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"Il ruolo del RSSP nell’industria: da consulente a soggetto decisore"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
22/02/2013 -
Le origini
Io
mi sono laureato nel 1991, quindi ho visto tutta la transizione dal DPR 547/55
al D.Lgs. 81/2008 e ai modelli
organizzativi esimenti che il medesimo decreto tratta all’articolo 30 sulla
scorta delle previsioni del D.Lgs. 231/2001.
Devo
dire che nelle grandi aziende industriali la sicurezza e la salute delle
persone erano tenute bene in conto; ricordo quanto visto dagli anni ’70 in poi,
e successivamente sul lavoro. Non dobbiamo quindi demonizzare nessuno o meglio
solo quelli che hanno buttato l’etica in un cantuccio ben nascosto e hanno
quindi approfittato del quadro legislativo esistente in modo delinquenziale,
con l’illusione della impunità.
Però
col D.Lgs. 626/94, effettivamente è cambiato tutto perché, nella sostanza, alle
aziende è stata imposta la costituzione di una organizzazione interna dedicata
alla sicurezza, e proattiva nei confronti del management.
Qui
la vecchia cultura ci ha fregati, o meglio ha fregato le aziende (e anche il
sottoscritto); il SPP serve a poco o nulla, si decide fra esperti (veri) e
manager. Come se gli altri fossero una sorta di parcheggio per figure aziendali
poco brillanti.
Se
non la avessi vissuta (troppe volte) non lo direi.
Pensate
a questo fatto: per un lungo periodo, tutti gli anni ’90 e parte del primo
decennio del secolo, molte grandi aziende formavano i manager prendendo degli
ingegneri e facendoli girare in tutte le posizioni chiave della azienda,
acquisti, produzione, programmazione, vendite, personale. Alcune grandissime
corporate lo fanno ancora. Ma qualcuno di questi è mai passato dal SPP? Vorrà
ben dire qualcosa!
L’impressione
è quindi che
in un primo momento il SPP
sia stato percepito come una appendice inutile, da avere solo per rispettare
la legge. Infatti ricorderanno tutti coloro che hanno vissuto quegli anni, che
gli RSPP stessi spesso neanche potevano conferire col datore di lavoro!
Bene,
questo è un esempio di come distruggere una buona idea contenuta in una legge e
trattata come mero adempimento
burocratico.
Le cose cambiano?
Si,
fortunatamente cambiano, oggi i RSPP sono figure che hanno una precisa identità
in azienda, la cui parola è ascoltata e talvolta messa in pratica ma … c’è
ancora un ma.
Quale deve essere
il ruolo del RSPP in azienda per dare il migliore contributo al
successo e alla conservazione del business della azienda?
Qui
si aprono due strade molto diverse fra loro, entrambe non ben determinate dalla
legge (quindi entrambe conformi) che comportano due approcci organizzativi
diversi.
PRIMA IPOTESI –
RSPP = CONSULENTE
Il
RSPP, il suo servizio e gli altri soggetti di cui si serve per acquisire
informazioni, pareri ecc., sono un insieme di consulenti del Datore di Lavoro
che detiene tutto il potere, o ne delega parte ad alcuni dirigenti. Il compito
del RSPP si ferma quindi a guardare, capire, pensare e riferire; lì finisce
e il gioco passa in mano al datore di lavoro o a un dirigente delegato.
È
una visione protettiva; il RSPP è un quadro, con capacità riconosciute, libertà
di azione ma di fatto privo di potere decisionale in azienda. Si tira fuori,
anche come responsabilità, in caso di decisioni contrarie alle sue indicazione
se poi queste decisioni dovessero risultare
effettivamente sbagliate. È, insomma, un soggetto a responsabilità
limitata, come il sindaco revisore nel consiglio di amministrazione.
Naturalmente resta responsabile in caso di omissione, imperizia ecc. se queste
portano a danni alle persone.
SECONDA IPOTESI –
RSPP = SOGGETTO DECISORE
L’alternativa,
operativamente molto sensata, è quella di attribuire al RSPP un concreto potere
di decisione sulle questioni di sua pertinenza, o almeno su una parte di esse.
Certo, significa dargli un potere da dirigente, e sicuramente è necessaria una
particolare attenzione onde evitare conflitti fra chi si occupa di produzione e
chi si occupa di sicurezza. Però se il RSPP non viene inserito nella catena
operativa “di campo” risulta troppo slegato dalle necessità concrete della
produzione e quindi rischia di proporre continuamente soluzioni valide sulla
carta ma che non saranno applicate; e tramite questa dinamica moltiplica a
dismisura il livello di responsabilità
del datore di lavoro che lo ha nominato.
Naturalmente
con una soluzione del genere il livello di responsabilità
del RSPP cresce notevolmente, in proporzione al potere concretamente
attribuitogli. E cambia anche il tipo di professionalità richiesto: c’è una
bella differenza fra dire cosa non va
bene e come si dovrebbe rimediare in conformità alla legislazione e alla
normativa vigenti, e invece stabilire quale sia il giusto compromesso che
salvaguarda sicurezza, salute e operatività.
Una
osservazione: l’aspetto di “
trade off”
che caratterizza questa figura di RSPP con compiti più estesi, non viene
sviluppata nella formazione
al ruolo di RSPP, mentre è invece un elemento fondamentale per la figura
che abbiamo appena delineato.
Questo
a conferma che la figura in questione è qualcosa di più, ma francamente la
soluzione di cui alla nostra prima
ipotesi ha tali e tanti problemi di inefficienza che ci pare di poterla
definire “superata”.
