Il tema stress lavoro correlato
nei Piani Regionali Prevenzione - Il confronto tra le figure professionali,
prime conclusioni del Gruppo di lavoro CIIP sullo Stress”, a cura D.ssa Laura
Bodini (Direttivo nazionale SNOP e vice-presidente CIIP), intervento al
convegno “Stress, molestie lavorative e organizzazione del lavoro: aspetti preventivi,
clinici e normativo-giuridici. Le
soluzioni possibili” (formato PDF, 2.08 MB).
Tiziano Menduto
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1199 volte.
Pubblicità