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"Uno strumento semplice per monitorare lo stress nei luoghi di lavoro"

fonte www.puntosicuro.it / Salute

20/02/2013 - Sottolineando che “lo stress è un fenomeno soggettivo che può essere misurato mediante indicatori soggettivi” e che vi possono metodi semplici ed efficaci per monitorare il fenomeno, Nicola Magnavita (Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma) ha presentato un interessante intervento pubblicato sul “ Supplemento di psicologia applicata alla medicina del lavoro e della riabilitazione”, del numero di luglio/settembre 2011 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia.
 
In “ Come valutare lo stress da lavoro in ambienti confinati?” Nicola Magnavita segnala che l’abitudine dei Servizi di Prevenzione di “valutare i rischi in modo deterministico ha spinto ad indicare come strumenti di misura i cosiddetti ‘ indicatori obiettivi’, quali gli indici infortunistici, le assenze per malattia, il turnover ed altri parametri che, per la verità, ben poco hanno di oggettivo, essendo lasciati alla scelta dei ‘soggetti aziendali della prevenzione’, ed essendo, al più, possibili conseguenze di eventuali fenomeni psico-sociali, più che fattori determinanti di stress da lavoro”.
In realtà le “ buone prassi di medicina del lavoro” prevedono l’uso di “strumenti per la raccolta sistematica della soggettività dei lavoratori, quali i questionari per gruppi omogenei diffusi in Italia fin dagli anni ’60”. E molti di questi strumenti permettono di misurare i livelli di stress da lavoro e forniscono “un metodo economico, efficace ed efficiente per il monitoraggio del fenomeno”. Infatti, come dimostra tale contributo, è possibile monitorare, valutare lo stress da lavoro, “in modo partecipativo e collettivo”, l’utilizzo di un diffuso questionario per lo studio dei disturbi derivanti dalla qualità dell’aria negli ambienti confinati (indicato con il nome di MM040 in Svezia e IAQ in Finlandia).
 
In questo senso sono state esaminate 29 aziende del terziario i cui lavoratori - con attività di tipo impiegatizio (settore editoriale, finanziario, assicurativo, amministrativo, sanitario, bancario, informatico, elettronico, ...) - operavano all’interno di ambienti chiusi. Nel documento si fa riferimento in particolare ad “ambienti confinati”, considerando tuttavia il termine nella sua accezione più estensiva.
Ricordiamo a questo proposito che le linee guide dell’Inail - ex Ispesl definiscono in realtà gli “ ambienti confinati” come spazi circoscritti caratterizzati da limitate aperture di accesso e da una ventilazione naturale sfavorevole. Spazi in cui possono verificarsi infortuni gravi o mortali in presenza di agenti chimici pericolosi, gas inerti, carenza di ossigeno, ...
 
A 4069 soggetti delle 29 aziende è stato sottoposto il questionario MM040, composto da quattro parti: ambiente di lavoro, condizioni di lavoro, anamnesi per allergopatie, sintomi. E i lavoratori sono stati invitati a compilare anche una sezione sullo stress da lavoro basata sul modello demand/control/support di Karasek e sulle scale di ansia e depressione di Goldberg.
 
I risultati della ricerca mostrano che riguardo alla scala di ansia di Goldberg, che ha un punteggio mediano di 3, “i soggetti con un punteggio pari a 5 o più, che corrisponde ad un rischio del 50% di essere affetti da ansia clinica, sono 1525 (pari al 37.5% della popolazione)”. Mentre riguardo alla scala di depressione, che ha un punteggio mediano pari ad uno, “i lavoratori con punteggio pari o superiore a due, quindi a rischio di depressione, sono 1885 (46.3%)”.
Inoltre dalle risposte ai questionari lo stress da lavoro “risulta correlato positivamente con il disagio per i fattori ambientali, con i sintomi e con i punteggi di ansia e di depressione”. In particolare il numero di sintomi “risulta associato, sulla base di un modello di regressione lineare semplice, alle variabili: genere (maggior numero di sintomi nel sesso femminile), età, atopia (sorta di predisposizione di una persona a manifestare reazioni allergiche/anafilattiche, ndR), disagio ambientale, ansia, depressione e stress da lavoro”. E le “variabili predittive sesso, età, atopia, disagio ambientale, ansia, depressione e stress risultano significativamente associate mediante un modello di regressione lineare anche con i sintomi di SBS” (Silk  Building Syndrom - sindrome dell’edificio malato).
 
