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"Ilva, tavolo tecnico contro la chiusura"

fonte corriere del mezzogiorno / Ambiente

14/02/2009 - ROMA — Raccogliendo l'invito dei sindacati, che in tempi di gravissima crisi sono sempre più preoccupati per le sorti dell'acciaieria tarantina, il governo ieri sera è riuscito a condurre in porto la mediazione: un tavolo tecnico (formato da esperti di Arpa, Ispra, commissione Aia, ministeri dell'Ambiente, dello Sviluppo economico e degli Affari regionali) si metterà al lavoro lunedì per chiarire come conciliare due posizioni al momento inconciliabili: quella della Regione, che con la sua legge intima a Ilva di abbattere le emissioni di diossina fino a 2,5 nanogrammi entro il 31 marzo, altrimenti non potrà ricevere la certificazione Aia e dovrà interrompere la produzione; e quella dell'azienda, che ribadisce di non poter rispettare la tempistica. Di questo si è discusso ieri a palazzo Chigi (erano presenti il sottosegretario Gianni Letta, i ministri Prestigiacomo e Fitto, oltre a sindacati, Regione e Fabio Riva), con le lancette dell'orologio «sul collo» (la chiusura dell'acciaieria nel cui piatto mangiano 23mila famiglie), con l'agenda giuridica aperta (giovedì scadono i termini per un'eventuale impugnazione della legge davanti alla Corte costituzionale, estrema ratio non gradita dal governo) e con il retropensiero delle elezioni di giugno. Si riuscirà a trovare la quadra? Giorgio Cremaschi, Fiom, ne dubita: «Non si può dire come, dal momento che non c'è nemmeno il se». Parole allarmanti per Peppe Lazzaro, Fim: «Ha partecipato ad un'altra riunione, evidentemente. Intanto abbiamo ottenuto che i tecnici dirimino i problemi». Nichi Vendola, al termine dell'incontro, ha chiarito due punti: «La legge non si tocca»; e quindi: «Non vogliamo chiudere Ilva». Come fare? «E' una questione di interpretazione della legge», ha spiegato l'assessore Michele Pelillo. In sostanza è l'articolo 2 della normativa la chiave di volta. Lì dove, riferendosi al protocollo di Aarhus, si introduce il concetto tecnico di «imprecisione del metodo di misurazione», con cui si potrà raggiungere il compromesso: anche perché così tutti potranno uscirne a testa alta. E infatti Vendola ha poi aggiunto: se non sarà aprile sarà giugno o luglio, l'importante è evitare danni. Ilva però ha ribadito: «Con l'impianto ad urea - che abbiamo acquistato per farlo funzionare, non certo per tenerlo in un deposito - possiamo abbattere le emissioni del 50% e arrivare a 3,5, non a 2,5 nanogrammi previsti dalla legge. Sarà Arpa che al momento delle verifiche adotterà il protocollo di Aarhus», e quindi farà lo «sconto» del 35%. In sostanza il tavolo tecnico dovrà distinguere tra limiti di prestazione degli impianti e limiti vincolanti: cioè le tappe di avvicinamento e l'obiettivo finale. E il limite dello 0,4 nanogrammi? Ilva ha ribadito: non conosciamo tecnologie per arrivare a quei limiti entro il 2010. Se ci date garanzie investiremo tutto il denaro necessario. Alla fine Pelillo ha raccontato: «Di fronte allo spiegamento di forze governative nel salone ci siamo detti con Vendola: l'abbiamo fatta grossa. Ma siamo soddisfatti, perché senza il nostro coraggio e senza questa legge l'inquinamento di Taranto non sarebbe mai entrato nell'agenda nazionale». Al massimo giovedì le parti si ritroveranno a palazzo Chigi e si saprà se la vertenza Ilva sarà conclusa.

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