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"Sulla valutazione e sull’adozione delle misure di sicurezza antincendio"
fonte PuntoSicuro / Rischio incendio
17/10/2011 -
Questa sentenza della Corte di Cassazione ci insegna che in generale le misure di sicurezza adottate a seguito di una valutazione dei rischi aziendali devono comunque rispettare i requisiti minimi imposti dalle disposizioni di legge emanate in materia e possono essere migliorative e non più restrittive rispetto agli stessi e che comunque una eventuale valutazione sulla insussistenza di un rischio o una sua sottovalutazione non autorizzano in ogni caso a scendere al di sotto dei limiti minimi di sicurezza fissati dalle disposizioni di legge impartite in materia.
Il caso e il ricorso in Cassazione
Questa sentenza della Corte di Cassazione ci insegna che in generale le misure di sicurezza adottate a seguito di una valutazione dei rischi aziendali devono comunque rispettare i requisiti minimi imposti dalle disposizioni di legge emanate in materia e possono essere migliorative e non più restrittive rispetto agli stessi e che comunque una eventuale valutazione sulla insussistenza di un rischio o una sua sottovalutazione non autorizzano in ogni caso a scendere al di sotto dei limiti minimi di sicurezza fissati dalle disposizioni di legge impartite in materia.
Nel caso in esame il rischio preso in
considerazione è quello relativo ad un possibile incendio in una azienda
esercente attività di autolavaggio nella quale erano stati installati diversi estintori
nei vari reparti dell’azienda stessa ma
non anche su di un piazzale destinato al lavaggio dei mezzi di trasporto in
quanto questo era stato ritenuto dal gestore dell’esercizio scevro dal rischio
specifico per essere una zona comunemente umida e bagnata e fornita altresì, se si fosse reso necessario,
di sistemi idonei alla erogazione di potenti gettiti di acqua. La Corte di
Cassazione ha ribadito quanto già in precedenza deciso nei precedenti gradi di
giudizio ed ha individuato nel comportamento del gestore una omissione di
cautele antinfortunistiche sostenendo che anche sul piazzale potesse
verificarsi un incendio per la presenza dei mezzi di trasporto forniti di una
notevole quantità di carburante.
Il caso e il ricorso in Cassazione
Il gestore dell’autolavaggio ha fatto ricorso in Cassazione
avverso la sentenza di condanna della Corte d'Appello che, in riforma di quella
emessa nei suoi confronti dal Tribunale in ordine ai reati di cui all'art. 51
comma 2 del D. Lgs 22/97 (capo B), all’art. 674 cod. pen. (capo C), all’art.
437 cod. pen. (capo D), all’art. 451 cod. pen. (capo E), all’artt. 624-625 n. 2
cod. pen. (capo F) ed all’artt. 3 comma 2, lett. b) D. Lgs 95/92 (capo G), lo
ha assolto dai reati di cui ai capi D) ed F), perché il fatto non costituisce
reato, nonché ha dichiarato non doversi procedere in ordine ai reati di cui ai sopraindicati
capi B), C) e G), perché estinti per intervenuta prescrizione, ed ha inoltre rideterminato
la pena in ordine al reato di cui al capo E).
L’imputato, in particolare, ha lamentato che gli fosse stato
contestato il reato di cui all'art. 451 cod. pen. per avere, quale titolare
della ditta, omesso di collocare idonei dispositivi antincendio
benché nell'istruttoria dibattimentale fosse emerso in modo inconfutabile che
presso gli uffici del proprio autolavaggio, nonché presso i limitrofi locali
ristorante, era presente un numero adeguato di estintori.