È
ovvio invece che l’aspetto decisionale in materia di sicurezza, specie in
aziende complesse, potrebbe essere attribuito ad un dirigente diverso dal RSPP:
soluzione che condividiamo a patto che il RSPP risponda funzionalmente a tale
dirigente (gerarchicamente è sempre, per definizione, in staff col datore di
lavoro) e che i flussi informativi siano precisamente definiti.
Noi
crediamo sinceramente che la soluzione giusta sia la seconda, o qualcosa di
molto simile:
nella gerarchia della
sicurezza deve esistere un punto decisionale che possa incidere sull’operato
della azienda con un elevato grado di autonomia e autorità. Altrimenti il
rischio è che la sicurezza sia solo una sorta di rumore di disturbo a cui
nessuno presta attenzione, e che non entra realmente nei processi decisionali.
Chi
sollevasse questioni del tipo “ma così ci blocchiamo”, dovrebbe considerare che
dinamiche fra centri decisionali con interessi contrastanti sono all’ordine del
giorno in tutte le aziende; pensiamo solo alle tensioni fra commerciale e
produzione!
Eppure
le aziende sopravvivono, e questo per un motivo molto semplice: i soggetti aziendali
qualificati come dirigenti sono tali perché sanno gestire i problemi di
“trade off” andando alla ricerca, per ognuno, del migliore compromesso per gli
interessi della azienda. Beh, almeno questo dovrebbero fare i dirigenti … certo
non senza tensioni, ma queste sono parte integrante del ruolo lavorativo.
È
quindi evidente che se in determinate posizioni mettiamo soggetti privi di
capacità dirigenziale, senza il coraggio di prendere dei rischi sotto la
propria responsabilità, allora si che tutto si trasforma in una serie di “stop”
assurdi. Ma cerchiamo di evitare il ragionamento: “siccome in una determinata
posizione non ho il profilo professionale giusto per fare crescere la mia
organizzazione verso una maggiore efficienza, allora mi tengo l’inefficienza”.
Ultimamente
ci è capitato di suggerire la “retrocessione” di alcuni RSPP ad ASPP, questo al
fine di migliorare l’efficienza decisionale della azienda. Non ci vediamo molto
di male, non si tratta di retrocessione me di cambiamento del tipo di funzione
assegnato alla figura che la legge battezza come RSPP.
Se
questa fosse una idea astratta, una ipotesi a lungo termine, non ne parleremmo.
Invece le cose si stanno muovendo nella direzione che abbiamo descritto, anche
se con una notevole lentezza, con grosse resistenze da parte dei soggetti
coinvolti in questo cambiamento di organizzazione e di mentalità.
E domani?
A
questo punto verrebbe voglia di allargare un attimo il discorso in una
prospettiva a medio termine. Allora, per una azienda industriale che oggi vuole
continuare ad esistere in Italia (o in Europa), quali sono gli
elementi fondamentali per garantire la
continuità?
Sono
diversi, alcuni assolutamente tradizionali, altri imprevedibilmente innovativi
e trasversali.
Ad
esempio:
-
Capacità di penetrazione nel mercato di riferimento;
-
Corretto rapporto fra prezzi ottenibili e costi di produzione;
-
Capacità di garantire la qualità attesa dai clienti;
-
Capacità di garantire sicurezza e salute delle persone (lavoratori, clienti,
comunità esterna) e la tutela dell’ambiente;
-
Capacità di applicare corretti principi di gestione finanziaria e
amministrativa, di rispettare le previsioni di legge in ambito amministrativo,
di prevenire la corruzione e la concussione.
Ovvero
entra pesantemente in gioco la
capacità
delle aziende di operare in modo controllato, come del resto reso
assolutamente evidente dal progressivo ampliamento del campo di applicazione
del D.Lgs. 231/2001 in materia di “ responsabilità
amministrativa” delle aziende.
Ma
se questi elementi diventano
chiavi di
business al pari di quelli più tradizionali, che senso ha trattarli con
minore attenzione quasi non fossero rilevanti?
Quindi
il
tema sicurezza e salute sul lavoro
diventa parte di un’area dirigenziale fondamentale per la azienda che potremmo
definire “
prevenzione e controllo dei
rischi” o se preferite “
risk management”.
Quindi
l’idea di creare una “struttura” dirigenziale per tale fine, a copertura anche
del tema di cui ci occupiamo, è qualcosa di fortemente promosso dalle UE e
dalla legislazione nazionale dei vari paesi membri, nonché dalle grandi
corporate multinazionali che, indipendentemente dalla legislazione vigente,
pretendono garanzie dai propri fornitori.
Quale
sarà il
futuro è difficile
immaginarlo, una unica struttura organizzativa aziendale che si occupa di tutto,
più strutture che si dividono le aree specifiche … resta il fatto, per tornare
al ruolo del RSPP, che il livello richiesto, anche per la gestione degli
aspetti di salute e sicurezza dei lavoratori, sale e salirà sempre più da un
approccio tecnico ad un
approccio di
organizzazione aziendale, quindi prettamente di competenza dirigenziale.
Questa
è una opportunità per chi è oggi RSPP in una azienda?
Si,
ovviamente, ma bisogna anche saperla cogliere e rispondere in modo adeguato,
per l’ovvio motivo che un “mestiere” importante e delicato, ma tranquillo sotto
il profilo decisionale e di responsabilità, è destinato a divenire un mestiere
sicuramente più stressante, coinvolgente, pieno di responsabilità. Alla fine si
delinea una
nuova professionalità,
di livello elevato e di grande valore per la azienda.
Cosa
succederà nei prossimi anni? Non ci resta che aspettare, per vedere quali
saranno effettivamente gli sviluppi.
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