"Caldo estivo: il rischio di colpi di calore per i lavoratori outdoor"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
Rischi che, come spesso raccontato dal nostro giornale, non sono ancora sufficientemente conosciuti e correttamente valutati dai datori di lavoro e dagli stessi lavoratori outdoor.
Per questo motivo torniamo a parlare oggi di calore estivo cercando di migliorare la conoscenza delle patologie associate al caldo che possono interessare in particolare i lavoratori che svolgono un’attività fisica intensa all’aperto (ad esempio lavoratori edili, operai di cantieri stradali, agricoltori, giardinieri, marinai, operatori ecologici, ...).
E per avere informazioni su queste patologie facciamo riferimento al documento “ Linee di indirizzo per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute”, nella versione aggiornata del mese di marzo 2013. Un documento che contiene una revisione dei contributi originali, contenuti nelle precedenti versioni, elaborati da un gruppo di lavoro istituito dal Ministero della Salute. L’attuale versione tiene conto anche delle Linee Guida elaborate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO 2008 e 2011) ed è stata realizzata nell’ambito del progetto del Centro Nazionale Prevenzione e Controllo Malattie (CCM), del Ministero della Salute: “ Piano operativo nazionale per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute”, coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del SSR Lazio. Un documento che è rivolto in particolare agli enti locali, ai medici ed in generale a tutti gli operatori socio-sanitari coinvolti nell’assistenza e nella gestione delle fasce di popolazione a rischio.
Ricordando che la vulnerabilità della popolazione agli effetti delle alte temperature e delle ondate di calore estive è funzione del “livello di esposizione (intensità e durata), della ‘suscettibilità’ individuale (stato di salute, caratteristiche socio-demografiche e ambientali) e della capacità di adattamento sia a livello individuale che di contesto sociale e ambientale (percezione/riconoscimento del rischio, disponibilità di risorse)”, vediamo di approfondire oggi una delle più conosciute patologie associate al caldo: il colpo di calore.
Il documento indica che il colpo di calore si manifesta “con una ampia gradazione di segni e sintomi a seconda della gravità della condizione. I primi segni del danno da calore comprendono una combinazione di sintomi quali debolezza, nausea, vomito, cefalea, orripilazione al torace ed agli arti superiori, brividi, iperpnea, crampi muscolari e andatura instabile. Se il quadro clinico progredisce si manifestano alterazioni della coscienza di vario grado e intensità (stato d’ansia, stato confusionale, delirio, sincope, coma), la temperatura corporea sale sopra i 40°C ed è seguita da una sindrome pluriorgano che può condurre a morte”.
Chiaramente i soggetti più colpiti sono, a parità di esposizione e oltre ai bambini, gli anziani, in particolare gli over 75, in cui è frequente la cosiddetta “sindrome clinica da fragilità, condizione caratterizzata da una ridotta riserva fisiologica, associata ad una ridotta capacità di adattamento a modificazioni dell’ambiente interno o esterno e, ad un’aumentata suscettibilità ad eventi clinici”. Non dimentichiamoci che i dati relativi al mondo del lavoro mostrano, come ricordato anche in un recente convegno organizzato da PuntoSicuro, un progressivo invecchiamento della forza lavorativa del nostro paese.
Riportiamo brevemente una tabella che riassume i fattori predisponenti il colpo di calore e il loro meccanismo d’azione:
Vediamo ora gli effetti del colpo di calore su tutto l’organismo:
- sistema nervoso centrale: “predomina all’inizio il danno cerebellare, data la particolare termolabilità delle cellule di Purkinje. Pertanto atassia, dismetria e disartria sono sintomi di esordio, da non trascurare mai. La cefalea consegue, in genere, alla diretta esposizione al sole e non è quindi tipica del colpo di calore in età geriatrica;
- rene: l’insufficienza renale acuta è un evento raro che si verifica solo in soggetti già seriamente neuropatici e tardivamente sottoposti a terapia;
- fegato: il danno epatico, sia ischemico che colestatico, culmina 48-72 ore dopo il colpo di calore e può causare un tardivo peggioramento dello stato generale;
- sangue: anemia e, soprattutto, diatesi emorragica legata all’effetto anticoagulante del calore in sé, alla termolabilità dei megacariociti, alla frequente attivazione di una coagulazione intravascolare disseminata e alla deficitaria sintesi di fattori della coagulazione da parte del fegato. Non bisogna quindi sottovalutare manifestazioni emorragiche anche modeste come ecchimosi o piccoli ematomi;
- cuore: le basse resistenze periferiche da vasodilatazione causano aumento della portata cardiaca, ma il danno termico sul cuore esita in ipotensione e tachiaritmie;
- muscoli: episodi di necrosi muscolare portano a flaccidità diffusa;
- sistema endocrino: iperglicemia iniziale e, sopravvenuta l’insufficienza epatica, ipoglicemia tardiva. L’ipoglicemia può però essere precoce in malati malnutriti o con epatopatia e dominare il quadro clinico;
- polmone: iperventilazione e alcalosi in fase iniziale, acidosi metabolica e rischio di edema polmonare cardiogeno in fase avanzata;
- cute: iperidrosi, specie ascellare, data la maggiore sensibilità delle ghiandole sudoripare ascellari allo stimolo termico. Può sopravvenire ipoidrosi ‘da esaurimento’, anche se può esserci fin dall’esordio per cause concomitanti (diabete, farmaci anticolinergici ecc.)”.
Il documento, che vi invitiamo a leggere integralmente si sofferma poi sugli aspetti diagnostici, sugli esiti possibili del colpo di calore e sulla diagnosi differenziale relativa alla sindrome
neurolettica maligna (infatti alcuni farmaci implicati nella patogenesi del colpo di calore “possono essere anche causa di sindrome neurolettica maligna”).
Noi invece concludiamo questa breve presentazione delle problematiche correlate al colpo di calore, riportando semplicemente alcuni principi di terapia.
Nel documento si indica che oltre che curare la disidratazione, “bisogna raffreddare l’organismo nel modo più fisiologico ed efficace possibile. A tal fine il raffreddamento diretto, ovvero da esposizione ad acqua fredda, non è ottimale perché comporta una brusca vasocostrizione e, quindi, richiede un costante monitoraggio”.
Ed è dunque preferibile il “raffreddamento per evaporazione, che si ottiene bagnando il corpo o avvolgendolo in teli di cotone bagnato e, successivamente, esponendolo a flussi di aria calda, non caldissima, come quella che esce da un asciugacapelli a basso regime. La parte della superficie corporea esposta al getto di aria va cambiata continuamente. La procedura va interrotta quando la temperatura rettale scende sotto i 39°C”.
Sono, infine, riportati nel documento anche i farmaci e le sostanze che è bene non somministrare e si ricorda che “non è dimostrata alcuna efficacia degli steroidi e della profilassi antibiotica, misure che non vanno quindi adottate (Bouchama et al. 2007)”.
Ministero della Salute, Centro Nazionale Prevenzione e Controllo Malattie (CCM), “ Linee di indirizzo per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute”, aggiornamento marzo 2013, revisione della versione originale curata da Anna Maria Bargagli, Manuela De Sario, Paola Michelozzi e Simona Vecchi (Dipartimento di Epidemiologia del SSR Lazio), Laura Cialdea e Annamaria de Martino (Direzione Generale della Prevenzione del Ministero della Salute), Alberto Baldaccini, Giovanni Capobianco e Chiara Imbasciati (UOC Geriatria per Acuti, Ospedale S. Eugenio, ASL RM C, Roma) (formato PDF, 2.95 MB).
Tiziano Menduto
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