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"La sicurezza nell’uso dei solventi"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
12/02/2013 - Se le innovazioni tecnologiche in molte attività hanno reso possibile l’utilizzo
di tecniche e sostanze che hanno ridotto i rischi professionali dei lavoratori,
i
prodotti contenenti solventi
sono tuttora ampiamente diffusi.
Prodotti che è necessario usare, conservare e smaltire correttamente per
evitare danni per la salute, dell’uomo e l’ambiente, e per evitare incendi
e esplosioni.
Per
favorire la prevenzione di tutti questi rischi, Suva - istituto svizzero per l'assicurazione e la prevenzione
degli infortuni – ha prodotto il documento “
Sicurezza nell’uso dei solventi. Informazioni tecniche per gli
specialisti della sicurezza sul lavoro e altri esperti”.
La
pubblicazione offre molte informazioni, ad esempio spiegando cosa siano i
solventi.
I
solventi sono infatti “liquidi che
sono in grado di sciogliere altre sostanze (allo stato solido, liquido o
gassoso) o estrarle da altre sostanze, senza tuttavia subire alterazioni
chimiche”. Le miscele “omogenee di sostanze contenute in un solvente sono
chiamate ‘soluzioni’”.
Se
l’acqua è “senza dubbio il solvente più comune, più economico e più adatto dal
punto di vista della sicurezza e della salute degli utilizzatori”. Tuttavia la
sua “struttura molecolare” ne limita l’impiego.
Attualmente
i
solventi organici utilizzati più
comunemente sono:
-
solventi contenenti ossigeno: alcoli
(es. isopropanolo, etanolo), esteri (es. acetato di etile, acetato di butile),
chetoni (es. acetone, metiletilchetone [MEK]), glicoli (es. glicole
etilenico), eteri (es. etere etilico,
metilterbutiletere [MTBE]);
-
solventi contenenti idrocarburi:
solventi non aromatici derivati dal petrolio e solventi a basso contenuto di
composti aromatici (es. acquaragia dearomatizzata, distillati di petrolio
trattati con idrogeno, nafta pesante o leggera, benzine speciali); idrocarburi
aromatici (es. toluolo, xilolo);
-
solventi alogenati (impieghi molto
limitati e regolamentati): idrocarburi clorurati (es. percloroetilene,
diclorometano), idrofluoroalcani (HFA), idrofluoreteri (HFE).
Bisogna
tuttavia sottolineare che i solventi “sono spesso immessi sul mercato sotto
forma di
miscele” e la loro
composizione “è definita spesso soltanto in modo approssimativo e, di conseguenza,
le loro proprietà fisico-chimiche e tossicologiche possono variare da una
fornitura all’altra”.
Rimandando
i nostri lettori al documento originale in relazione a etichettatura, schede di
sicurezza, proprietà fisico-chimiche, pericoli
di incendio ed esplosione, diamo qualche informazione sui
pericoli derivanti dall’utilizzo dei
solventi. Pericoli che “non dipendono soltanto dalle loro proprietà
fisico-chimiche e non si limitano unicamente agli incendi e alle esplosioni”.
“L’uso
improprio della maggior parte dei solventi può causare
irritazioni, ustioni o intossicazioni acute e croniche”. E le sostanze
pericolose “possono penetrare nell’organismo in svariati modi. Nel caso dei
solventi, l’inalazione dei vapori costituisce il pericolo più grande. La penetrazione
percutanea è meno frequente, ma deve essere presa in considerazione. Inoltre,
la cute può essere danneggiata in seguito al contatto con un solvente”.
Secondo
Suva le
misure di protezione
previste per la manipolazione dei solventi, misure volte a ridurre o eliminare
i rischi correlati al luogo di lavoro, devono seguire il
principio STOP:
-
sostituzione delle sostanze o
procedure pericolose;
-
misure
tecniche (protezione
collettiva);
-
misure
organizzative;
-
misure di
protezione individuale”.
Rimandando
ad altri articoli l’approfondimento sulle misure tecniche, organizzative e di
protezione, segnaliamo che lo
scopo
della sostituzione delle sostanze o procedure pericolose è ridurre i rischi
per la salute dei lavoratori e migliorare le condizioni di lavoro.
Tuttavia,
nella pratica, non è sufficiente “sostituire semplicemente un prodotto o un
procedimento con un altro”.
