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"Terremoto: migliorare i piani di emergenza e evacuazione"

fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza

17/07/2012 - Il momento successivo agli  eventi sismici è generalmente fecondo di discussioni, approfondimenti, valutazioni che mettono a nudo le  carenze nella prevenzione e nella gestione delle emergenze e permettono di affrontare il domani con maggior consapevolezza e sicurezza. Alcune carenze evidenziate dagli eventi sismici dei mesi scorsi, che hanno colpito le regioni dell’Emilia Romagna e, in minor parte, della Lombardia, sono relative alla predisposizione di  Piani di Emergenza e Evacuazione (PEE).
 
Affronta questo tema la  Circolare prot. 0086009 del 20 giugno 2012 elaborata dalla Direzione sanitaria della  ASL di Brescia e trasmessa ad alcune parti sociali, alle associazioni di imprenditori, alla Protezione Civile e al Comando dei Vigili del Fuoco a Brescia.
In “ Piani di emergenza e di evacuazione in occasione di catastrofi naturali, con particolare riguardo ai terremoti", si ricorda che dopo il “pesante carico di vittime tra i lavoratori” legati alle  scosse sismiche di questi mesi diventa più che mai necessario che ogni impresa predisponga interventi per fronteggiare questa calamità naturale e garantire l’incolumità dei lavoratori, o quantomeno il contenimento dei danni umani.
 
Già il D. Lgs. 626/1994 aveva introdotto alcuni precisi obblighi per i datori di lavoro e tra questi, la predisposizione di un  Piano di Emergenza e Evacuazione, “inteso come strumento idoneo a valutare i rischi conseguenti a situazioni di emergenza interna o esterna e a predisporre le necessarie misure tecniche, organizzative e procedurali”. Un Piano che non solo prefigura un’attenta valutazione dei rischi e una definizione degli strumenti necessari per gestire l’emergenza ma anche la classificazione degli incidenti secondo gravità e tipologia di evoluzione, nonché “ambiti di responsabilità, aree operative e di controllo, strumenti di intervento, modalità per l’evacuazione e l’attivazione della Pubblica Autorità”.
 
Il Decreto legislativo 81/2008 ha ripreso sostanzialmente i precetti della precedente normativa e, in particolare la circolare ricorda che il Testo Unico prevede tra le  misure generali di tutela  le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato (art. 15 comma 1 lett. u).

Dopo aver ricordato gli obblighi dei datori di lavoro e del dirigente, anche con specifico riferimento alla gestione delle emergenze (art. 18 e art. 43 D.Lgs. 81/2008), l’ASL sottolinea tuttavia che “ la quasi totalità dei PEE redatti dalle imprese appartenenti a tutti i settori di attività si presentano troppo spesso generici e privi dei necessari requisiti sopra richiamati. Sulla specifica previsione di eventi naturali esterni catastrofici, con particolare riguardo ai terremoti, si limitano solamente a generiche indicazioni di comportamento”.
Da parte di “una moltitudine di datori di lavoro” è dunque ancora carente l’approccio alla gestione delle emergenze “con la conseguente diffusa inadeguatezza a fronteggiare anche calamità naturali con potenzialità devastante sui lavoratori”.
 
È dunque necessario “uno sforzo straordinario di tutti i datori di lavoro per rivalutare, anche alla luce delle conseguenze dei più recenti terremoti, l’adeguatezza di quanto realizzato su questo argomento”.
I datori di lavoro lombardi devono essere consapevoli che in una scala con livello di rischio decrescente da 1 a 4, “ la nuova mappatura delle zone sismiche colloca la Lombardia in classe 4, la maggior parte dei Comuni della Provincia di Brescia in classe 3, ma con le aree geografiche della Valsabbia, Garda e sud-ovest in classe 2, cioè pericolosità sismica ‘media’, dove possono verificarsi terremoti abbastanza forti. Questo aspetto non va sottovalutato da parte di chi deve gestire PEE in queste aree (la mappatura è disponibile sul sito web della Protezione Civile di Brescia)”.
 
