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"L'Autocertificazione dell'avvenuta valutazione dei rischi"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
25/01/2013 -
1. Aspetti
generali
Il D.Lgs. n. 81/2008 all'art. 29 prevede
modalità
differenziate per svolgere la valutazione dei rischi, che variano in base
al numero dei lavoratori la cui attività viene direttamente organizzata dal
datore di lavoro. Le aziende che occupano fino a 50 lavoratori e che non
presentano particolari profili di rischio potranno seguire una procedura
standardizzata per effettuare la valutazione dei rischi, emanata con un decreto
interministeriale. Mentre quelle che occupano fino a 10 lavoratori possono autocertificare
l'avvenuta valutazione dei rischi, e, alla scadenza di tale facoltà,
potranno seguire una procedura standardizzata, emanata con un decreto
interministeriale.
La
Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro
istituita ai sensi del D.Lgs. n.81/2008 ha approvato il 16 maggio 2012 le
procedure standardizzate per la valutazione dei rischi nelle aziende che
occupano fino a 10 lavoratori.
Le
nuove procedure sono state recepite attraverso un decreto interministeriale,
del 30 novembre 2012, in vigore dal 4 febbraio 2013, e che avrà effetto
rendendo obbligatoria in ogni caso la valutazione dei rischi dal 4 maggio 2013.
All’entrata in vigore delle procedure, successivamente alla pubblicazione, i
datori di lavoro delle aziende fino a 10 lavoratori potranno quindi procedere
alla valutazione dei rischi come previsto dal comma 5 dell’articolo 29 del
D.lgs. 81/08 e dopo tre mesi, che è la circostanza vigente, o comunque non
oltre il 30 giugno 2013 (circostanza inapplicabile in quanto già pubblicate
le procedure standardizzate), cesserà anche il regime transitorio che
consente a questi datori di lavoro di autocertificare l’effettuazione della
valutazione dei rischi. .
La
possibilità di autocertificazione terminerà infatti il terzo mese successivo
alla data di entrata in vigore delle procedure standardizzate (che è il 4
maggio 2013), così come previsto dalle modifiche apportate dal recente
DECRETO-LEGGE 12 maggio 2012, n. 57 all’art. 29 comma 5 del D.lgs. 81/08, che
ora recita:
“5. I datori di
lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi
di cui al presente articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui
all’articolo 6, comma 8, lettera f). Fino alla scadenza del terzo mese
successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui
all'articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 31 dicembre
2012, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l’effettuazione della
valutazione dei rischi. Quanto previsto nel precedente periodo non si applica
alle attività di cui all’articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonché
g)”.
Nell’attesa dell'entrata in vigore delle procedure
standardizzate:
- per le aziende fino a 10
dipendenti, è consentita l’autocertificazione;
- per le aziende fino a 50
dipendenti si applicano le regole ordinarie (articolo 29 D.Lgs. n. 81/2008)
L'articolo 29 comma 5 del Decreto
legislativo 81/2008 come modificato prima dall’articolo 1, comma 2, del Decreto
Legge 12 maggio 2012, n. 57, in vigore dal 14 maggio 2012 - coordinato con la
legge di conversione 12 luglio 2012, n. 101, in vigore dal 14 luglio 2012 – e
poi dalla legge del 24 dicembre 2012, n. 228 “Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” attualmente così prevede:
Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 - Articolo 29 - Modalità di
effettuazione della valutazione dei rischi […] 5. I datori di lavoro che
occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al
presente articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui all’articolo
6, comma 8, lettera f). Fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data
di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all’articolo 6, comma
8, lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2013, gli stessi datori di lavoro
possono autocertificare l’effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto
previsto nel precedente periodo non si applica alle attività di cui
all’articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonchè g)”.
Ovvero in questo caso non è che i
datori di lavoro non valutano il rischio,
valutano
comunque tutti i rischi connessi con l'attività lavorativa, la disposizione
è esplicita, esattamente come prescritto dall'art. 28 e dall'intero D.Lgs. n.
81/2008, senza l'obbligo esplicito e diretto di consacrare in forma
completa
e dettagliata questa attività: vale a dire è deducibile un obbligo di
valutazione scritta dei rischi più sintetico ed essenziale, semplificato.