E infatti “lo stress da lavoro, le caratteristiche individuali, la percezione dell’ambiente di lavoro sono variabili strettamente correlate nella genesi della SBS”. Alcuni studi hanno dimostrato che “la percezione dell’ambiente di lavoro dipende da fattori individuali più che dalle caratteristiche fisico-chimiche dell’ambiente di lavoro stesso, e concludono che è necessario indagare i casi di sospetta SBS con un approccio multi-livello” [1].
E d’altronde già in precedenti studi si era osservata “una tendenza all’aumento dei sintomi nei lavoratori con più alti livelli di stress fisico e mentale[2] e anche in studi sperimentali “lo stress è risultato un fattore più importante dell’inquinamento chimico nell’indurre risposte biologiche e neurocomportamentali” [3].
 
Il contributo mette in rilievo anche che la raccolta di informazioni sulle condizioni di lavoro e sullo stress ad esse legato “è un atto estremamente delicato. Le indispensabili procedure volte a garantire la riservatezza e l’anonimato potrebbero rivelarsi insufficienti nelle piccole aziende e nei gruppi omogenei di modeste dimensioni, nelle quali le indicazioni anagrafiche consentono di identificare con precisione chi compila il questionario”.
La raccolta di tali dati deve svolgersi dunque all’interno del rapporto medico-paziente, “il cui carattere fiduciale garantisce le parti della genuinità delle informazioni raccolte e del carattere etico del loro uso”.
E se per creare le condizioni di una “ottimale relazione diagnostico/terapeutica”, il medico del lavoro deve ottenere dai lavoratori una informale investitura fiduciale, “un approccio diretto al solo tema dello stress da lavoro potrebbe rivelarsi controproducente”.
Dunque si ritiene più opportuno “che il medico del lavoro rivolga la propria attenzione primariamente ai rischi chimici, fisici e biologici della lavorazione e ai sintomi ad essi connessi, senza per questo tralasciare il ‘quarto gruppo’ dei fattori di rischio, che sull’insorgenza di tali sintomi dovrebbero presumibilmente avere rilievo minore. La raccolta dei sintomi si gioverà quindi di questionari standardizzati specifici per la lavorazione o per la classe di rischio, che contengano, come nel caso in esame, una piccola sezione dedicata allo stress lavoro-correlato”.
 
Dunque l’autore dimostra come sia possibile ottenere una “misurazione dello stress lavoro-correlato, tramite un indicatore di semplicità elementare, in sole quattro domande, posto all’interno di un questionario che indaga i problemi sanitari da cattiva qualità dell’aria”. Il questionario MM040/IAQ “si presta egregiamente a questi scopi”.
 
L’applicazione di un questionario di questo tipo nel corso della sorveglianza sanitaria “non sottrae tempo alle visite mediche”: per la sua agilità “può essere riempito da ciascun lavoratore nei pochi minuti di attesa della propria visita”.
E la sua semplice elaborazione “fornisce al medico del lavoro osservazioni di sicuro interesse che dovrebbero integrare i dati anonimi collettivi da fornire annualmente al datore di lavoro, al servizio di prevenzione e protezione e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.
Dunque, per concludere, uno strumento semplice ed economico, ma “che può contribuire sensibilmente a migliorare la sorveglianza sanitaria e la gestione dei rischi da lavoro”.
      
 
 
Come valutare lo stress da lavoro in ambienti confinati?”, a cura di Nicola Magnavita - Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, intervento pubblicato in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Vol. XXXIII, N. 3, Supplemento B (supplemento di Psicologia), Luglio-Settembre 2011 (formato PDF, 249 kB).

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