La circolare segnala alcuni punti critici per un corretto approccio alla emergenza relativa al terremoto:
- “preliminare alla predisposizione di misure di prevenzione e protezione è la stesura del PEE interno, che renda visibili i possibili eventi avversi connessi con la specifica attività lavorativa e li connetta all’eventualità del terremoto;
-  il datore di lavoro dovrà verificare, alla luce della mutata classificazione per zone sismiche del territorio italiano successiva al terremoto dell’Aquila, in quale grado di rischio si colloca l’area in cui insistono gli stabilimenti, considerando la forte differenziazione da zona a zona del grado di sismicità; questo aggiornamento è disponibile nei singoli Comuni e dovrà necessariamente essere inserito nel PEE;
- “fatta questa verifica e constatato che la zona geografica è stata dichiarata a rischio non più di ‘debole attività’, diversamente dal passato, si tratterà di considerare che le strutture edilizie che prima potevano rispettare le norme vigenti oggi non presentano più queste caratteristiche. Capannoni industriali che in passato erano stati progettati considerando solo i ‘carichi verticali’, dove travi e pilastri sono retti da un sistema di appoggi e di incastri, oggi risultano inadeguati in zone sismiche dichiarate a rischio non di ‘debole attività’ e con terremoti connotati da movimenti oscillatori orizzontali”. Inoltre va fatta un’ulteriore verifica “per conoscere se capannoni industriali installati dopo il 2009, che dovrebbero essere conformi a direttive rispondenti a criteri costruttivi antisismici (D.M. 14.09.2005), hanno effettivamente rispettato queste norme tecniche. Conclusivamente, si tratterà quantomeno di rendere esplicito nel PEE se il capannone costruito in passato si trova oggi a rispettare le norme tecniche, alla luce della nuova classificazione delle zone sismiche”;
-  “poiché tra gli effetti del terremoto a maggior potenzialità distruttiva vi è il collasso della struttura edilizia degli ambienti di lavoro, particolarmente artigianali e industriali, spesso composta da elementi prefabbricati, si renderebbe utile una specifica valutazione della tipologia dell’edificio e della sua capacità di reggere gli effetti del terremoto, particolarmente se di natura oscillatoria orizzontale; tale valutazione potrebbe essere di spunto sia agli interventi di risanamento laddove possibile, sia alla re-ingegnerizzazione dei layout produttivi e degli spazi quando non è possibile altra soluzione;
- tra le misure necessarie per il contenimento del danno dovranno essere individuate specifiche aree di sicurezza (‘punti sicuri’) dove convogliare i lavoratori da evacuare, collocando adeguata segnaletica e prestando particolare attenzione alla individuazione delle opportune vie di fuga e agli ostacoli che in tale evento si  interpongono come, ad esempio, la fuoriuscita dalle scaffalature dei materiali ivi contenuti; conseguentemente, saranno predisposte specifiche procedure da adottare in caso di terremoto;
- andrà maggiormente curata l’ informazione per i lavoratori e la specifica formazione, particolarmente per la squadra di addetti all’emergenza; la verifica della congruità del PEE sarà consentita anche attraverso appropriate esercitazioni pratiche sul luogo di lavoro, preferibilmente documentate e verbalizzate”.
 
La circolare continua ricordando che il miglioramento dei PEE passa anche attraverso un’integrazione e valutazione di “ogni altro evento esterno di origine naturale o antropica capace di coinvolgere l’ambiente di lavoro, quali ad esempio il rischio idrogeologico, le frane, le inondazioni, le trombe d’aria, le valanghe, gli incendi boschivi, il collasso di grandi dighe e la prossimità ad industrie a rischio di incidente rilevante ed altro”.
La Protezione Civile ha definito l’ elenco degli scenari di rischio relativi alla Provincia di Brescia suddiviso per Comuni, un elenco che può rappresentare un utile strumento di valutazione iniziale, finalizzato appunto, ove necessario, all’integrazione dei PEE.
 
La circolare si conclude ribadendo che nei luoghi di lavoro gli sviluppi e le conseguenze di situazioni di emergenza legate a fattori esterni, come il terremoto, dipende  in gran parte dalla “capacità dei datori di lavoro di realizzare un corretto percorso per la gestione, nel suo complesso, di ogni passaggio necessario a garantire il massimo livello possibile di contenimento del danno per i lavoratori”, anche in ottemperanza a quanto richiesto dalla normativa vigente.
 
 
 

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