Ad
esempio non sarebbe accettabile “che una sostanza CMR
(cancerogena, mutagena, reprodutossica, ndr) venisse sostituita con una
sostanza meno nociva ma facilmente infiammabile senza tener conto dei nuovi
rischi. Inoltre, le conoscenze nel campo della
tossicologia evolvono molto rapidamente. È possibile che una soluzione,
considerata oggi non pericolosa, debba essere messa in discussione dopo alcuni
anni. Per questi motivi, si deve effettuare una valutazione
dei rischi per una sostanza alternativa o una procedura presumibilmente
sicura, prima di adottarla”.
Il
documento riporta a questo proposito alcuni
esempi di come sostituire o ridurre i solventi.
Riguardo
alla
sgrassatura “in alternativa
alle miscele di idrocarburi o ai solventi alogenati, sono proposte le seguenti
soluzioni:
-
prodotti detergenti a base acquosa:
i detergenti impiegati possono essere acidi, alcalini o neutri e possono
contenere quantità esigue di solventi (es. etere glicolico);
-
liquidi infiammabili con un punto di
infiammabilità elevato (55–100 °C) in impianti a ciclo chiuso: in tali
impianti, per esempio, componenti meccanici di precisione vengono sgrassati in
un bagno ad immersione o puliti in fase di vapore e asciugati sotto vuoto. Il
solvente è continuamente rigenerato”.
Nel
caso delle
vernici si segnala che i
fabbricanti “hanno compiuto enormi sforzi per soddisfare le disposizioni
previste per la protezione dei lavoratori e dell’ambiente. Anche se in molti
campi di applicazione sono ancora impiegati prodotti con una percentuale di
solventi, sono già stati compiuti progressi in diversi settori:
-
vernici ad alto contenuto di corpi
solidi: “le nuove formulazioni sono simili ai prodotti contenenti solventi
finora utilizzati, ma la concentrazione dei corpi solidi è aumentata dal 30%
circa fino al 70%–80%”. L’impiego di questi prodotti “può avvenire con le
tecniche tradizionali”;
-
vernici a basso contenuto di solventi:
“le vernici a
base acquosa contengono poco solvente organico. Una quantità esigua è
tuttavia necessaria per migliorare l’omogeneità e la stabilità durante lo
stoccaggio e per facilitarne l’impiego”. In base al tipo di resina utilizzato,
“si distinguono le seguenti formulazioni: pitture idrosolubili in cui le resine
(resine alchidiche o acriliche) sono dissolte in una miscela di acqua e 10%–20%
di solvente, spesso una miscela di eteri glicolici; pitture diluibili
all’acqua, in cui la resina non è idrosolubile, ma è dispersa (dispersione
colloidale) o emulsionata (emulsione) nell’acqua con l’aggiunta del 2%–5% di un
coadiuvante filmogeno”;
-
vernici in polvere per la termolaccatura:
“queste pitture non contengono nessun tipo di solvente”. La polvere è formata
da resine termoindurenti. A secondo dell’impiego, può
trattarsi di poliestere, poliuretano, composti epossidici, resina acrilica,
polimeri fluorurati o composti di diversi tipi di resina. La polvere è
spruzzata con una pistola a spruzzo triboelettrica o elettrostatica ad effetto
corona sul pezzo in lavorazione messo a terra. I pezzi rivestiti sono
introdotti successivamente in un forno, in cui lo strato di colore forma una
pellicola liscia e resistente grazie all’azione del
calore”. E i forni
tradizionali (forni a convezione) “sono sostituiti sempre più spesso da sistemi
di riscaldamento a raggi infrarossi (IR), a raggi UV o a induzione”.
Ricordiamo,
per concludere, che “i solventi sono utilizzati in tutti i settori,
specialmente nell’industria, per via delle loro proprietà”: si va ad esempio
“dalla sgrassatura di componenti metallici all’estrazione di sostanze chimiche,
al lavaggio a secco di indumenti, alla fluidificazione di sostanze e alla diluizione
di pitture”.
Nel
documento, che vi invitiamo a visionare, è presente una tabella non esaustiva
dei
campi di impiego dei solventi.
N.B.: I riferimenti
legislativi contenuti nei documenti di Suva riguardano la realtà svizzera, i
suggerimenti indicati possono essere comunque di utilità per tutti i lavoratori.
Suva,
“ Sicurezza
nell’uso dei solventi. Informazioni tecniche per gli specialisti della
sicurezza sul lavoro e altri esperti”, seconda edizione, dicembre 2012 (formato
PDF, 1.64 MB).
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