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"Responsabilità datoriale e ruolo del RSPP"

fonte www.puntosicuro.it / Sentenze

19/07/2016 - Non si può imporre un divieto nel documento di valutazione dei rischi senza fornire istruzioni alternative. Con questa sentenza la cassazione individua le responsabilità di datore di lavoro ed rspp per il caso di un documento di valutazione dei rischi che non contiene indicazioni circa le misure da adottare onde minimizzare o azzerare il rischio infortuni.

Il Tribunale di Brescia aveva dichiarato in primo grado responsabili del reato di cui all’ art. 590 commi 2 e 3 cod. pen. un datore di lavoro in quanto direttore tecnico dello stabilimento con delega specifica in materia di igiene e sicurezza sul lavoro e il Responsabile dei settori sicurezza ed ambiente in quanto avevano causato, per colpa, a un lavoratore dipendente lesioni personali gravi con conseguente incapacità di attendere alle ordinarie.

La colpa del datore di lavoro è consistita nella violazione degli artt. 28 comma 2 lettera b) e d) del TU 81/08, in quanto il  documento di valutazione dei rischi non conteneva  l’indicazione delle necessarie misure e procedure specifiche e di dettaglio di prevenzione e di protezione concrete ed efficaci per le attività di carico e scarico dei cilindri di grosse dimensioni dalle macchine utensili per ogni turno lavorativo e non conteneva inoltre, l’indicazione delle misure idonee a ridurre al minimo i possibili rischi di investimento dei pesanti carichi sospesi, trattandosi di attività pericolosa comportante gravi rischi di investimento per gli operatori.

La sentenza della  Cassazione Penale, Sez. 4, 13 gennaio 2016, n. 1036 rileva che “i giudici di merito hanno dato conto della  insufficienza del divieto imposto ai dipendenti nel documento di valutazione dei rischi di guidare con le mani i carichi sospesi non accompagnato da alcuna indicazione in positivo sul come agire in quella situazione”. Ciò equivaleva, per i giudici, a segnalare il pericolo senza però spiegare come ci si dovesse comportare per evitarlo nell’eseguire la lavorazione.

La Cassazione, nel respingere il ricorso, ha anche sottolineato un altro elemento incompatibile….  la mancata presenza del datore di lavoro in cantiere che non avrebbe mai potuto sperimentare personalmente l’esistenza del problema di impercettibili oscillazioni nelle strutture operative che avrebbero causato il danno oggetto di sentenza e di successivo ricorso.

Sulla nullità della sentenza di condanna la Cassazione ha deciso per “violazione di legge, in relazione all’art. 27 Cost., agli artt. 40, comma 2 e 43, cod. pen., e agli artt. 15, lett. b), 17 e 28 del TU 81/08 ma anche con riferimento dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per  contraddittorietà della motivazione, in relazione all’estensione dell’obbligo impeditivo in capo al datore di lavoro delegante in tema di causalità omissiva e all’estensione delle disposizioni cautelari applicabili ai fini del rimprovero per colpa”.

Il datore di lavoro, inoltre, “nell’imporre uno specifico divieto a scopo antinfortunistico, senza fornire quindi  istruzioni alternative, non poteva non avvedersi del fatto che veniva in sostanza devoluto agli stessi lavoratori (come era avvenuto nel fatto in questione) scegliere la maniera con cui ovviare alle problematiche connesse al lavoro da svolgere”. Infatti, i lavoratori, perché non erano stati messi loro a disposizione strumenti alternativi, avevano deciso di contravvenire a quel divieto.

“Ugualmente illogica sarebbe la motivazione laddove affermasse che la comprovata effettività della delega di  funzioni al Rspp “ non inciderebbe in alcun modo sul percorso logico che porta all’affermazione della responsabilità del datore di lavoro.

Su quest’ultimo argomento la Corte ribadisce con forza principi più volte affermati:  “il Rspp è un mero ausiliario del datore di lavoro privo di autonomi poteri decisionali e non è dunque destinatario degli obblighi dettati dalla legge in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle sanzioni, penali e amministrative, previste per la loro violazione. Ciò non esclude peraltro secondo il richiamato  dictum la sua responsabilità penale per l’infortunio conseguito alla mancata adozione di una misura prevenzionale, qualora si accerti che lo stesso abbia indotto il datore di lavoro all’emissione, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale”.

