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"Il falso è servito, così si uccide la nostra cucina "

fonte La Repubblica, E. Vizzari / Sicurezza alimentare

12/03/2009 - Il falso culinario non prospera soltanto all'estero ma guadagna spazio anche nelle cucine dei ristoranti italiani. Si sa che il Parmesao brasiliano, il Regianito argentino, il Parma Ham e il Daniele Prosciutto americani, l'Asiago del Wisconsin, la Mozzarella di Dallas e il Danish Grana danese hanno conquistato i mercati tanto da valere, i falsi , 50 miliardi di euro rispetto ai 20 miliardi dell'export agroalimentare autenticamente italiano. Ma adesso si scopre che il falso tocca pure le ricette tipiche del nostro patrimonio gastronomico. Una ricerca promossa dall'Accademia Italiana della Cucina in collaborazione con il Comando Carabinieri della salute (i Nas) rivela che su 530 segnalazioni di veri e propri falsi culinari - piatti che hanno un nome preciso ma sono preparati secondo ingredienti e procedimenti flQfl canonici - ben 360, oltre il 70%, sono realizzati in Italia. Le ricette canoniche, invece, sono le 2000 catalogate nel ricettario nazionale dell'Accademia Italiana della Cucina. «Non vogliamo suscitare allarmismo e un piatto frutto di una ricetta falsificata non è pericoloso per la salute ma può esserlo per quella della gastronomia nazionale», sostiene Giovanni Ballarini, presidente dell'Accademia Italiana della Cucina. Certo, applicata alla lettera, la lezione dell'Accademia sarebbe vissuta come una camicia di forza dagli eccellenti cuochi innovatori, dai cultori della fusion intelligente. In realtà è un richiamo, che fa bene a tutti, alla verità e all'identità dei piatti regionali. Aggiunge Ballarini: «Definito il modello di un piatto attraverso i prodotti e i procedimenti, di questo piatto sono lecite diverse interpretazioni, secondo la fantasia e la sensibilità di chi lo realizza. Ma sui fondamentali non ci possono essere equivoci e inganni».

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