Tali dispositivi antincendio erano risultati mancanti solo nel piazzale
all'aperto dove veniva effettuato il lavaggio dei mezzi e dove non venivano
trattati certamente materiali e/o oggetti a rischio di incendio. L’imputato ha
contestato, altresì, che la Corte d'Appello ha ritenuto che fossero state
violate le norme basandosi solo sulla omessa adozione dei presidi antincendi
non rilevando, però, che nel caso particolare la norma stessa non poteva
trovare applicazione proprio per la mancanza del rischio
di incendio. Secondo lo stesso, inoltre, stante la natura di reato di
pericolo della violazione contestata, era comunque necessario che sussistesse e
si configurasse oggettivamente tale situazione di pericolo da prevenire. Il
ricorrente ha, quindi, concluso considerando tra l’altro che l'omessa
predisposizione di dispositivi antincendio ha riguardato non l'intero complesso
aziendale ma soltanto una zona specifica dello stesso e più precisamente il
piazzale destinato all'attività di autolavaggio risultato dotato di
attrezzature quali pompe capaci di erogare abbondanti getti d'acqua e più in
generale tali da creare una zona completamente umida e bagnata per cui non si
poteva rappresentare alcun pericolo né specifico né generico di incendio.
Le
decisioni e le relative motivazioni della suprema Corte
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso presentato
dall’imputato e lo ha pertanto rigettato. In materia di omissione colposa di
cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro di cui all’art. 451 del
codice penale, ha sostenuto la Corte suprema la condotta punibile, mirando la
norma a limitare i danni derivanti dall’incendio, dal disastro o dall’infortunio
sul lavoro nelle ipotesi in cui detti eventi si dovessero verificare, è quella
che consiste nella omessa collocazione ovvero nella rimozione, ovvero ancora
nella resa inidoneità allo scopo degli apparecchi e degli altri mezzi
predisposti alla estinzione dell'incendio nonché al salvataggio o al soccorso
delle persone per cui ne consegue che non si richiede anche che si verifichi in
concreto uno di tali eventi, i cui ulteriori danni la norma mira ad impedire o,
comunque, a limitare.
“
La deduzione di fatto circa
la mancata adozione dei presidi antincendio in una zona in cui non
sussisterebbe il pericolo di incendio” ha proseguito la suprema Corte, “
correttamente non è stata considerata dalla
Corte distrettuale, essendo del tutto evidente che, se per l'esercizio di una
certa attività come quella di cui è titolare il ricorrente, la legge prescrive
l'adozione, per la pericolosità in sé dell'attività esercitata, di determinate
misure antinfortunistiche in tutti i luoghi dell'azienda ed in ogni parte di
essa ove viene svolta l'attività, non può essere rimessa alla discrezionale
volontà del gestore individuare le zone ove il pericolo di incendio sussiste e
quelle ove non sussiste”. “È, infatti, opinabile”, ha quindi sostenuto la
Sez. IV, “
asserire che, laddove sussiste
una situazione di umidità o di bagnato, l'incendio non potrebbe mai verificarsi
e che, quindi, manca l'elemento del pericolo richiesto dalla norma
incriminatrice, in quanto è scientificamente dimostrato che liquidi
infiammabili (nel caso di specie veniva effettuata anche l'attività di lavaggio
rapido di automezzi pesanti e leggeri con la possibilità che da essi potessero
fuoriuscire carburanti), pur mischiandosi con l'acqua, mantengono la loro
capacità incendiaria” (a conforto di quanto appena dichiarato dalla suprema
Corte lo scrivente riferisce di aver svolto le indagini in merito ad un
infortunio mortale accaduto in una stazione di servizio a seguito appunto di un
incendio sviluppatosi durante il lavaggio di un mezzo di trasporto che da poco
aveva scaricato del carburante in una stazione di servizio).
“
La scelta eventuale di non
ritenere sussistente il pericolo di incendio in un determinato luogo
dell'azienda ove viene svolta un'attività che richiede l'adozione delle misure
antincendio”, ha quindi concluso la Sez. IV
, “può essere rimessa solo all'organo tecnico deputato al controllo ed
al rilascio delle relative autorizzazioni, ma non certo, alla parte interessata”.
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