Corretta in tal senso è l'affermazione che il datore di lavoro è il primo e principale destinatario degli obblighi di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi di prevenzione antinfortunistica e che non si vede (a fronte della indelegabilità di cui si è detto) per quale ragione chi ricopre una tale posizione, nell’effettuare la valutazione dei rischi, non debba prendere conoscenza di tutte le fasi operative inerenti all'attività dell'azienda).
Nel caso di specie rilevano essere inconferenti i riferimenti difensivi all'attività aziendale in materia di formazione dei lavoratori (senza peraltro considerare che nella fattispecie di infortunio per schiacciamento del dito di un tornitore vari testi hanno affermato che nessuno aveva loro spiegato come effettuare in concreto l'operazione in questione) e alla ordinarietà in ogni azienda dell'intervento fattivo del R.S.P.P. nello studio e codificazione delle procedure, anche in sede di modifica delle stesse.

Viola i seguenti articoli di legge: art. 28 comma 2 lettera b) e d) del Dlgs n.81 del 2008 il documento di valutazione dei rischi che non contiene l'indicazione delle misure e procedure di prevenzione e di protezione concrete ed efficaci per le attività di carico e scarico dei cilindri di grosse dimensioni dalle macchine utensili per ogni turno lavorativo (se non, in termini del tutto generali l'indicazione di "non guidare con le mani il carico sospeso" e di "non sostare sotto i carichi") e che non contiene  l'indicazione delle misure idonee a ridurre al minimo i possibili rischi di investimento dei pesanti carichi sospesi, trattandosi di attività pericolosa comportante gravi rischi di investimento per gli operatori.

La fattispecie è relativa alla responsabilità del reato di cui all’art. 590 commi 2 e 3 cod. pen. del datore di lavoro in quanto direttore tecnico dello stabilimento di Brescia della XX srl (esercente la produzione e commercializzazione di cilindri per uso siderurgico), con delega specifica in materia di igiene e sicurezza sul lavoro e del RSPP e Responsabile dei settori sicurezza ed ecologia presso il medesimo stabilimento, per aver cagionato per colpa ad un  lavoratore dipendente con mansioni di tornitore lesioni personali gravi consistite nello schiacciamento del primo dito della mano sinistra con frattura e ferita lacero contusa con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni pari a giorni 154 e con grado di invalidità riconosciuta dall'Inail pari al 4%]; in particolare l’infortunato, assunto con la mansione di tornitore addetto al carico e scarico dei cilindri in lavorazione sulle macchine senza aver mai partecipato a corsi di formazione specifici, durante l'operazione di caricamento di un rullo di notevoli dimensioni sul tornio "175" (utilizzato, appunto per i cilindri di grosse dimensioni) cercando di orientare il carico con una mano all'interno del mandrino del tornio (come da prassi in uso tra gli operatori) si schiacciava il pollice fra il cilindro e una ganascia del mandrino in contrasto con le prescrizioni di sicurezza del reparto torneria che prevedono di (testo assente) con colpa consistita in negligenza imprudenza imperizia ed inosservanza delle norme per la prevenzione sugli infortuni del lavoro, in particolare per il datore di lavoro nonché direttore tecnico dello stabilimento di Brescia, nella violazione dei seguenti articoli di legge: art. 28 comma 2 lettera b) e d) del Dlgs n.81 del 2008, in quanto il documento di valutazione dei rischi non conteneva l'indicazione delle misure e procedure di prevenzione e di protezione concrete ed efficaci per le attività di carico e scarico dei cilindri di grosse dimensioni dalle macchine utensili per ogni turno lavorativo.

E dunque in definitiva, come indicato dalla sentenza, risulta evidente l’ insufficienza del divieto imposto ai dipendenti nel documento di valutazione dei rischi “di guidare con le mani i carichi sospesi non accompagnato da alcuna indicazione in positivo sul come agire in quella situazione” lavorativa concreta e che si presenta necessariamente durante il ciclo produttivo.

 

Rolando Dubini, avvocato in Milano

 

Cassazione Penale - Sezione IV - Sentenza n. 1036 del 13 gennaio 2016 (u. p. 10 dicembre 2015) -  Pres. D’Isa – Est. Pezzella – Ric. B.G.. - Non si può in un documento di valutazione dei rischi imporre un divieto in relazione alla presenza di un pericolo senza fornire indicazioni e istruzioni sulle misure da adottare onde eliminare o ridurre al minimo il rischio che porti a un infortunio.


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