Occorre peraltro notare che sul
rischio
cancerogeni non è sufficiente l'autocertificazione (che significa
valutare in modo sintetico e libero i rischi), l'articolo 236 del testo unico
D.Lgs. 81/2008 è chiaro: è inderogabilmente richiesta, a pena di sanzione
penale, l'indicazione di una serie di dati ben definiti. Dunque in materia di
agenti cancerogeni l'autocertificazione non basta, ma occorre redigere un
documento scritto che è parte integrante del documento di valutazione dei
rischi avente le caratteristiche prescritte dall'articolo 236 comma 4 che si
riposta:
Articolo 236
- Valutazione del rischio
[…]
4. Il
documento di cui all'articolo 28, comma 2, o l’autocertificazione
dell’effettuazione della valutazione dei rischi di cui all’articolo 29, comma
5, sono integrati con i seguenti dati:
a) le
attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati
cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui all’ ALLEGATO XLII, con
l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i
quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti
ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero
dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o
mutageni;
d)
l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure
preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione
individuale utilizzati;
f) le
indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le
sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
Negli altri casi in cui non sono
presenti agenti cancerogeni, poiché la legge ne prevede l'obbligo, l'ufficiale
di polizia giudiziaria, u.p.g., nonché il pubblico ministero in caso di
indagine penale, può però sempre legittimamente richiedere al datore di lavoro
di fornire comunque il documento di
valutazione dei rischi, seppur sintetico e semplificato, anche per
dimostrare che l'autocertificazione è veritiera e non menzognera, che è comunque
avvenuta la valutazione dei rischi, attraverso un qualunque documento scritto.
In tal senso va detto chiaramente che
non
redigere la valutazione scritta e aggiornata di tutti i rischi può comportare
grossi rischi legali per qualunque azienda per le aziende, anche per quelle che
impiegano 10 o meno lavoratori.
2. La giurisprudenza, gli organi di
vigilanza e l'obbligo inderogabile per le aziende che autocertificano la
valutazione dei rischi di redigere un documento sintetico di valutazione
La pregevole pronuncia della Cassazione
Penale Sezione III - Sentenza n. 23968 del 15 giugno 2011 L.C.S., ha
definitivamente stabilito che
autocertificare
la effettuazione della valutazione dei rischi non significa che il datore
di lavoro non debba provvedere ad effettuare la valutazione dei rischi secondo
le modalità stabilite dalla legge ma che una volta effettuata tale valutazione
il datore di lavoro stesso è tenuto comunque ad elaborare con
l’autocertificazione un documento dal contenuto valutativo pieno, sia pure
senza l'estrema analiticità richiesta per le attività di maggiori dimensioni,
sia pure meno analitico.
La sentenza in esame è stata emessa su
un fatto avvenuto all'epoca della vigenza delle disposizioni dall’abrogato D.
Lgs. 19/9/2004 n. 626 ma le stesse disposizioni sono state recepite
integralmente dal D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 recante il Testo Unico in materia di
salute e di sicurezza sul lavoro, attualmente in vigore. La Cassazione ha anche
precisato che sussiste una continuità normativa fra le disposizioni dell’art. 4
del D. Lgs. n. 626/1994 e quelle di cui agli articoli 17, 28 e 29 del D. Lgs.
n. 81/2009 motivo per il quale non può essere invocato l’abolitio criminis.
Il caso riguarda il titolare di una ditta
che svolge attività di impermeabilizzazione è stato imputato del reato di cui
al D. Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 comma 2, perché,
in qualità di datore di lavoro
ha omesso di elaborare un documento di valutazione dei rischi per la sicurezza
e salute dei lavoratori. Tale omissione era stata accertata dal personale
dell’organo di vigilanza nel corso di una visita ispettiva il quale, durante il
sopralluogo in azienda, aveva rinvenuto a lavorare due operai dipendenti della
ditta, della quale il legale rappresentante era l’imputato, ed aveva contestato
allo stesso con apposito verbale di ispezione la violazione all’allora art. 4
comma 2 del D. Lgs n. 626/1994 (ora art. 17 del D. Lgs. 9 aprile 2008) per non
aver appunto elaborato il documento
di valutazione dei rischi per la sicurezza dei lavoratori. Il
Tribunale ha dichiarato il datore di lavoro colpevole del reato a lui ascritto
e lo ha condannato alla pena di 1.500 euro di ammenda oltre al pagamento delle
spese processuali.
Avverso la sentenza pronunciata dal
Tribunale l'imputato ha proposto ricorso per cassazione motivandolo con la
citazione dell’art. 4 comma 11 del D. Lgs. n. 626/1994 secondo il quale
"il datore di lavoro delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è
soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad
autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei
rischi”. Per cui lo stesso ha sostenuto che il documento di valutazione dei
rischi per la sicurezza e salute dei lavoratori fosse obbligatorio e soggetto a
ispezione per le sole aziende che occupino più di dieci addetti contestando in
più che nell’occasione non sarebbe stata in alcun modo accertata la reale
consistenza dell'azienda e il numero dei dipendenti effettivamente occupati.
La Corte di Cassazione ha ritenuto
infondato il ricorso ed ha ricordato in proposito che il comma 11 del citato
art. 4 del D. Lgs. n. 626/1994 prevedeva effettivamente che il datore di lavoro
delle aziende che occupassero fino a dieci addetti non era soggetto agli obblighi
di cui ai commi 2 e 3 dello stesso articolo e che quindi era esonerato, in
particolare dal predisporre e tenere il documento di valutazione dei rischi nel
contenuto di cui al secondo comma consistente in una relazione sulla
valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella
quale devono essere specificati i criteri adottati per la valutazione stessa,
l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi
di protezione individuale, in relazione alla valutazione stessa, nonché il
programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel
tempo dei livelli di sicurezza.
“
Ciò non esonerava anche il datore
di lavoro”, ha proseguito la Sez. III. “
dal predisporre e tenere il
documento di valutazione dei rischi nel contenuto meno analitico di cui al
comma 1; documento che doveva comunque contenere la valutazione di tutti i
rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli
riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, anche nella
scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici
impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro”.
La suprema Corte, rammentando quindi
che l'obbligo della valutazione dei rischi e di elaborazione del relativo
documento è ora confermato dal D. Lgs. n. 81/2008 con gli artt. 17, 28 ed art.
29 comma 5, e che tale decreto prevede parimenti modalità semplificate di
adempimento di tale obbligo per i datori di lavoro che occupino fino a dieci dipendenti,
ha quindi confermata la legittimità della sentenza impugnata concludendo che
“c'è quindi continuità normativa con conseguente esclusione dell'abolitio
criminis per effetto dell'abrogazione della disposizione recante
l'incolpazione” [Corte di Cassazione - Sezione III Penale -
Sentenza n. 23968 del 15 giugno 2011, L.C.S.]. Se ne deduce che il datore
di lavoro di un'attività per la quale è consentita l'autocertificazione
dell'avvenuta valutazione dei rischi, deve sempre, comunque e in ogni caso effettuare
una valutazione scritta dei rischi con un “
documento che d...ev...[e]
comunque ... la valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e per la salute
dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a
rischi particolari, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle
sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei
luoghi di lavoro”: “il documento di valutazione dei rischi nel contenuto meno
analitico” di quello previsto per le attività che non possono fruire
dell'autocertificazione, ma in ogni caso sempre un documento minimo conforme ai
requisiti dettati dall'articolo 28 e altri del D.Lgs. n. 81/2008.
Il Servizio di Prevenzione e Sicurezza
degli Ambienti di Lavoro dell’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di
Bergamo, ha reso disponibile da tempo un
modello predisposto per l’autocertificazione.
Riguardo a questo modello la Asl
precisa che
“la prescrizione normativa relativa ai contenuti
dell'autocertificazione si può interpretare sia restrittivamente come una pura
e semplice dichiarazione di effettuazione dell'adempimento, sia in senso più
estensivo come sintesi, magari sommaria, dei criteri utilizzati, dei rischi
valutati, delle misure adottate e previste e della loro programmazione”. Il
modello presentato si situa a metà tra questi estremi. Però in effetti, non di
estremi trattasi, ma di tre interpretazioni, due sbagliate, tra cui quella
della Asl di Bergamo, e
una sola corretta, che risulta essere, in base
all'insegnamento inconfutabile della Suprema Corte di Cassazione (l'importanza
decisiva della sentenza è attestata anche dal fatto che il governo italiano
l'ha utilizzata per evitare una sanzione
dalla commissione europea che chiedeva spiegazioni sulla presunta natura
illegittima dell'autocertificazione italiana, che se interpretata come semplice
dichiarazione di avvenuta valutazione dei rischi è in contrasto insanabile con
la Direttiva n. 391 del 1989, se invece interpretata come sostiene la sentenza
e il governo italiano di fronte alla Commissione, significa per il datore di
lavoro redigere comunque un documento scritto di valutazione dei rischi),
quella per cui le aziende che autocertificano devono contestualmente
predisporre sempre almeno un documento scritto recante una “sintesi, magari
sommaria, dei criteri utilizzati, dei rischi valutati, delle misure adottate e
previste e della loro programmazione”.
In tal senso gli inutili, e scadenti, giochi
di prestigio del legislatore italiano, che si diletta nell'assai poco serio e
per nulla divertente gioco delle proroghe
infinite, non devono essere tenuti in alcuna considerazione dai datori di
lavoro tenuti all'applicazione della normativa prevenzionistica ed antinfortunistica,
i quali devono invece provvedere a realizzare e mantenere aggiornato, con
l'autocertificazione, un documento minimo di valutazione dei rischi, con la
possibilità eventuale di avvalersi, se lo ritengono utile e necessario, delle
c.d. Procedure standardizzate approvate con Decreto Interministeriale del 30
novembre 2012, in vigore dal 4 febbraio 2013.
In ogni caso il modello di
autocertificazione previsto dalla Asl di Bergamo è, come la legge esige, “una
certificazione di avvenuto adempimento che fa anche intravedere il percorso
fatto e programmato, senza entrare nel dettaglio tecnico”.
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